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074,016

Italiano
V. De Bartholomaeis

I. Se, con grande maraviglia, il mondo si sprofondasse, non riterrei ciò cosa immeritata; almeno non si vedrebbe quel che si vede; e questo perché il re Corradino, in cui regnò il valore e fiorirono giovinezza, pregio grande e ogni bontà, e l’alto duca d’Austria Federico, pieno di pregio onorevole e di valore, son morti in sí malo modo. Ah, qual disgrazia! Ma, poiché il mondo ha ricevuto un danno cotanto grande, e perché l’orgoglio ha preso vigoria e va oltraggiando pregio e nobiltà, cosí bisogna che lo si prenda a odiare. 

II. Ma io molto mi maraviglio come abbia la forza di parlare della sua decadenza, del duolo cocente e del danno piú che mortale [che esso apporta]: giusto sarebbe, a mio avviso, che la rimembranza, senza poterne avere rimprovero, uccidesse me e ciascun uomo di valore. Perché non ci fu mai un uomo, giovane o vecchio, il quale [cosí come è avvenuto di Corradino] sia stato soverchiato da un altro meno valoroso di lui. Egli e i suoi atti erano sí grati che a udirli facevano volgere l’ira in giocondità anche in chi non lo aveva conosciuto di persona. 

III. Il Re, non ancora ventenne, amava Dio, la giustizia, la misura e il sapere: in ciò Salomone lo sorpassò di poco; senza contrasto, egli valse nelle armi tanto quanto Lamorat [?]. Largamente donò e spese a sua possa, al punto che il donatore piú generoso sembrava un mendicante al suo confronto. Egli fu amico de’ prodi e avversario della gente fastidiosa, senza però che le facesse mai del torto. Assalonne non ebbe piú di lui in retaggio la virtú di piacere altamente, tanto era bello e cortese, e senza fallo del lignaggio più alto. 

IV. Il prode Duca aveva tanti buoni costumi piacevoli che possedeva molte delle qualità regali: rette erano le sue parole e la sua presenza, gradevoli per ogni verso’le sue cose, sí che non errò mai gravemente. Io credo perciò che la morte de’ due sia stata di gran dispiacere a Dio; ma, siccome [Dio] ha sofferto che tal peccato avvenisse, cosí stimo fermissimamente ch’Egli ritenesse come nel mondo non ci fosse un seggio tanto alto quale a loro si conveniva, e come si sarebbe dovuto [invece] esser lieti per tre volte del godimento perfetto [che loro destinava in Cielo] di due si belli compagni. 

V. Ah, come posson vivere Tedeschi e Alemanni se serbano ricordo di ciò nel cuore? In questi due essi han perduto quanto avevano di meglio, e si sono acquistato grande biasimo: se tosto e bene non si vendicheranno, vivranno disonorati. Tanto iniquo fu Carlo che gli piacque di far vivere don Enrico e che [invece] la morte crudele ricevesse questi due gentiluomini nel porto della vergogna; perché [da una parte] conosce essere gli Spagnoli gente di alto coraggio, e [dall’altra] per far dire che, nel dire oltraggiare signoria tanto onorata, egli non ha paura. 

VI. Ahi, nobil gente, pensate di continuo alla loro morte e a quel che si dirà se sopporterete tale oltraggio. E ... don Alfonso, che è re onorato, se lascia suo fratello in tale condizione vergognosa. 

VII. Ai buoni ricordo che questo mio Pianto è fatto con suono gaio, acconcio e gradevole tale che non penso lo si possa cantare altrimenti né udirlo, giacché esso è stato ispirato da un sí grave danno. 

 

 

 

 

 

 

 

 

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