I. Invece che giardini fioriti ed ombrosi vorrei vedere lance e pennoni per i campi e i prati, e più che canti di uccelli vorrei udire trombe e corni e grande risuonare di colpi e di grida, poichè allora sarebbe superba la mischia.
II. A me piace il rumore e il clamore dei guerrieri, quando io sono ben stretto sul cavallo ed ho bei guarnimenti; infatti così son contento ed agile nello scontro delle schiere, come gli amici nelle camere nei conversari, e, nelle grandi occasioni, tanto gradito quanto quelli.
III. Perciò vorrei che il valoroso re Alfonso fosse partito dai suoi regni, così farebbe come suoi capi uomini prodi e coraggiosi, poichè nelle imprese pericolose o gravi a nulla giova chi lusinga o supplica, chè nel grande bisogno gli manca il cuore e il volere.
IV. Ma troppo mi sembra addormentato -ciò mi dispiace-, sicchè vedo i suoi scoraggiati e meno intraprendenti, e se ora, mentre è nuova l'impresa, non incoraggia i suoi, gliene può venire una tal perdita (di prestigio) e un tal danno che egli farà molto, se lo restaurerà in dieci anni.
V. Re don Alfonso, or non prestate fede ai volgari pusillanimi ed ai fiacchi fannulloni, poichè amano più il buon vino e la buona mensa nelle loro case, che conquistare con affanno castelli, città o regni e compiere gloriose gesta; tanto è loro caro il quieto vivere e spregiato il valore!
VI. Vai a dire, o nuovo sirventese, a colei che amo più che me stesso, che il bene, che mi concede, è d'incoraggiamento per tutti gli uomini valenti e di rimprovero ai vili.