I. Benché io abbia cantato l’amore, l’allegrezza e la galanteria, ora vedo che mi è necessario cantare la guerra, e la guerra mi rallegra, perché io debbo tenere il retto sentiero in tutte le nobili azioni; infatti tutte le buone qualità convengono a un cavaliere che è con la mia donna, la quale tiene la chiave del pregio.
II. Benché i nostri nemici siano terribili e fieri, io li temo meno quando sono sul mio destriero, quando io li vedo, che quando mi si parla di loro; e se ne trovo uno, scortese maldicente, so che sua moglie si vestirà di nero, e quindi gli è necessario guardarsi dal mio cammino (ossia evitare di incontrarmi).
III. Colui che lo conosce lo tiene in conto di menzognero, fiacco e vile, spregevole e millantatore. Egli infatti con il suo rozzo aspetto, falsamente grazioso e dolce, finge (oppure si dà l’aria) di essere cortese, e non vale un denaro, perché le [sue] parole sono grandi e le azioni sono dappoco; cosicché tra i prodi non è stimato un chiodo.
IV. Nessuno mi giudichi uno spaccone per quello che io dico, benché io molto mi vanti, poiché io non lo minaccio se non secondo ciò di cui mi lodo (ossia le mie minacce non superano le forze che io mi vanto di avere); e se io lo raggiungo, quel tracotante ciarlone, certo non lo salverà tutto l’oro di Montpellier con altrettanti marchi quanti [sono i] ciottoli [che] stanno nella Crau.
V. Malamente diminuisce se stessa una donna che abbia vero pregio, se gli fa una graziosa e amorosa accoglienza e gli accorda confidenza, [e se fa questo] non vede e non ode punto bene (ossia è priva di ogni intelligenza): quindi nessun uomo l’ami con tutto il suo cuore (oppure sinceramente), dal momento che commette un tale fallo amando un uomo tale. Ora ne ho detto abbastanza, e per questo chiudo i miei denti (ossia la mia bocca).
VI. Sirventese, va a dire al falso millantatore che malamente (ossia per suo danno) vide me e il mio corrente destriero, e colei a causa della quale mi ha reso adirato e feroce (ossia ferocemente adirato).