I. Amore mi ha fatto di nuovo mettere a vostro servizio, dama graziosa e gaia, il cuore e lo spirito, il desiderio e il pensiero, perché in voi vedo senno e pregio vero: il vostro sguardo, dagli occhi fino al cuore mi illumina di un raggio d'amore che mi nutre e mi dirige.
II. Il vostro bel corpo, il più elegante che sia al mondo, è all'origine della ferita che mi ha inflitto Amore, la quale può rapidamente uccidermi, se non trova sollievo in me grazie alla vostra pietà; mettendomi a vostro servizio non credo che mi tocchi la morte, ma il cuore soffre troppo nel petto.
III. Sono vostro vassallo, perché l'Amore desidera portare la sua scelta su di me, e non crediate che, qualunque sia la pena che io debba sopportare, mai in nessun momento io mi volti verso un'altra parte; non sono una canna che si agita ad ogni soffio di vento, perché non temo che un'altra mi attiri verso di lei, fosse anche la regina di Castiglia.
IV. Quando penso bene di chi io sono il servitore, né le sofferenze, né il tormento, né il lungo servizio mi scoraggiano, perché trovo conforto in quello che ho inteso dire: un buon signore non tarda a ricompensare il merito; servirò dunque fino a che io non ottenga grazia, sì, dovesse lei essere crudele e fellona al mio riguardo.
V. Quando vedo il bel viso, i dolci occhi e il sorriso gentile, mi sembra allora di soggiornare in Paradiso; e, quando non li vedo, non crediate, per quanto mi arrabbi, che io dica nulla che possa a mio avviso dispiacervi; al contrario, non comprendo le ragioni per le quali mi si fanno dei rimproveri, dal momento che penso sempre a quanto siete bella e buona.
VI. Non ho né il potere né la volontà di sottrarmi al vostro servizio, graziosa signora Isabella.