I. La foglia e il fiore e il frutto maturo, quando è la stagione, e il cinguettio degli uccelli per le siepi e per i muri e la rugiada che luccica sul ramo m’è di gioia e m’apporta piaceri, sicché mi viene intenzione e volontà d’essere saggio assai vieppiù.
II. Perché non sarà eletto in alto il grande e puro sapere né la perspicace intelligenza senza gioia; per cui io mi credo per cento presagi beato gioioso e mantenuto beato contro tali genti cui manca saggezza e pazienza; desidero incenso sopra gl’innamorati.
III. Perché vado sicuro con la più nobile gioia che fosse mai apparsa qui fra di noi, e non mi nuoceranno la crudele parola di uomini tetri né il linguacciuto calunniatore; perché non si muta il sagace intelletto né la bellezza per cui sono gioioso, amato di buon amore.
IV. E mi par bene nei detti oscuri e nelle questioni di tenzoni poetare senza argomenti spezzettati; per cui conviene che molto migliori tu, a cui [l’amore] concesse di comporre melodie e parole rinomate: ché il più ricco perde rapidamente i buoni accordi con un’altra parte, poiché non le rende grazie dei doni.
V. Ma che non oda lamenti su di me, ché sono sopra gli altri amanti desideroso di difender[li] contro i falsi cialtroni e d’essere pieno d’amore e ben voluto; perché se il falso amore mi facesse soverchiamente contesa, ormai mi sento tenace, reso perfetto da un [amore] perfetto.
VI. E chiunque vada da spergiuro contro l’amare, io sarò fedele verso l’amore che mi guida, e verace e costante nelle mie intenzioni, e la speranza sarà nei suoi aiuti; onde sono saggio e reso migliore d’altri cinquecento innamorati d’amore.
VII. Perché, come l’oro e l’azzurro risplende contro il ferro rossiccio sopra gli scudi, [esso] mi accordò che, fin là dov’è Tiro, io fossi superiore ai grandi e ai piccoli di quelli che sanno poetare senza maniere presuntuose, onde sono riconoscente a colui da cui m’è concesso.