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De Bartholomaeis, Vincenzo. Poesie provenzali storiche relative all'Italia. Volume primo con ventiquattro silografie. Roma: Tipografia del Senato, 1931

[CdT en procés d'incorporació]

290,001a- Luquet Gatelus

 

CLXII.

LUCHETTO GATTILUSI O LANFRANCO CIGALA

 

Testo secondo G. Bertoni, Trovad. d’Italia, p. 438 sg. 

CLXII. Il ms. r, dà il sirventese a Lanfranco Cigala (P. RAJNA, in Studi di Filolog. Rom., V, p. 48); a lo dà a Luchetto Gattilusi. Poiché r è poco esatto nelle attribuzioni (infatti intesta arbitrariamente a Gui d’Uissel una tenzone tra Aimeric de Peguilhan e Gaucelm Faidit, quantunque si chiamino l’un l’altro per nome), cosí l’attribuzione a L. C. si fa alquanto sospetta. E il BERTONI (Trovadd’Italia, p. 584), accetta senz’altro la paternità di L. G. Circa la data, il RAJNA, che non aveva davanti se non un frammento della composizione, la collocò tra il 1267 e il 1273 (op. cit., p. 34–5), supponendo che la «gran empreza» cui si accingeva il re non nominato fosse quella che sollecitò Baldovino II da Carlo d’Angiò nel 1267, cioè di restaurarlo sul trono di Costantinopoli, donde era stato deposto da Michele Paleologo, per la quale impresa Carlo sottoscrisse un trattato in Viterbo il 27 maggio del 1267. Io non colsi nel segno nel riferire la composizione del sirventese all’epoca dell’incoronazione di Manfredi in Palermo (v. La Poesia provenz. in Italia ne’ secoli XII e XIII, nel vol. Provenza e Italia, Firenze, Bemporad, 1930, p. 73)e nello scorgerelo Svevo nel destinatario di esso. Certo, il sirventese è un conselh a un sovrano, e noi sappiamo esser questo un genere di componimento inventato per far udire la voce dell’opinione pubblica al sovrano, in occasione della sua incoronazione (cf. i nn. XXXIII, LXXI). Ma il sovrano, nel caso attuale, non può essere Manfredi. Se l’emendamento proposto da A. JEANROY (in Ann. du Midi, XIII, 88) al v. 17 di «posta» in «Poilla», è giusta, secondo è sembrato al BERTONI (Trovad. d’Italia, p. 584) e secondo sembra anche a me («posta» infatti, non dà senso), ne viene che, al momento in cui il trovadore scrive, il re non ha ancora conquistato la Puglia. Ciò non poteva dirsi di Manfredi. Il re, tale di diritto, ma non ancora di fatto, non può essere quindi che Carlo d’Angiò, quale egli era tra il 6 gennaio 1266, nel qual giorno ebbe da parte del Pontefice l’investitura del Regno, e il giorno della battaglia di Benevento. La «grande impresa» pertanto è la conquista del Reame, alla quale Carlo si accingeva stando in Roma. E in Roma, forse non molto dopo la cerimonia dell’investitura, gli fu ricapitato questo sirventese, cosí grave di moniti. L’autore, chiunque egli sia stato, non si trovava in Roma, secondo che appare dalla tornada. 

 

[IMATGE: VOL 2 P. 227]

 

 

 

 

 

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