Cura Curà, Giulio. Le canzoni del trovatore Uc de Pena
. "Critica del Testo", 10, 2 (2007), pp. 9-45.
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Le canzoni del trovatore Uc de Pena
(1) Ugo de Pena si fo d’Agenes, d’un castel que a nom Monmessat, fils d’un mercadier. (2) E fez se joglars; e cantet ben, e saup gran ren de las autrui cansos; e sabia molt las generasios dels grans homes d’aquellas encontradas, e fetz cansos. (3) Grans baratiers fo de jogar e d’estar en taverna; per que ades fo paubres e ses arnes. (4) E venc se amoillerar a l’Isla e[n] Venaissi en Proenssa.
Questo il ritratto di Uc de Pena consegnatoci dalla vida, che ne accompagna la canzone Cora qe·m desplagues Amors nei mss. A (c. 167rb), I (c. 140vb) e K (c. 126va), mentre è isolata in N² (c. 24r) (1). Uc proveniva dunque da una famiglia di mercanti originaria di Penne-d’Agenais, nella circoscrizione di Villeneuve-sur-Lot (cantone Lot-et-Garonne), pochi chilometri a nord-est di Agen; non è invece stato identificato il luogo di nascita, il castello di Monmessat (e nemmeno Messat, variante del ms. I) (2), che non si è potuto rintracciare né nei dintorni di Agen né nell’intera Francia meridionale: secondo Schultz potrebbe trattarsi della località di Montpezat, a ovest di Penne-d’Agenais, anche se è strano che tutti i codici della vida abbiano -m- al posto di -p- (3). Ancora secondo la vida il nostro sarebbe diventato giullare e si sarebbe successivamente sposato a L’Isla, molto probabilmente L’Isle-sur-Sorgue, nella circoscrizione di Avignone (cantone di Vaucluse), all’interno dell’antico comitato di Venaissin (4).
È possibile trovare appigli cronologici per Uc de Pena tra il 1248 e il 1283 circa: il trovatore va infatti identificato con il personaggio, anche altrove menzionato tra i soldati dell’esercito di Carlo d’Angiò, citato tra i cento cavalieri che, sotto la guida dello stesso, dovevano combattere a Bordeaux contro cento cavalieri aragonesi il 1° luglio 1283: tutto ciò concorda con la notizia della biografia, che parla di un trasferimento di Uc in Provenza, forse dettato, come suggeriva il David, dal desiderio di cercare fortuna alla corte di Raimondo Berengario IV. Altro dato a supporto della datazione proposta viene dalla tornada di Cora qe·m desplagues Amors (vv. 49-52), ove è citato un Gui, del cui seguito fa parte Uc e di cui si attende il ritorno dalla Terrasanta, da identificarsi con il conte Guido di Forez, che partecipò alla crociata del 1248 (5).
I §§ 2-3 della vida contengono prevalentemente tratti piuttosto convenzionali, ma una frase ha attirato l’attenzione di Boutière e Schutz: «e sabia molt las generasios dels grans homes d’aquellas encontradas»; i due studiosi si sono infatti chiesti se Uc de Pena non fosse stato anche lui un autore di vidas, considerato quanto viene detto nella biografia di Uc de Saint Circ: «el amparet cansos e vers e sirventes e tensos e coblas, e·ls faich e·ls dich dels valens homes e de las valens domnas que eron al mon, ni eron estat» (6). Si tratta di suggestione che, data la fragilità dell’ipotesi, non è stata ripresa in altri interventi sulla paternità delle biografie trobadoriche, pur nella riconosciuta pluralità di autori (7).
Parte dei dati esaminati è presente nella biografia romanzata di Uc de Pena dovuta a Jean de Nôtredame (8) (sull’attendibilità della cui opera non occorre soffermarsi, in quanto dato noto), che, partendo dalla vida provenzale, la integra e rielabora, anzitutto in base all’abitudine di nobilitare quasi tutti i trovatori (9): lo dice gentiluomo di Moustier, toponimo che sostituisce a Monmessat in modo da poter collegare il nostro a un fantomatico trovatore «Bertrand de Pena, seigneur de Romoles et de Mostiers en partie», mentre è storicamente attestato, nella Chanson de la Croisade contre les Albigeois, un Bernart de Pena, da datarsi agli anni 1224-51 (10). Secondo Nôtredame Uc sarebbe dunque nato a Moutiers nell’Alta Provenza da una famiglia gentilizia e, diventato povero per qualche rovescio finanziario, avrebbe successivamente fatto fortuna grazie a impieghi ottenuti presso le corti di Raimondo Berengario IV e Carlo d’Angiò, di cui sarebbe diventato «secretaire des conseils», accumulando grandi ricchezze; avrebbe sposato una damigella della casa di Simiane, Mabile, e sarebbe morto nel 1280. David, pur presentando dapprima un po’ in negativo questo racconto come frutto dei disinvolti metodi di lavoro di Nôtredame, finisce per concedervi largo credito, affermando che è possibile che Uc de Pena si fosse trasferito a Moustiers (dove, faceva notare, esisteva ancora allora una famiglia Péna) e quindi ad Aix alla corte di Provenza, facendovi un cammino brillante e sposandosi, vedovo (!?), con una dama della casa di Simiane, per poi morire nel 1280 (11). L’identità della dama sposata dal nostro in realtà non è storicamente accertabile, mentre la data di morte è incompatibile con i dati storici esposti sopra.
Dell’opera di Uc de Pena, di cui si sono conservate tre canzoni di tematica cortese (12), non è stata sinora allestita un’edizione critica unitaria e basata sull’intera tradizione manoscritta. Secondo David due delle liriche, che presentano un incipit molto simile (Cora qe·m desplagues Amors e Si anc me fes Amors que·m desplagues), sarebbero state probabilmente composte nel Vaucluse nello stesso periodo e per una stessa dama, forse quella che poi sposò (13): si tratta di ipotesi non verificabile sulla base dei dati concreti a noi noti. Nella prima, il cui incipit consuona con quello di Gui d’Ussel Ja non cugei que·m desplagues amors (14), il poeta parla di Amore che, pur avendolo tormentato, lo ha conquistato saldamente, tanto che gli obbedisce in ogni cosa; il testo appare legato da un tessuto di riprese piuttosto fitto a Mon cor e mi e mas bonas chanssos di Gaucelm Faidit, autore del quale Uc de Pena dimostra di conoscere e mettere a frutto anche altre liriche (Ab chantar me dei esbaudir; De solatz e de chan; Gen fora, contra l’afan; più Jauzens en gran benananssa per i versi finali di Uns novels jois m’adutz) (15): a proposito delle probabili fonti del nostro va osservato che appaiono privilegiati proprio gli autori (16), come Gaucelm, operanti tra gli ultimi decennî del XII secolo e i primi del successivo.
In Si anc me fes Amors que·m desplagues il poeta afferma che, se anche Amore gli è stato contrario, ora lo risarcisce di tutto ciò che gli ha fatto soffrire in passato, mentre nella terza canzone, Uns novels jois m’adutz, canta la gioia che gli deriva dall’essere stato accolto dall’amata, sottolineando la profondità sempre maggiore del proprio sentimento e la propria abilità nel celar, che gli permette di ingannare i lauzengiers. Nella produzione superstite di Uc de Pena, che pure non tace le difficoltà e le sofferenze dell’amore, appare dunque come cifra caratterizzante il tema dell’amore corrisposto, affiancato dal ricorrente e topico elogio delle qualità fisiche e cortesi della donna (Cora qe·m desplagues Amors 15, 18, 44-46; Si anc me fes Amors que·m desplagues 4-5, 12-13 e Uns novels jois m’adutz 5-6, 9-11, 38-39, 47-48), verso la quale l’autore a volte dimostra comunque un atteggiamento pieno di timore (Cora qe·m desplagues Amors 31-32 e Uns novels jois m’adutz 53-55).
Note:
(1) È inoltre citata da Giovanni Maria Barbieri, Dell’origine della poesia rimata (c114). Se ne riporta il testo da J. Boutière, A.H. Schutz, Biographies des Troubadours, textes provençaux des XIIIe et XIVe siècles publiés avec une introduction et des notes, Paris 1964², p. 258, n° XXXVIII (cfr. inoltre M. De Riquer, Vidas y retratos de trovadores, Barcelona 1995, pp. 134-36). (↑)
(2) E. David, Hugues Péna, in Histoire littéraire de la France, XIX, Paris 1838, p. 572 leggeva Messac. (↑)
(3) Cfr. O. Schultz, Die Lebensverhältnisse der italienischen Trobadors, in «Zeitschrift für Romanische Philologie», VII (1883), p. 178 (ne ribadiva la sicura origine provenzale, ricordando che Crescimbeni aveva invece interpretato dagenes dei codici della vida come da Genes, cioè da Genoes, anziché come d’Agenes; ancora come genovese, nonostante gli avvertimenti di Mussafia, viene citato da Bartoli) e C. Chabaneau, Biographies des troubadours, in Histoire générale de Languedoc, X, Toulouse 1885, pp. 258, 385; si vedano anche C.A.F. Mahn, Die Biographien der Troubadours in provenzalischer Sprache, Berlin 1878, p. 62; Grundriss der Romanischen Literaturen des Mittelalters, II/1, fasc. 7, Heidelberg 1990, p. 235 e S. Asperti, Carlo d’Angiò e i trovatori, Ravenna 1995, p. 144. (↑)
(4) Cfr. J. Boutière, A.H. Schutz, Biographies cit., p. 259. (↑)
(5) Cfr. O. Schultz, Die Lebensverhältnisse cit., pp. 178-79; K. Lewent, Das altprovenzalischen Kreuzlied, Erlangen 1905, p. 419; A. Kolsen, Trobadorgedichte. Dreissig Stücke Altprovenzalischer Lyrik, Halle 1925, p. 71 e A. Jeanroy,La poésie lyrique des Troubadours, I, Toulouse-Paris 1934, p. 434. (↑)
(6) Cfr. J. Boutière, A.H. Schutz, Biographies cit., pp. VIII n. 3 e 259 (si cita da ibidem, p. 239, n° XXXIII). (↑)
(7) Per la questione della paternità delle biografie trobadoriche si veda da ultimo M.L. Meneghetti, Uc e gli altri. Sulla paternità delle biografie trobadoriche, in Il racconto nel Medioevo romanzo, Atti del Convegno, Bologna 23-24 ottobre 2000, Bologna 2002 (= «Quaderni di Filologia Romanza», 15, 2001), pp. 147-62, studio cui si rinvia per la bibliografia pregressa. (↑)
(8) Èdita in Jehan de Nostredame, Les vies des plus célèbres et anciens poètes provençaux, par C. Chabaneau e J. Anglade, Paris 1913, pp. 89-91, a cui rinvio per una lettura integrale. (↑)
(9) Si vedano i rilievi degli editori in Jehan de Nostredame, Les vies cit., pp. (86)-(87), (139)-(142), 328-29. Per il perduto canzoniere di Sault utilizzato da Nôtredame, che conteneva i testi I-II del nostro ed era un affine di a¹, cfr. C. Chabaneau, J. Anglade, Essai de reconstitution du chansonnier du comte de Sault, in «Romania», XL (1911), pp. 243-322 e D’A.S. Avalle, I manoscritti della letteratura in lingua d’oc, Torino 1993, pp. 104-105. (↑)
(10) Cfr. P. Meyer, Les derniers troubadours de la Provence, Paris 1871, p. 205 n. 1 e O. Schultz, Die Lebensverhältnisse cit., p. 178 n. 6. (↑)
(11) Cfr. E. David, Hugues Péna cit., pp. 572-74. (↑)
(12) In Dell’origine della poesia rimata G.M. Barbieri cita l’incipit di una canzone perduta (c115), anch’essa evidentemente di carattere cortese: «Totz aitals mi soi, com sueill, / francx e fis et amoros» (cfr. A. Mussafia, Uber die provenzalischen Lieder-Handschriften des Giovanni Maria Barbieri, Wien 1874, p. 223). Nôtredame, oltre ad attribuirgli un presunto trattato Contra los enjanayres d’Amour, rivolto ai poeti del suo tempo, riporta quattro versi di lode, scritti in realtà da lui, che Uc avrebbe composto per la regina Beatrice di Provenza, in ricompensa di un altrettanto fantasioso premio per l’eccellenza nel trobar (cfr. Jehan de Nostredame, Les vies cit., p. 90 e la nota degli editori, p. 328). (↑)
(13) Cfr. E. David, Hugues Péna cit., p. 573. (↑)
(14) Anche l’esordio della canzone III, Uns novels jois m’adutz, vv. 1-4, pare ispirato da un altro incipit trobadorico, Tostemps aug dir qu’us jois autre n’adutz di Peire Raimon de Tolosa (più che daDel bel dezir que joys novels m’adutz del contemporaneo Daude de Pradas, dato che sia III che II presentano alcuni altri punti di contatto con la lirica di Peire: si vedano le note ai vv. 6 e 29 rispettivamente). (↑)
(15) Per i riscontri si rinvia al commento. (↑)
(16) In particolare Bernart de Ventadorn (per I), Folquet de Marselha (I, III), Cadenet (I-II), Rigaut de Berbezilh (II), Falquet de Romans (II), Aimeric de Sarlat (II), Palais (II), Peire Raimon de Tolosa (II-III), Peire Vidal (III) e Perdigon (III). Non mancano inoltre significative consonanze tematiche tra Cora qe·m desplagues Amors e i vv. 1-8 di Gran esfort fai qui ama per amor del contemporaneo Sordel. (↑)
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Edizioni di riferimento degli autori citati.
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