I. Amore, pietà: che io non muoia così spesso, dato che davvero potete in breve uccidermi del tutto; perché mi fate insieme vivere e morire e così raddoppiate in me il mio martirio; tuttavia, mezzo morto, sono vostro uomo e servitore, e il servizio è per me mille volte meglio che avere da nessun’altra una ricca ricompensa.
II. Per cui sarà peccato se mi uccidete, Amore, voi lo sapete, poiché non mi rivolto contro di voi; ma il troppo servire molto spesso ottiene danno, perché si perde il proprio amico, così sento dire: perché io vi ho servito ed ancora non me ne disvio, ma poiché sapete che ambisco alla ricompensa ho perduto al contempo voi e il servizio.
III. Ma voi, signora, che ne avete il potere, forzate Amore e voi [stessa] che desidero tanto, non certo per me ma per giusto discernimento, e poiché piangendo ve ne pregano i miei sospiri; perché il cuore piange quando vedete ridere gli occhi, ma per paura ch’io vi appaia fastidioso inganno me stesso e trascino invano il [mio] male.
IV. Non avrei creduto che la vostra persona orgogliosa potesse collocare nella mia un desiderio così persistente; ma per timore di raddoppiare il danno non oso dimostrarvi il mio tormento; ahi! perché i vostri occhi non vedono il mio martirio? perché allora ne avreste pietà, se dunque non mente il dolce sguardo che mi rende visibile pietà.
V. A voi vorrei mostrare il male che provo e agli altri celarlo e dissimularlo; perché non fui mai capace di rivelarvi il mio cuore in modo che restasse segreto; dunque, se io non mi so coprire chi potrà coprirmi? e chi mi sarà fedele se io sono traditore di me stesso? se uno non sa nascondersi non c’è ragione che lo nascondano coloro a cui non viene alcun vantaggio.
VI. Signora, non vi so esprimere il mio cuore fino, ma ciò che io tralascio di dire per dissennatezza ristabilitelo voi comprendendo bene.
VII. Ma don Aziman dice che io sono traditore nei suoi confronti, egli e don Tostemps perché [secondo loro] sono ingannatore in quanto non rivelo ad entrambi tutto il mio cuore.