I. Se io ho meno ira di quanto la ragione non consenta nel cantare di più quanto meno si presenta l'occasione, la quale ora a cantare mi è aiuto e conforto, nessuno si meravigli, poichè mi spinge un nobile cuore, che sempre mi solleva in buona speranza, per cui io son gaio e canto senza alcun timore, chè non temo il ricco freddo d'amore, nè mi fanno paura gli imbroglioni, nè i malparlieri delle azioni altrui: però se io fossi del tutto lontano dall'ira, meglio sarei disposto verso gli uomini cortesi.
II. Così mi trae il senno verso l'Ardito, che mi conduce così bene che mi muovo più lesto che i gioiosi, chè non mi pesa il contegno dei cattivi signori; anzi ho buon gioco, quando tengono la torta via, perchè la loro posizione si presta meglio per cadere con vile disordine, anzicchè col seguire la legge che abbassa la follia e il disonore. E se io merito male, tanto superiori (nel male) mi sono stati i miei signori, che il peccato mi sembra merito e grande umiltà.
III. E se là mi spinge il vento o mi porta la nave dove è il giusto signore sincero amabile, in cui è fino pregio e vero valore, ben sarà del tutto la mia ira distrutta e morta. E sappiate bene che difficilmente può evitarsi che io non faccia tanto che lo possa vedere, sol che me lo permetta colei che suplico e adoro per fino amore con tutto il cuore. E se mi chiedo perchè mi sono tanto attardato di vederlo, posso rispondermi: per ciò che a lui non piace.
IV. Poichè non gli piace la gente vile, nè la riceve, nè gli piace il cattivo, nè il superbo, nè il ricco avido, voglio essere da lui tratto fuori dal grave danno, che scoraggia i miei amici, ovvero gettare in non calere tutto ciò che mi può servire a guadagnare; perchè non credo che vi siano tre o due signori che con molto piacere e volentieri siano tanto gentili e tanto prodi, che giustamente sia onorato l'uomo di valore, che da loro fosse amato.
V. E se qui vince colui che ha la borsa piena di cattivo guadagno e supera i poveri «valorosi» nell'essere gentilmente accolto tra i migliori e fa ostentazione con stolta apparenza, non me ne appago punto, perchè mai mi potè piacere il ricco di malaffare o chi è lieto del suo avere, come ne ha diritto l'uomo onesto, che vuole avere lode del «valore; mai i malfattori, i ricchi meschini cambieranno contegno, ben lo sappiate, finchè sarà dai buoni stimata alcunchè la loro ricchezza.
VI. Chiunque suplica fortemente e si dà a gran signore privo di valore, in nessun modo l'amo e lo cerco, perchè colui, a cui manca tutto ciò che a me piace, non mi potrebbe dare affidamento, di cui io fossi appagato.