I. Canterò di questi trovatori che cantano in molti modi e il peggiore crede di dire assai gentilmente; ma dovranno cantare altrove, ché vedo mischiarvisi cento pastori sicché nessuno sa che si canta in tono alto o basso.
II. Di ciò merita biasimo Pietro Rogier per cui ne sarà per primo incolpato, perché canta pubblicamente d’amore, e più gli varrebbe, tener nella chiesa salterii o candelieri con una gran candela ardente.
III. E il secondo, Giraldo di Borneill, che pare otre secco al sole col suo cantare gracile dolente, che è canto di vecchia portatrice di secchi; sicché se si mirasse nello specchio, non si apprezzerebbe una bacca.
IV. E il terzo, Bernardo di Ventadorn, ch’è di un palmo minore di Borneill; ebbe in suo padre un servo abile a tirare con l’arco a mano, d’avorno, e sua madre scaldava il forno e raccoglieva sarmenti.
V. E il quarto, il Limosino di Briva, un giullare ch’è il più pitocco che esista fino a Benevento, e, quando il misero canta, sembrerebbe un pellegrino malato, sicché per poco non me ne prende pietà.
VI. E il quinto, ser Guglielmo di Ribas, ch’è malvagio di fuori e di dentro, e dice raucamente tutte le sue canzoni, per cui è spregevole il suo canticchiare, ché un cane farebbe altrettanto; e gli occhi sembrano d’una immagine d’argento.
VII. E il sesto, Grimoaldo Gausmars, che è cavaliere e fa il giullare; e Iddio perda chi glielo permette e gli dona vestiti verdi e screziati, perché ora sarà talmente ornato che cento diventeranno giullari.
VIII. Con Pietro di Monzo son sette, dacché il conte di Tolosa gli diede cantando una bella canzone, e quegli fu cortese che glie[la] rubò, e fece male a non troncargli quel membro che porta pendente.
IX. E l’ottavo, Bernardo di Saissac, che non ebbe mai un sol mestiere buono oltre ad andar accattando piccoli doni; e dacché chiese a ser Bertrando di Cardaillac un vecchio mantello lercio non l’ho stimato poi una melma.
X. E il nono è ser Rambaldo, che si fa troppo altero della sua poesia; ma io non lo stimo per nulla, perché egli non è allegro né caldo; perciò apprezzo altrettanto gli zampognari che vanno chiedendo l’elemosine.
XI. E il decimo, ser Eble di Saignes, a cui non toccò mai bene d’amore, benchè canti con grazia: un villanello presuntuoso litigioso, il quale dicono che per due poggesi là si pone a servizio e qua si vende.
XII. E l’undicesimo, Gonzalo Ruiz, che si fa troppo ricco del suo canto, per cui si presume nella cavalleria; e mai non fu dato da lui un buon colpo, tanto non fu ben armato, se non lo trovò fuggendo.
XIII. E il dodicesimo, un vecchietto lombardo, che chiama codardi i suoi conterranei, ed egli stesso è pieno di paura; ma fa melodie assai rumorose con parole false e bastarde, e lo si chiama Convenevole.
XIV. Pietro d’Alvernia ha tal voce che canta con note alte e basse, e si vanta molto davanti a tutta la gente; perciò è il maestro di tutti, purché chiarisca un poco le sue parole, che a pena qualcuno le intende.
XV. La canzone fu fatta per gli zampognari, a Puivert, solo per gioco e riso.