I. Non posso fare a meno, quando è il momento, di cantare o di elevare le mie proteste, poiché i baroni si sono tanto infiammati che hanno comperato un fondaco tra loro (?). Signor conte, voi state per essere rasato e tosato in tondo, affinché possiate meno bene elevarvi in alto. Messer Raimondo, ricordatevi di messer Pietro Bremon.
II. Signor conte, questo ho imparato: che nel territorio della Gironda (?) vi è un tale che sbuccia (ossia danneggia, manda in rovina) il meglio del vostro paese e la vostra corte. Con le loro rendite e i loro censi, se Dio non vi aiuta, tutti hanno in animo di sbucciarvi (o pelarvi; ossia mandarvi in rovina) fino in fondo. Ma sono sciocchi, perché non fanno attenzione all’aquila (oppure non aspettano l’aquila) (?).
III. Se viene qua ........ che fu signore d’Argensa, conte, ben so che sarete chiamato duca, a mio avviso, e che volerete a occhi chiusi dal Rodano fino a Vensa, se ne lamenti pur chi vuole. Ognuno ha in animo di spennacchiarvi (ossia di togliervi qualcosa, di recarvi danno), sì che sul cocuzzolo rimarranno bianchi i segni (delle beccate, oppure degli strappi).
IV. So bene ......... di questo ho ricordo, che un folle più vuoto di un sambuco so che se ne pente, quando vedrete al primo grido vacillare il valore dello scimunito che male assomiglia a messer Ugo del Balzo e sicuramente vale meno di un uomo morto nella bara.
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VI. Questo odo messer Blacasso dire con uno a cui non mentirebbe: che se ai Provenzali prodi e ricchi di pregio sui quali avete signoria voi rendeste ciò che prendete, ognuno vi amerebbe lealmente; ma cessano di servirvi (oppure vengono meno ai doveri verso di voi) perché spesso raschiate (o limate?) la croce per danaro (?).