Il sedicesimo vers di messer Guiraut Riquier, fatto nell'anno 1284, in gennaio.
I. Se uno riuscisse ad astenersi e a liberarsi dalle malvagità a cui suole acconsentire, e mettesse in pratica tutto il bene che è in grado di conoscere e di intendere, nessuna cosa potrebbe impedire la salvezza di coloro che si sono pentiti ed hanno fede in Dio, che ci attende per condurci a buon porto e promette la sua misericordia.
II. Promettendoci un dono di valore, troviamo Dio tanto benevolo che, pur facendo e professando ciò che crediamo che gli faccia dispiacere, ci difende apertamente, e ciononostante non obbediamo ai suoi comandamenti! Eppure non ce la fa pagar cara, anzi, soffrendo aspetta di averci con sé, umilmente pentiti, perché ci fece e ci redense.
III. Ben ci riscattò, morendo per il suo popolo dolente, perché venisse a lui, se volesse, salvo e pentito; infatti il primo uomo, Adamo, commise un peccato tale che la sua stirpe fu mandata in esilio molto amaro, finché Dio qui mandò chi ci redense morendo.
IV. Eppure noi morendo, mal impiegando la nostra vita, cadiamo sempre di più nella trappola che ci tende con l'inganno il Nemico pieno di tutti i mali, che ci accende e ci infiamma alla sua volontà, lontana da ogni bene; e così ci spinge lentamente verso il gran fuoco ardente; e quello che gli tiene testa, è ben preparato (nella fede) in Dio.
V. Ben preparato è, e niente gli manca, chi lo smentisce, perché è subito vinto il Nemico dissennato, che assomma in sé tutti i peggiori vizi, e fugge all'istante quando il suo intento è scoperto e disprezzato; e credo che Dio diriga quella forza.
VI. Proprio perché il male è tanto conosciuto, voluto, fatto dalla gente, e tanto poco, invece, amato il bene, Dio ci tiene nel tormento.
VII. Il Narbonese è maltrattato e biasimato per insipienza, e lo sarà di più se grazia divina non lo soccorre al più presto.
VIII. Infatti è tre volte più grave quel male che non si avverte.