Il decimo vers di messer Guiraut Riquier, nell'anno 1276, in settembre.
I. Se qualcuno mi avesse detto, appena due anni fa, che la mia lode del re Alfonso, guida di valore, non sarebbe stata apprezzata, ne avrei molto sofferto; ora, invece, è tanto disprezzato e biasimato, qui, che non oso neppure parlarne ad onore e questo mi addolora a tal punto, che per poco non abbandono il canto.
II. Da molte persone lo sento biasimare, che lo avrebbero sostenuto, se egli avesse gusto per la guerra come per far regalie. Ma io, ahimé, sono desolato perché avevano successo i canti dedicati a lui che ho ammirato tanto da voler morire piuttosto che rivolgerli ad altri.
III. Guai se vedrà i suoi figli, se è vero quello che dice la maggior parte della gente, spodestarlo ancora vivente! Ma Dio mi conceda di morire prima (di quel giorno) perché vera gioia non riavrò, fin quando non senta dire che i suoi peggiori nemici nutrono per lui tal benevolenza, che da loro non debba più stare in guardia.
IV. Con giustizia ha voluto regnare, con pregio e con valore, accrescendo il suo regno gloriosamente il re don Alfonso, che Dio protegga; ed ora a maggior ragione deve doppiamente voler giustizia e pace, sol che non sia oltraggiato, affinché sia sempre favorito da Dio e il suo valore non decada.
V. Quanto ho detto sarà sufficiente, purché egli lo ascolti; io parlo tutto intimorito e se mi intende, non gli sarà di danno. Però, almeno, gli dirò che un re deve amare gli amici e non aggiungo altro per timore: a lui la scelta di ciò che è meglio per attuare ciò che il suo rango gli impone.
VI. Mai più mi sforzerò di lodare il re castigliano, o altri che sia, se il suo pregio cade in fallo, sì che mi possa venir a danno e disonore.
VII. Non sono fortunato nel trovare signore che mi voglia amar di cuore.
