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Italiano
Pietro G. Beltrami

I. Ho argomento e ragione di cantare e di rallegrarmi: e come? Dio, per l’amore che io mantengo come il più gentile mi piace cantare di lei. E non vuole che io me ne astenga? Non lo farò, poiché con il solo suo bel modo di rispondere mi ha così conquistato che mai, fin quando io viva, commetterò mancanza verso di lei.
 
II. Se costei mi ricambia, ciò per cui protesto e mi addoloro, piombo per oro, scocco un quadrello, lo so, con peggior esito di quello del sagittario; quello che egli mi ha messo (dentro) penso che difficilmente si possa levare da me; dal cuore, dove è, non lo si può cavare fuori senza che vi resti il ferro, se non me lo estrae la donna di chiara fama che io di ciò prego.
 
III. Ha il corpo più bianco che nessun pezzo d’avorio ; non oso pronunciare il suo nome davanti a lei, tanto la temo, quando la guardo; un angelo del cielo mi sembra quando penso che mi ricambi gioia, poiché in lei sarebbe onorato oltre misura il re di Londra, e il eonte d’Uzès, tanto è piacente in sommo grado, o colui cui sono sottomessi i Greci.
 
IV. Dolce è il ramo con cui mi batto ma non mi fendo, per cui le si dia la melodia che io cesello, che ho tratta nuova dal mio scrigno, ciò che non mi pare cosa sensata, nel caso in cui uno distrugga coloro che gli appartengono; ve lo dico per me, che fate ardere e rovinare: non voglio che mi si presti né viola né piva finché io sia al di qua di questo confine.
 
V. È per me cosa dolce e buona se ne muoio di desiderio: non è affatto sogno l’amore che io porto, per Sant’Ilario; se non mi diventa subito favorevole, non posso resistere, perché ella non ha bisogno di assoldare un esercito per distruggermi; poiché già mi tiene in cima al tetto fuoco che si ravviva per le dicerie di mala bocca.
 
VI. Se in breve non siamo, per la fede che devo a San Gregorio, dove fummo, vestirò per questo saio bruno e scapolare, porterò una tunica scorciata per abbandonare gli inganni malvagi del mondo, e mi farò radere un’ampia tonsura in cima al capo, se non mi fa ricadere nel male l’amore che non ottengo.
 
VII. Chiunque resti di qua, don Sanguinier si slancia là dove i Sabran sono biasimevoli.

 

 

 

 

 

 

 

 

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