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Italiano
Pietro G. Beltrami

I. Bella mi è l’estate e il tempo fiorito, quando gli uccelli cantano sotto il fiore, ma considero l’inverno più gentile perché in esso mi è toccato maggior gaudio; e quando uno vede il suo godimento è ben giusto e conveniente che sia più gentile e gaio.
 
II. Ora ho io gioia e sono goduto e ristabilito nel mio valore, e non andrò mai altrove né chiederò conquiste altrui, ché ora so bene consapevolmente che è saggio colui che attende, ed è folle chi troppo s’adira.
 
III. A lungo sono stato in dolore e smarrito in tutto ciò che mi riguardasse, che mai sono stato addormentato così profondamente che non mi risvegliassi di soprassalto per la paura; ma ora vedo e penso e sento che ho superato quel tormento, e non ci voglio tornare mai più.
 
IV. Molto me lo tengono a grande onore tutti coloro cui io ho obbedito in questo che io mi sia rivolto nuovamente al mio gaudio, e ne lodo lei e Dio e loro, che ora hanno la gratitudine e il dono che loro spetta; e, checché me ne andassi dicendo, là me ne rimango e là mi appago.
 
V. Ma per questo me ne sono schiarito: più non crederò lusingatore, ché certo non sono stato tanto allontanato da amore da non essere ora salvo e guarito quanto ad esso. Uomo più saggio di me si sbaglia, perché io so bene consapevolmente che mai il fino amore tradisce alcuno.
 
VI. Farei meglio a giacere vestito piuttosto che spogliato sotto coperta, e ve ne posso portare a testimone la notte quando fui assalito; sempre ne avrò il mio cuore dolente, perché così se ne risero, che ancora ne sospiro e ne ho gli incubi.
 
VII. Ma d’una cosa sono in incertezza, e ne rimane il mio cuore sbalordito (oppure: ne rimango sbalordito), che tutto quanto il fratello mi nega odo concedere alla sorella; e nessuno ha tanto senno, che possa avere comunemente, che non inclini verso una parte o l’altra.
 
VIII. Nel mese d’aprile e di Pasqua, quando gli uccelli muovono i loro dolci gridi, voglio dunque che il mio canto sia udito, e imparatelo, cantatori! E sappiate tutti comunemente che mi considero ricco e stabile, perché sono alleggerito da un folle fardello.

 

 

 

 

 

 

 

 

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