I. * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * *
II. Al signor Riccardo mando a dire che altri ha ritenuto come l’opera di un ragno la sua condotta e perché non guadagna per sé pregio e valore. Ma chi sa ben finire ciò che comincia ne acquista lode tra i valorosi: se egli lia volontà di aver l’Impero, non lo lasci prendere da questa gente di Francia . . .
III. Il re don Alfonso non aspira a fare alcunché di pregio e non si cura che di far penitenza; se egli lascia il regno di Allemagna e l’Impero, di cui mostra tale [poca] preoccupazione, e non viene a contrastarli entrambi né li rende quind’innanzi timorosi, la terra sua [=la Spagna] sarà disonorata; e come Re non vivrà senza mancamento.
IV. Al re Carlo non credo che manchi il coraggio del contendere finché non lo si vinca in campo, perché egli ... in signoria compagna, e non potrebbe mancare di aver signore. Onde la lotta sarà la piú formidabile e aspra che mai fu al mondo; infatti ormai non possono fare accordo fra di loro altrimenti che per brando o per lancia.
V. Gentil donna, voglio dolermi con voi del falso amore e della vostra condotta, che ... non vi trovai strana, grazie a voi e al vostro valore; e, poiché non posso trovar grazia in voi, cosí, se io me ne addoloro, ho ben ragione di essere addolorato; però non posso, per maltrattamenti che mi facciate, allontanare il mio cuore da voi, viva speranza.
VI. Mi piacciono già, signor Sordello, le tenzoni de’ gran signori, sí che io non posso esserne noncurante e lasciarle in disparte, per divieto ch’io me ne faccia, allorché mi tornano alla memoria.
VII. Donna, io mi querelo di Dio e delle vostre fattezze, perché mi hanno ingannato e confuso. Perché mai Dio fece un tal viso senza grazia e un tal sembiante senza pietà?
