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Italiano
Paolo Squillacioti

I. Cantando m’accade di ricordare ciò che cantando pretendo di scordare, ma per ciò stesso canto, per dimenticare il dolore e la pena d’amore; e quanto più canto, tanto più me ne sovviene, e la mia bocca non giunge che a [dire]: mercé! Per cui è vero e ben manifesto che porto dentro al cuore, signora, la vostra immagine che mi ammonisce a non rivolgere altrove il mio discorso.

II. E poiché Amore mi vuol fare tanto onore da farmi portare voi in cuore, vi prego di grazia che vi guardiate dall’ardore, perché ho più paura per voi che per me stesso; e poiché il mio cuore, signora, vi tiene dentro di sé, se gliene viene danno, giacché siete dentro, voi lo dovete soffrire; e perciò fate del corpo ciò che vi piacerà e proteggete il cuore come vostra dimora.

III. Esso [scil. il cuore] vi custodisce e vi tiene tanto cara che fa apparire stolto il corpo poiché vi concentra il senno, l’ingegno e il valore, cosicché lascia il corpo sbandato trattenendo il senno; e succede spesso che mi si parla e non so di che, mi si saluta e io non sento niente: nessuno mi accusi di ciò, se mi saluta e io non gli rispondo parola.

IV. E il corpo non si deve affatto lamentare di quello che il cuore gli possa fare, giacché l’ha rivolto verso il più onorato signore e distolto dall’altra parte, dove trovava inganno e infedeltà; ma ciò che è giusto [oppure: direttamente] torna sempre al suo padrone [scil. a colui cui spetta]; tuttavia non credo che mi degni, se Mercé non mi aiuta in maniera tale che a lei entri nel cuore tanto che in luogo di un ricco dono si degni di ascoltare la mia sincera canzone!

V. E se degnate di ascoltarla, signora, ci dovrei trovare mercé; per ciò ho bisogno che dimentichiate la [vostra] potenza, e la lode che ho detta di voi e sempre dirò: tuttavia non mi procura altro vantaggio il mio lodare: per quanto viva male il dolore mi risana [lett. m’ingrassa] e mi rinnova, e il fuoco, se lo si muove, cresce sempre con impeto, e se non lo si muove, si estingue in poco tempo.

VI. Posso ben morire, don Azimans, e non mi lamento di nulla, persino se il male mi si moltiplicasse nello stesso modo di come, secondo la regola, raddoppia il punto della scacchiera.

VII. Canzone, va subito verso Montpellier a dire da parte mia a don Guglielmo, sebbene non lo gradisca, [che] il suo pregio, poiché cresce, mi induce a chiedergli perdono.

 

 

 

 

 

 

 

 

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