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Italiano
F. Branciforti

I. Per tutto ciò, per cui si suole «valere» ed essere lodati, si è biasimati ed incolpati, poichè ora è follia la prodezza ed ingenuità la lealtà e colpa la gioia: così è cambiato il valore in viltà e questa in quello, per cui si tiene per nobile il dappoco e il nobile non vale niente.
 
II. E sebbene io abbia l'abilità di commettere cattive azioni, per le quali sarei lodato ed arriverei molto in alto, educazione e coscienza mi conducono in guisa che il mio desiderio non mi permette affatto che mi piaccia l'inganno, in modo che mi stimino coloro che giudicano il male come bene.
 
III. Anzi voglio secondo tale desiderio una posizione assai più modesta, perchè degli uomini volgari senza educazione, pieni di ogni villania, non mi piace affatto la simpatia, nè la loro perfida compagnia; poichè il loro comportamento mi pare tanto brutto e sconveniente, che, in fede mia, quando me ne ricordo, ho vergogna di me stesso.
 
IV. E so che darò l'impressione con i miei versi chiusi che mi lodo come un uomo superbo; non con tutti, poichè, se facessi ciò, il verso avrebbe aspetto menzognero e per tale varrebbe. Ma, sebbene non mi manchi la possibilità di farlo facilmente, non mi ricordo e mi sovvengo di cantare se non per quelli che intendono la ragione del canto.
 
V. Donna, il vostro senno e la grande bellezza e il vostro valore e la vostra cortesia mi fa piacere tanto le azioni nobili ed onorevoli che nessuna cosa mi manca, salvo la possibilità di far che sia perduto l'udire e il vedere e l'opinione dei malvagi, per colpa dei quali accade che si lodi chi non si comporta onorevolmente.

 

 

 

 

 

 

 

 

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