I. Niuno deve dir di amico e di signore piú bene di quel che meriti, perché raramente è ritenuto per sincero, nel biasimare, colui che suole lodare a torto. Perciò io mi pento di aver lodato, fra cento, un barone.
II. Ora voglio riparare alla menzogna con la verità, e biasimerò uno falsamente lodato, dicendo il vero: so che, nel biasimarlo, non posso mentire; infatti, nessuno può esser mendace allorché dice male di lui, grazie alle sue azioni leali.
III. Tanto sono leali le azioni di questo barone che non dico che l’Impero lo accusi [=che egli abbia de’torti verso l’Impero], poiché la Chiesa glie ne ha dato tanti perdoni; e una volta che essa ha il potere di perdonargli il fare inganni ed errori, gli potrà facilmente salvare l’anima.
IV. Salvar si possono meglio che i buoni pellegrini Boso, il prode marchese Pelavicini e il marchese d’Este, dopo che fu preso da essi messer Ezelino. Però i Pisani e i Lucchesi dicono bene ch’egli non fece mai doni, per la qual cosa fu ripreso a torto.
V. Al valoroso Marchese monsignor Federico, là dove tutti i valorosi trovan ricovero, va, sirventese, e non far guari tardanza; e digli tosto di esser con lui ostile, non buono, e di guardarsi dal suo tradimento [?].
VI. Ho detto un po’ di vero per chi farà comitiva con lui, ché sono stanco di mentire.