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Italiano
V. De Bartholomaeis

I. La mia volontà mi muove guerra e mi travaglia perché la mia lingua non parla della falsità de’ falsi chierici per la quale tanta gente cade in errore. Fra essi muoiono la pietà e la rettitudine e si riaffermano la cupidigia e l’orgoglio. Perciò il mondo è giunto a tal punto che con pena vedo un pastorello ... Essi tradiscono la Scrittura; onde la gente e il mondo peggiora.

II. Ora mi diranno che io sono miscredente, perché dico la verità intorno alla loro condotta; ma io credo in Dio e in tutti i suoi comandamenti, mentre essi ne sminuiscono il frutto e il seme col far guerra e col voler del male ai piú grandi ... E di ciò non mi cale esser [chiamato] mentitore; ché il Paradiso è perduto, a cagione della scienza loro, in molte parti [del mondo]; per cui ora predomina l’incredulità. 

III. Ben mi meraviglio del Re di Castiglia che li crede, perché sono essi che hanno distrutto il suo valore. Infatti io vidi il tempo che egli si comportava da sovrano e la prodezza era risorta in lui. Adesso egli è al disotto dell’insegna che porta dell’Impero, a cagione de’ suoi vani consiglieri. Tempo selvaggio, che non gli apri le mani! Valore si sconforta per lui, perché, se altri gli chiede, egli torce il collo. 

IV. Del Re di Francia, che è ritenuto per retto, vo’ parlar poco, perché poco vale e poco dona; anzi crede di avere pregio intiero quando toglie. Sicché mi spiace che egli perdoni a chi gli chiede per Dio. Con un tal Re, cui non sembra buono il Valore, male abbia il Papa che sopporta che un uomo privo di ragione [come lui] spossessi un cavaliere! Ma la colpa è di lui che ciò sopporta: e ben lo sa il Tolosano e Carcassonne. 

V. Del Re d’Inghilterra e di altri, che potrei biasimare, non vo’ dire né male né bene: perché essi mai seppero esser tanto arditi da domandare le loro proprietà che altri non vuol restituire loro. Quanto al re Manfredi, voglio far sapere che fa ben punire la frode de’ suoi nemici e onorare e avanzare i suoi amici; infatti egli sa lottare per il proprio e per l’altrui, e tiene per vinti i chierici che lo volevano mettere a terra. 

VI. Ben mi piace com’egli tenga al sicuro il proprio, poiché non si esime dall’essere uomo di valore, dal dare e dal guerreggiare, per pioggia o per neve, ed osteggia in pianura e in montagna, in guisa che, dove un altro re perde, egli guadagna. Ciò conosce bene la Toscana, e fra poco lo conosceranno i Greci, in misura maggiore che io non dica. Poiché l’Alemagna si accorda nel suo pregio, egli sa meglio tenere al suo comando soldatesche e compagnie. 

VII. Va’, sirventese, dal conte Bartolomeo e digli, — quantunque ad altri ciò sia grave —, com’egli ha buona lode e il pregio che ad altri manca, perché si compiace di far de’ doni. 

 

 

 

 

 

 

 

 

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