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Italiano
Alberto del Monte

I. Di Dio non posso parlar bene poco e non ve ne so raccontare molto, perché molto resterebbe da dire e il poco è più di quanto appare; ma poiché egli mi sollecita nel valore col [suo] bel senno come un compagno, ben occorre per suo amore dire come si conviene ciò che fa d’uopo al suo popolo.
 
II. Onde dico come deve considerare chi è e che cosa deve divenire, e se l’uomo pensasse a ciò, non si dovrebbe per nulla pregiare; ma belle tenebre occupano l’occhio e vili desideri lo sguardo, e il corpo che consente la follia mena l’anima a malvagio smarrimento.
 
III. Perciò mi posso molto meravigliare come l’uomo non rifletta su di sé; ché, sebbene ritardi, dovrà morire e passare per il passo degli antenati; e chi è più fastoso ritorna in così sgradevole odore che vi è gran paura per quelli che lo sentono; ma dimenticano oggi quello di ieri.
 
IV. È molto grave e aspro e amaro ai mortali di lasciare ciò di cui si dovrebbero servire prima che sopravvenisse per noi [questa] condizione; perché io so che l’uomo, [quando è] tardi, se egli gli corre contro, non si ripara bene dall’arciere sicché sentirà la forza del colpo, ché molto vale lo stare all’erta prima.
 
V. Ma è molto difficile ad ammaestrare l’uomo che preferisce scegliere il proprio danno; tuttavia chi si volesse avanzare tanto verso il bene come oprare contro il male, non perderebbe già il regno sovrano per la gioia di questo mondo menzognero; quando la miserabile carne piace, lo spirito riceve grande impedimento.
 
VI. E che vi posso raccontare di peggio d’un uomo, se lo vedo ben risplendere di cosa che debba compiere nella vita, ma non sa accordarsi con Dio; e [pure] tutto il resto è transitorio e fuggevole e caduco, perché l’uomo, dopo ch’è morto, rende interamente conto al suo creatore dei [propri] averi.
 
VII. E poiché Dio si degna di darci il vedere, l’intendere e l’udire e il senno e il sapere e il sentire e tanta ricchezza in usufrutto, ben ce [ne] dovremmo ricordare; perché ha torto chi diviene ricco di un terreno altrui ed è eccessivamente avaro del miglior frutto rispetto al signore.
 
VIII. Perché sarà oscuro ciò che ora è chiaro là dove Dio mostrerà il martirio che soffrì per salvarci; onde dovremo tutti tremare il giorno del maggior giudizio, dove non vi sarà nulla di sontuoso; perché con grande gioia e con non poco pianto due vie separano quelli che escono.
 
IX. Onde ciascuno dovrà segnarsi in segno di stupore e sovente sospirare [considerando] come Dio si degnò umiliarsi e che cosa soffrì per salvare i suoi, e quanto poco portano tutti del loro dopo l’ultimo singulto; perché miete un campo assai angusto colui che troppo se ne fa comproprietario.
 
X. E poiché conserva il bianco e il verde e il vaio, egli fa imperfetto servire; onde non gli piace donare alcun bene per colui che di questo dovrà castigar[lo]. E tutto ciò che v’è d’allegrezza nel mondo ravviverà sempre il dolore, perché avere e quanto esiste non vale un denaro verso nostro Signore,
 
XI. Ah! come ognuno si può poco fidare di quanto lascia nel trapassare, se egli stesso non sa ripartirlo tanto bene da poterne profittare; e così breve vita hanno i più, villani e chierici e cavalieri, e tanto rapidamente torna in amarezza la gioia di questo frivolo mondo.
 
XII. Ma Dio per la sua dolcezza ci conceda d’essere tali lavoratori che ci accolga nello splendore di cui sono eredi i suoi santi. Amen.

 

 

 

 

 

 

 

 

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