I. Intorno al vecchio e al nuovo poetare voglio dichiarare il mio giudizio agli esperti, affinché quelli che sono a venire intendano bene che non fu fatta una canzone perfetta fino a me; e chi non crede che io sia veritiero, oda ora come sto dalla parte della ragione.
II. Ché io possiedo l’esperienza e il pane e il coltello con cui mi piace nutrire le genti; perché in questo mestiere hanno innalzato a modello, senza il patto che non si cambi via, colui che io dico che si mostra triste nei fatti non tristi, sicché si considera un folle parolaio lui e il [suo] discorso.
III. Il quale deve essere piacevole a dirsi, coerente, senza parole superflue; perché chi passa saltando da Mi-ride a Mi-rode, viene a mancare nel mezzo se non si afferra ai lati; quando fa qualunque parola messaggiera del [proprio] travaglio, sicché mette di casa l’intendere nell’indovinare.
IV. E chiunque ne frema e ne mormori, poiché il mio poetare è tanto valente, ..... ché io sono la radice e dico che sono il primo quanto a detti perfetti, vincendo i miei stolti avversari, che mi gridano contro, perché non me ne curo.
V. Dunque poiché sono d’una stessa truppa ora mentono tutti bellamente per i denti, ché io mi sento certo quanto al meglio che è e che fu, sicuro del mio canto e superiore rispetto ai mentitori, e so che cosa dico, ché altrimenti non verrebbe il grano, di cui v’è molto alla stagione.
VI. Perché ora mi piace e m’è grato che la gioventù s’esalti nella mia gioia; e se io dico qualcosa in modo che m’avvicini loro, me ne astengo sì che mi cresce doppia gioia d’una dolce spiga che è il gioioso pensiero, onde m’hanno ormai come amico i cattivi e i buoni.
VII. Mi sento così ricco per la buona speranza, che nella gioia mi fisso e sto volentieri, e con gioia e letizia sollecito i miei desideri e sollecito con gioia, e letizia voglio: Dio me la conceda.
