L'undicesimo vers di messer Guiraut Riquier, fatto nell'anno 1277.
I. L'inverno non mi è avverso al canto né l'estate me ne dà maggior desiderio, ma sempre, quando l'argomento mi sollecita, trovo il mio spirito disposto al canto; chiaro è dunque che non mi costa fatica cantare, poiché tali sono le capacità che mi è dato di avere, che io canto quando voglio, di che più mi piace.
II. Senza piacere canto e senza speranza di esser gradito; perciò il mio canto non sarà né triste né gioioso, poiché non mi posso ritener contento né lamentare di quel Belh Deport che ho amato non corrisposto; perciò sembro proprio uno sciocco, perché ho sofferto tanti anni, senza mai provare a volgermi altrove.
III. Quanto al mondo, vedo che mi ha giocato malamente, dato che star dietro ad esso mi ha sempre dato gusto, illudendomi che senno ed arte mi fossero apprezzati; ma ormai ho perso ogni speranza, dato che un uomo ha successo grazie ad azioni vili e spregiudicate, anziché discrete e assennate; ma vorrei essermi sbagliato.
IV. Per il mio servizio non mi è stata data ricompensa né dai miei signori, né dal resto del mondo falso, né dalla mia donna, di cui però non mi lamento, poiché il suo amore mi ha elevato a tal sapienza che mi basta e mi avanza; però non me ne viene gran vantaggio; e in tutto il tempo che è passato, mi sarebbe stato di gradimento e d'onore.
V. E se anche questa volta non avrò ricompensa dal valente re castigliano don Alfonso, e tale che sia degna del suo rango, prenderò congedo dal mio canto e da lui, senza però farne troppo clamore, perché sarebbe molto sconveniente, dato che tanto l'ho lodato in passato e di cuore.
VI. Non posso ancora credere, re valente, che io rivolga i miei canti a qualche altro sovrano, ma non fui pagato, ormai son quindici anni.
VII. Dunque, poiché è a voi che ho rivolto i miei servigi, deve essere manifesto che vostro sono, se vi piace.
