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Italiano
Monica Longobardi

Il ventunesimo vers di messer Guiraut Riquier, nell'anno 1286 di novembre.

I. Mai nessun uomo sarà gradito a questo mondo, per saper comporre bei componimenti e piacevoli melodie, o per essere ambizioso di stima; tale è il punto a cui siamo arrivati che ciò che era solito dar pregio, successo e lode sento riprovare come colmo di follia, e ciò che invece si riprovava e si biasimava, vedo oggi considerare e lodare ovunque.

II. Per togliere agli altri vedo i potenti sempre pronti, ma infingardi ad offrir festini e doni, timidi e lenti ad asserire il vero, ma sfrontati e abili a mentire, e non osservan lealtà né amore, anzi, si odiano e si ingannano a vicenda, e non vogliono volgersi a misericordia, ed aspettano ansiosi una nuova occasione di peccare.

III. Eppure non si fa che dire che il mondo va alla perfezione e che è valoroso come mai prima d'ora, ma chiaramente è sciocco chi lo pensa e troppo di più chi arriva ad asserirlo, perché mai come ora si è sopportato la presenza di traditori e di disonesti; anzi i potenti se ne servono per coprire i loro torti, facendoli passar per rette azioni; e così, i più abili vanno a gran richiesta.

IV. Preparando il diritto, il torto ha tanto preso campo, che il mondo è pieno di cause e di contrasti, e si segue appelli e assise con accanimento, impegnando del proprio fino ad impoverirsi, e carità non trova chi la sostenga e si va sempre più di male in peggio e ognuno può verificarlo di persona, se vi pone mente.

V. Con quel male che è radice di ogni altro e con orgoglio, siamo tutti nemici di ogni dovere e fra mille non ce n'è due fra cui corra buon sangue, perché non ci guida buon senso, né ci fa timore morte, pena o dolore o vergogna e, udite gran follia: rimandiamo a dopo la morte ciò che da vivi non sappiamo neppure cominciare.

VI. Eppure tutti noi abbiamo udito i comandamenti che ci fece Dio onnipotente, onnisciente, somma giustizia e somma bontà, pieno di misericordia; ma poco è obbedito, e solo che con amore lo si onorasse e lo si rispettasse, e vivessimo in armonia con i propri simili, facendo il bene in nostra facoltà, senza male, credo con certezza che ci salverebbe ancora.

VII. Santo padre Dio, santo figlio, spirito santo, che siete carità e misericordia, e tutto quanto esiste è niente senza di voi, Signore, tutto ciò che è al vostro servizio, fatecelo fare per onorarvi, e da tutto il resto, per la vostra dolcezza, teneteci lontano e fatecelo odiare, e dateci una guida che ci sappia guidar dritto.

VIII. Troppi predicano il giusto, ma pochi lo mettono in pratica, li uni troppo celatamente, e gli altri palesemente, ma Dio tanto soffre che ci dovrebbe far timore.

IX. Mai, da che ho perduto l'onorato re don Alfonso di Castiglia, pieno d'amore, ho più avuto un signore che mi apprezzasse e mi sapesse tanto onorare, da togliermi definitivamente dal mio stato vergognoso.

X. Molto mi peserà se dovrò biasimare un mio signore che ero solito lodare.

 

 

 

 

 

 

 

 

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