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Italiano
G. Bertoni

I. Signor Lanfranco, tanto mi ha vinto amore, ch'io non riesco neppure a discernere il male dal bene che me ne viene, poiché il soffrire mi è così dolcemente gradito, che il gaudio e il bene amoroso non mi danno piacere quando li posseggo; ond'io conosco che finirò col morirne, lo so bene, ma sono tanto fedele amante che non mi partirò mai d'amore; poiché colei che mi tiene in suo potere mi dimostra orgoglio e so che non fa sul serio, ma tuttavia mi fa sopportare duolo e malanno.
 
II. Amico Simone, è vinto [non già da amore, ma] da follia quegli che chiama dolore ciò che gli piace e per di più non so perché dovesse provare la gioia dell'amore colui che non sa distinguere il gaudio dal dolore, poiché non può aggradire il bene quegli, cui non dispiace il male; e se v'ha qualcuno che non riesca a distinguere la gioia in luogo del dolore, proprio non vedo per qual diritto egli dovrebbe provare dalla sua donna i piaceri dell'amore. Ciò non dico per voi, non volendo io farvi adirare.
 
III. Signor Lanfranco, io mi pensavo di ricevere da voi un consiglio; ma mai più non ve lo chiederò, poiché vedo che voi siete contrario a quanti amano e giammai non vi piacquero quelle consolazioni che vengono dalla donna amata, dalla quale muove tutto ciò che è delizioso e cortese. Infatti, se voi foste poco o molto in signoria d'amore, non avreste certamente il potere di fare quella scelta tra il male e il bene, di cui mi avete parlato; ma voi avete gettato amore dietro le spalle; si capisce adunque che in tale questione non siate mio compagno d'idee.
 
IV. Amico Simone, non è vero; io ho sempre amato e amerò tutti coloro che amano e sono dolente per questo dei loro errori. Ecco la ragione per la quale io vi dico cosa che vi spiace: voi avete detto parole, che non sono convenienti; ond'io vi vedo, a quanto mi sembra, corrucciato. Ma, suvvia, non più che una sola cosa io vi voglio far intendere, giacché mi volevate chiedere consiglio in amore: come potrei io esservi consigliere, se io vi volessi male?
 
V. Signor Lanfranco, io non sono punto corrucciato per le vostre parole; ma poiché con cuore verace io amai sempre, non ostanti i noiosi, e sono amato e amo e amerò, io mi esalto (benché amore mi procuri gioia e piacere e mi tenga in suo dominio) perché vedo che ne dovrò morire, e vi assicuro che non posso aver bene se non contemplo la mia donna mattina e sera; e se io mi esalto, ben posso farla consapevole del mio stato.
 
VI. Dunque non dovreste esser tanto corrucciato giacché amore vi fa tanto onore e voi siete amato, non ostanti i noiosi, amico Simone, e che cosa domandate di più? Ma io so bene e vi dirò che voi l'amate ed ella vi contraccambia senza cuore ingrato e non potete spesso prendervi il sollazzo di abbracciare e tenere il suo bel corpo; dunque se ve ne dolete, io non me ne maraviglio.
 
VII. Signor Lanfranco, io vivo in buona speranza, poiché ho scelto la migliore del mondo.
 
VIII. Amico Simone, pensate a non perderla, giacché avete conquistato molto, al mio parere.

 

 

 

 

 

 

 

 

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