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461,133b

Italiano
V. De Bartholomaeis

I. Glorioso Iddio da cui ogni bene ha accrescimento, vi prego, adorandovi, con gran desiderio, che vi degniate, di grazia, illuminare la mente mia, affinché possa dire adesso di un pianto amaro, doloroso e cocente. La Linguadoca ne dovrebbe sospirare, e i Provenzali dovrebbero piangere e gemere. Amara morte, ci hai bene offeso: tu hai privato la Provenza del suo buon signore! 

II. Il verace valore ne ha gran lustro: lo posso asserire senza errore. O re Roberto, de’ buoni costumi fine, capo e radice, dotto nella scienza, abbiamo perduta [con voi] la real Maestà di Sicilia! O contado di Provenza, voi avete la perdita di buon signore! 

III. Pianti, lamenti e strida deve emettere tutta la Provenza, piccoli e grandi; vi dirò perché: [perché] li amava tutti quanti in buona fede, avendoli trovati sempre leali. Amara morte, ben sei crudele, se ci hai tolto il flore di questa nazione! Ah, re Roberto, gran perdita ne soffre la nobiltà! 

IV. Molti buoni uomini si mettevano al servizio del re Roberto: adesso bisognerà che tornino a’ loro paesi! La sua morte si piange dentro Parigi e altrove, quando si odono ricordare le bontà con cui ha regnato. Chi fosse andato a Napoli e vi si fosse trovato malcontento, il Re lo contentava. 

V. O re Roberto, gentil fiore di nobiltà, chi potrà mai trovare un tanto buon signore? Taglie, questue non fece far mai in Provenza: li ha sempre [i Provenzali] tenuti nella pace. Il vero Iddio, che fu messo in croce, non ponga la sua anima in pena, ma colà dove eterno è il gaudio. 

VI. Maggior dolore non fu udito narrare come quello del giorno che il Re fu in punto di morte. Egli fece venire davanti a sé i suoi cavalieri; ci fu per prima la Regina. Sospirando disse loro assai umilmente: «Signori, a tutti chiedo perdono»; cosí come meglio poté, incominciò il suo discorso: «Son vissuto qui [nel mondo] come un peccatore cattivo ...».

VII. Il giovane Re, che è figliuolo di questo di Ungheria, benché piangente, dicono che lo va a baciare. «Da ora, nipote, vogliati proteggere Dio: ben ti converrà di essere avveduto; e ti prego di essere umile verso la Chiesa: se tale sarai, Dio Padre ti sarà di guida in ogni avversità. 

VIII. E poi ti prego di governare i Provenzali come gente leale e senza inganni; se ti sarà di bisogno, quelli ti aiuteranno, sol che li ami e li tenga in pace; accontentali bene: cosí li avrai buoni e leali, i primi a offrirsi, al bisogno, secondo che sono stati stimati sempre». 

IX. Prima che l’onorato re Roberto morisse, fece venire il suo Vicecancelliere, e volle sapere se tutti i suoi soldati fossero stati pagati. Quegli rispose di no. Il nobile Re, saggio, degno e buono, ha comandato che ogni uomo sia pagato sino all’ultimo danaro, in qualsiasi parte si trovasse. 

X. Fu preso da pietà ognuno che udiva parlare il re, il re Roberto, prima che morisse: «Raccomandami al Re di San Dionigi, [a quello] di Maiorca e a quello di Aragona: quel Signore che soffrí la Passione dia pace a tutti loro, e dia animo e volontà al santo Padre; se si è re, ciò sia ad onore di Dio: tutti sono mortali e non sanno il giorno [della morte]». 

XI. La gente che l’udiva aveva gran dolore. Cosí umilmente [il Re] si raccomandò a Dio: «Vorrei andare in pellegrinaggio a San Luigi, se a Dio piacesse, al suo degno altare, perché voglia pregare per me Dio Gesú Cristo. All’umile Vergine santa Maria raccomando che abbia in sua protezione l’anima mia». 

XII. Non potrei descrivere il gran dolore che menavano coloro ch’erano intorno. Il re Roberto, che Iddio perdoni, fece venire davanti a sé nipoti maschi e femmine; desiderò molto di vedere il Delfino, perché era del suo sangue e del suo lignaggio: «Salutatemelo», disse alla sua baronia, 

XIII. «E ditegli si sovvenga di me, che per amor mio sia amico de’ Provenzali: i Marsigliesi, perché sono buoni e leali, han sofferto per me pene e gran dolori; in Sicilia sono ritenuti per coraggiosi, ma [sono] mal pagati, il che mí duole certamente. Iddio sia con loro e li preservi tutti dagli affanni». 

XIV. Prima di morire, il Re pregò, cosí come meglio poté, molto caramente il suo [o la sua] erede di amare cordialissimamente i Del Balzo: il conte novello e tutti quanti gli altri, quello di Avellino e tutti i suoi aderenti: «Prego tutti coloro di rammentarsi, per amor di Dio, di sostenersi l’un l’altro a loro possa». 

XV. Il re Roberto, prima di morire, disse una parola che è bene riferire: «Portate davanti a me l’insegna del Fior d’aliso». Poi la baciò e disse, sospirando [ad Andrea]: «Del Re di cui sei genero non sarai quind’innanzi il principe ereditario: ti converrà di difendere questo fiore; se la Chiesa farà un imperatore, non perder nulla per tua pusillanimità, ma specchiati nella nostra ascendenza: 

XVI. come i nostri avi han difeso questo Fiore: il re Carlo I, [e] il padre mio han dato soldo a tanti buoni soldati; il Duca di Calabria, mio figlio, ha corso tanti pericoli per mantenere la terra di Sicilia; fa tu altrettanto: tienine la signoria». 

XVII. Il re Roberto era stato, durante la sua vita, con gran devozione nel pensiero di Dio. Fu nella notte dell’apparizione che Dio gli mandò il suo Angelo e gli disse: «O re Roberto, tu sei prossimo alla fine». Gli disse il giorno che doveva morire: giunte le mani, egli si umilia verso il cielo. 

XVIII. Guardò i suoi due nepoti [Andrea e Giovanna] e sua nipote [Maria]; posò la corona sul capo di suo nipote; pianse molto dolcemente: «Ti investo del Regno, nipote, e san Luigi ti guardi da ogni pericolo. Ricordati sempre de’ tuoi cugini; proteggili tutti per amor mio». 

XIX. Con umil cuore il Re, come poteva, disse prima della fine: «Non vi maravigliate se ho investito del Reame Andrea, che ora è Re, perché ciò è giusto e secondo ragione: infatti Carlo Martello, che fu suo avo e mio fratello maggiore, avrebbe dovuto tenere il Reame a maggior diritto di me; io avevo pentimento del torto: perciò voglio che [il Reame] ritorni a’ discendenti suoi». 

XX. Il Re udí piangere la Donna; cosí come gli riuscí, la confortò: «Oggi è il giorno che Iddio mi vuol chiamare [a sé]: sia ringraziato, che molto son vissuto: poiché a Lui piace, il suo volere mi è salvezza; a Lui mi rendo; peccatore come sono, metto in sua balía l’anima mia e il mio corpo». 

XXI. Allora finí. Vi fu grandissimo lutto. Chi vide uno strapparsi di vesti, di abiti, di facce, di capelli; un piangere e un emettere alte strida. Non ci fu alcuno che non menasse gran dolore, dicendo cosí: «Perdiamo un molto buon signore! L’anima sua possa non soffrir pena!» Grande fu il duolo di tutta la sua gente. 

XXII. Grande dolore ebbe chi udí la dipartita del re Roberto, stando con la Donna gentile. La Regina, gitta un gran grido: «Ah, buon amore, ora noi ci separiamo! Col piacer di Dio, avrei voluto esser morta io prima di voi; ma, poiché Dio Padre vuol cosí, io non posso fare altro!» 

XXIII. Ben deve piangere la sua morte la santa Chiesa, perché, durante tutta la sua vita, è stato ritenuto come suo servitore, gonfaloniere di papa Clemente V; sarebbe stato tale anche del VI, se fosse vissuto; egli lo sosterrebbe sempre: in lui era saldamente piantata la Fede spirituale. 

XXIV. Egli è uscito dalla radice di Francia, epperò i Francesi devono sospirare per lui, piangere e lamentarsi per la sua morte. Molti uomini piangeranno il re Roberto: egli si è talmente comportato in vita che tutti ne devono aver dispiacere, specialmente il nobile Re di Francia. 

XXV. Il Conte di Avellino piange e sospira la morte del Re: egli ne ha ben donde, perché il Re lo amava di cuore sincero e buono; per poco non gli venne del tutto meno il coraggio; quando udí la morte, disse a capo chino: «Bel Signore Iddio, ben mi hai privato di buon signore, ma ne sia lodato Iddio, e la pietosa Vergine santa Maria tenga in sua balia l’anima di lui!». 

XXVI. Compianto, va’ rapidamente per i paesi dal Levante al Ponente; passa dapprima in Provenza: incomincia da Nizza e va’ fino alla Vergine Santa Maria a Mare; passerai per Marsiglia e per Arles, dove si estende [quello che fu] il dominio del re Carlo. 

XXVII. Va’ ad Aix, compianto, a salutare umilmente, senza distinzione, piccoli e grandi, come a uno dei luoghi che il Re amava; prega devotamente santa Chiara di Provenza per il buon Re valente: ella gli sia avvocata in Paradiso: sia preservato da malanno ognuno che si volge a lei. 

XXVIII. Vattene poscia ad Avignone, al santo Padre, come è giusto, indi al Collegio de’ cardinali, a tutti i principi reali. Colui che è capo e radice della Fede, il vero Dio, che regge tutto il mondo, preghiamolo umilmente affinché l’anima del Re, piena di grazia, non soffra nessuna pena. 

XXIX. A san Luigi, vero corpo santo di Marsiglia, va, compianto, con gran devozione, ché preghi, per favore, quel Signore che soffrí Passione per il Re potente affinché abbia l’anima di lui nel suo Regno glorioso e la accolga nella sua degna sede, di cui ad ogni fedel peccatore fecc luogo di gaudio senza fine. Amen. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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