I. Voglio piangere messer Blacasso su questa facile melodia, con cuore triste e afflitto, e ne ho ben ragione, perché in lui ho perduto un [buon] signore e un buon amico e perché tutte le nobili qualità (oppure tutte le virtù) sono scomparse con la sua morte. Tanto è mortale il danno, che io non ho speranza che si possa mai riparare, se non in questo modo: che gli si tragga il cuore, e che ne mangino i baroni che ne vivono privi; poi ne avranno a sufficienza.
II. Primo mangi del cuore, perché ne ha grande bisogno, l’imperatore di Roma, se vuole con la forza vincere i Milanesi, poiché essi lo tengono umiliato, e vive diseredato, malgrado i suoi Tedeschi. E dopo di lui ne mangi il re francese: poi [ossia: dopo averne mangiato] ricupererà la Castiglia, che perde per insipienza; ma, se [ciò] dispiace a sua madre, egli non ne mangerà punto, poiché ben si vede che, con suo merito, egli non fa nulla che a lei rincresca.
III. Mi piace che mangi molto del cuore il re inglese, perché è poco coraggioso: poi sarà valente e prode, e riconquisterà la terra — a causa della quale (ossia per la cui perdita) vive privo di pregio — che gli toglie il re di Francia, poiché lo sa neghittoso. E il re castigliano conviene che ne mangi per due, poiché tiene due reami, e non vale (ossia non ha capacità sufficienti) [nemmeno] per uno; ma se ne vuol mangiare, occorre che ne mangi di nascosto, perché, se la madre lo sapesse, lo picchierebbe col bastone.
IV. Voglio che mangi del cuore il re d’Aragona, poiché ciò lo sgraverà dell’onta che egli riceve qui per Marsiglia e per Millau, poiché non si può altrimenti onorare (ossia non può altrimenti riconquistare il suo onore) per cosa che possa dire o fare. E in seguito voglio che si dia del cuore al re navarrino, il quale valeva più come conte che come re (così odo dire). È male che, quando Dio fa salire in grande potenza qualcuno, la mancanza di cuore lo faccia poi discendere di pregio.
V. È necessario al conte di Tolosa mangiarne assai, se ricorda ciò che soleva possedere e ciò che possiede, poiché, se non ripara la sua perdita con un altro cuore (ossia col cuore di un altro), non mi pare che possa ripararla con quello che ha in sé. E conviene che ne mangi il conte provenzale, se gli sovviene che un uomo che vive diseredato non vale nulla, e, benché con [ogni] sforzo si difenda e si sostenga, è necessario che mangi del cuore per il grave peso che sopporta.
VI. I baroni mi vorranno male per ciò che io dico bene (ossia per ciò che dico giustamente), ma sappiano bene che io li stimo tanto poco quanto essi [stimano] me.
VII. Bel Ristoro, purché possa trovar mercé presso di voi, io disprezzo chi non mi tiene per amico.