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Italiano
Monica Longobardi

Pianto che fece Guiraut Riquier del signore di Narbona, nell'anno 1270, in dicembre.

I. Pieno di tristezza, smarrito e addolorato, comincio questo pianto per commemorare il danno e il cordoglio che tardi sarà dimenticato, che il Narbonese ora prova con tanta angoscia, per la dolorosa morte del signore di Narbona, il visconte messer Amalrico, mio signore, di cui tutta la gente valente si deve sentir colpita, e la sua più a lungo e più intensamente.

II. Chi perde il suo signore deve provar gran dolore, specie quando costui è umile, franco e alieno da usar la forza e lo può pacificamente convincere a quanto vuole, e per di più è signore legittimo ed onorato. Così l'hanno perduto il suo paese e la sua città, perciò tutto il popolo deve partecipare al pianto, ché egli era la più autorevole persona di questo paese.

III. Se avesse disposto di tanto potere quanto richiesto dal suo rango, realizzando i suoi progetti, avrebbe fatto parlare tutto il mondo di sé, per ardimento, per saggezza e per imprese valorose, giacché solo col suo popolo e con Narbona s'è fatto onore sui nemici e ne riscuote fama egli e la sua gente, la cui lealtà dimostra da sola la devozione fedele che nutre nei riguardi del suo signore.

IV. Mai alcuna azione riprovevole o per follia o per disonestà lo si vide intraprendere, anzi si è voluto sempre comportare rettamente, al di là del suo potere, compiendo imprese di valore; e tanto amava Narbona, che non gradiva soggiornare altrove, né mai tentò di muoversi contro il suo popolo né di tradirlo.

V. Dio, voi che potete salvare le anime, vi prego per misericordia che vi degniate perdonare, Signore, l'anima di monsignore messer Amalrico di Narbona, e di darle un posto in Paradiso, fra i santi, vicino a voi; che guardiate il suo popolo e i suoi figli dal cadere in disonore: che, così come dato per diritto, tengano in pace la loro terra, senza disordini.

VI. Se il popolo di Narbona ben considera quale danno sia per esso la morte di monsignore, non trova motivo valido di conforto, anzi ne ha di che sospirare e piangere.

VII. Così come solevo cantare del signore di Narbona con gioia, ne canto ora con dolore perché l'ho perduto, ed io mi sento smarrito e pieno di tristezza.

 

 

 

 

 

 

 

 

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