I. Compagni, m’è venuto in mente di costruire ingegnosamente un edifizio, cioè un castello nobile e gentile. Ecco, per cominciare, su qual disegno sarà fabbricato.
II. Primieramente vi sarà detto come il castello sarà fondato ... dolce ha la radice, e alberi grandi e piccoli ... gaudi, giravolte e grida d’uccelli, quando cantano il maggio.
III. Questo castello è la mia gioia [o Monjoi?], perché dentro di esso l’uomo non ha tristezza; vi sarà sempre sano e lieto: infatti chi vi entra e vi trova gioia fina e verace, non ha ugual diletto [altrove].
IV. Vi ha fede chi ama sollazzo e canzoni; brama il canto, è virtuoso. Per cui ... sebbene vi siano combattenti.
V. Questo castello è di Amore, signore degli altri signori che tengono le alte torri, cioè le piú grandi dame che hanno il loro cuore verso gli amanti, che si allietano del loro amore.
VI. Dentro questo castello non è ammessa alcuna donna che ami uomo indegno, sí bene tale amico quale le si addice. Dentro non è ammessa donna che non sia impegnata in amore, per fatto o per assentimento.
VII. Questo castello lo ho costruito con ingegno, con grande sforzo giovanile e con tale incantamento di parole e di pensieri che altri non lo vede se non vi giunge; tutto è fatto e compiuto.
VIII. I fossati son fatti di vedere e i mûri sono di volontà, e quando vedono cosa grata e non sarà ... chi con sapere non lo combatta o con piacere, chi sappia farlo (?).
IX. Le porte sono di parole, sia per uscire sia per entrare; colui che non sa garbatamente discorrere bisogna se ne stia di fuori. Le chiavi sono fatte di preghiere: è con quelle che aprono gli uomini cortesi.
X. Dentro la cinta che vi è sono le case de’ borghesi, dove gli estranei possono fare le loro provvigioni; queste sono le cose adatte a servire da contrassegni di amore: gemme e anelli da mandare in dono.
XI. Là dentro sono i valvassori, quelli che servono il loro signore: cioè donzelle di gran valore, che si suol pregare con gran dolcezza quando si vuol ottenere il proprio bene e il proprio onore quí, dove ce n’è maggior bisogno.
XII. L’altro portale [quello della secondo cinta], fatto di dolci baci, è chiuso sempre alle domestichezze, non già però come una pace cattiva. Varcato questo portale, non c’è più nessun divieto.
XIII. Chi varca questa clausura e non va più oltre merita di essere preso a colpi di maglio; e colui che vi mette esitanza, poiché si suole commettere tale mancanza, non sa punto di amore.
XIV. Là dentro deve aver cura di non essere ingannato chi vuol conservare la vigoria; ché, se egli lascia passar l’occasione, poscia non pensi punto di andare avanti, ma si arrenda a discrezione.
XV. Dentro codesta cinta stanno Dolcezza e Gioventú: esse son fatte di buona accoglienza, di doni, di gentili risposte e del mantener bene le promesse; non vi è nessun mancamento.
XVI. Le sale e il giro superiore sono fatti dell’accarezzare e del giacere in luogo chiuso tutte nude con tutti nudi. Le finestre e gli usci son fatti di bei sembianti.
XVII. I muri maestri formano un baluardo de’ gran mali e degli affanni che [le donne] fanno soffrire agli amanti finché [costoro] non ne abbiano conosciuto l’animo; infatti non li accolgono prima di averli ben conosciuti.
XVIII. Le camere son fatte di saluti scambiati al momento del partire; del bisticciarsi [delle donne] co’ loro amanti, quando fra di loro è insorta questione; e del tener celato l’amico tenuto caro al di fuori del luogo dove egli è ammesso.
XIX. I loro [delle donne] cantinieri e i loro cuochi son tutti formati del riso, del giuoco e del parlare senza noia; là dentro non si accende altro fuoco che quello di Amore, grazie al quale io affermo che colà fa caldo per tutto l’anno.
XX. Là dentro non vengono né vanno né mercatanti né negozianti. Per aver cosa che si desideri, non la si domandi, sol che si tratti di cosa di gran valore, ché di ciò [le donne] si avrebbero a male.
XXI. Ma una guerra mortale [si fa] a’ mariti, e altrettale a’ gelosi e a’ lusingatori sleali, dal Capo d’anno sino al Natale; sí che vi è guerra e assalto.
XXII. Costoro vanno oscuri e cupi; contro quelle, riparate dentro i bastioni, combattono notte e giorno: ma ciò non è per loro cosa facile, ché, fin dal principio, esse fanno trarre da’ loro arcieri con archi d’alborno.
XXIII. Là dentro ci sono balestrieri per difenderle da’ nemici, che lanciano a’ più loquaci colpi di fianco e di traverso ben dati, cioè proverbi e motteggi, con cui ne rovesciano parecchi.
XXIV. E fanno scudo delle giustificazioni per coprirsi da’ mariti, e de’ giuramenti prestati fanno lance co’ ferri forbiti; con esse feriscono i più ardimentosi, quando la zuffa si fa più vivace.
XXV. E quella stessa lancia che ferisce e punge, lenisce e unge [di unguento]; ove non sopraggiunga la collera, il combattimento non è lungo, e non è atto a farsi risanare colui che non s’intende di schermaglie.
XXVI. I loro usberghi consistono nel sopportare e lor si conviene vestirsene per resistere alle minacce, al poco blandire e allo spavento. Quando se ne sono incominciate a guernire, allora poco manca loro per vincere.
XXVII. I loro elmi lucenti e chiari son fatti di gentili ragionamenti: quando altri si mette ad accusarle, fan sembrar cosa vera la menzogna, e dar parvenza di diritto al loro torto, si che si finisce che non ne verrà alcun male.
XXVIII. Tutte le loro cotte e le loro insegne sono quali vi dirò: di natural senno cortese: esse se re vestono in tal maniera che altri non può trovarvi né scorgervi alcun punto roso o lacero.
XXIX. Chi nel castello può avere albergo o esservi ospitato può andarvi sicuro e dimorarvi; e non c’è da temere che colà di ciò che avrà guadagnato perda alcunché per intromissione altrui.
XXX. Dentro il castello stanno al sicuro quelle donne cui ciò si con viene; quelle a cui non manca pregio e gioia: ogni loro divertimento e allegria è formato da detti e da’ messaggi che quelli che ne son di fuori sogliono trasmettere loro da lungi.
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