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Italiano
Giorgio Chiarini

I. Quando le giornate solo lunghe in maggio mi piace un dolce canto d’uccelli lontani, e appena me ne distolgo mi torna il ricordo di un amore lontano: sono avvilito e di umore tetro, sì che canto o fiore di biancospino non mi sono più graditi del gelido inverno.
 
II. Non avrò mai gioia d’amore se non prendo gioia di quest’amore lontano, perché non ne conosco uno più nobile e bello in nessun luogo, vicino o lontano. Il suo pregio è cosi autentico ed eccellente, che laggiù, nel reame dei saraceni vorrei per lui essere tenuto schiavo.
 
III. Triste e gioioso me ne partirò, se mai riuscissi a vederlo l’amore lontano; ma non so quando lo vedrò, perché i nostri paesi sono molto lontani: tanti valichi e sentieri ci sono, e pertanto non posso prevedere... Ma tutto sia come a Dio piace!
 
IV. Davvero conoscerò la gioia quando le chiederò, per amore di Dio, l’ospitalità lontana: e, se a lei piace, prenderò dimora presso di lei, benché io ora sia lontano. Allora sarà ideale il colloquio, quando l’amante lontano sarà tanto vicino che con cortese sagacia potrebbe gustare la gioia della sua intimità.
 
V. Ben tengo per verace il Signore grazie al quale vedrò l’amore lontano; ma per un bene che me ne tocca ne ho due mali, perché è tanto lontano. Ah! potessi essere laggiù pellegrino, così che il mio bordone e la mia cappa fossero contemplati dai suoi begli occhi!
 
VI. Dio, che ha fatto tutto ciò che viene e va e creò questo amore lontano, mi dia potere, poiché ne ho la volontà, di vedere questo amore lontano, veracemente, con agi tali, che la camera e il giardino possano sembrarmi sempre una reggia!
 
VII. Dice il vero chi mi chiama ghiotto e bramoso d’amore lontano, perché nessun’altra gioia mi piace tanto quanto il godimento dell’amore lontano. Ma ciò che voglio mi è vietato, perché il mio padrino mi ha dato in sorte che io amassi e non fossi amato.
 
VIII. Ma ciò che voglio mi è vietato. Sia stramaledetto il padrino che mi ha dato in sorte ch’io non fossi amato!

 

 

 

 

 

 

 

 

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