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De Bartholomaeis, Vincenzo. Poesie provenzali storiche relative all'Italia. Volume primo con ventiquattro silografie. Roma: Tipografia del Senato, 1931

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461,219- Anonyme

 

CLXXXIV.

IGNOTO

 

Testo di F (unico), secondo A. Tobler, in Sitzungsberichte dell’Accademia di Berlino, 25 marzo 1900, p. 238 sgg. 

CLXXXIV. È merito di ADOLFO TOBLER (op. e loc. cit.) di avere identificato l’«Infante» a cui è diretto questo sirventese con Federico d’Aragona, figlio di Pietro III e di Costanza di Sveʌia, e fratello minore di Giacomo I. Egli ravvicina a ciò che dice l’ignoto trovadore gli ammonimenti a’ principi di Aristotile (nel romanzo di Lambert) e di Egidio Colonna, e richiama alla memoria le parole dirette a Carlo II d’Angiò e al nostro stesso Federico da Dante (Convivio, IV, VI, sulla fine). Tutto ciò sta bene. Senonché i riscontri piú vicini vanno ricercati, a mio avviso, nella stessa lirica trobadorica. Il nostro è un conselh, ed ha per precedenti quelli di Rambaldo di Vaqueiras a Baldovino di Fiandra (n. XXXIII), di Falchetto di Romans a Federico II (n. LXXI) e di Luchetto Gattilusi a Carlo d’Angiò (n. CLXII). Il tono è lo stesso: il signore sia largo nel donare a chi lo aiuta, sia fiero co’ nemici e amorevole con gli amici. Non manca nemmeno la parola di prammatica «conseil». Ora simili «consigli» solevano mandarsi a’ principi nell’imminenza di importanti avvenimenti. E che tale sia il caso anche del consiglio presente, è detto chiaramente dall’autore, là dove parla di nemici e di guerra. Se a ciò si aggiunge la considerazione che Federico è chiamato semplicemente «Infante» (cosí è chiamato anche da’ cronisti che citiamo piú giú), mentre egli cinse la corona reale di Sicilia il 15 gennaio 1296 in Palermo, noi siamo condotti al periodo anteriore a questa data, precisamente a quello in cui il giovane principe, in Sicilia, si apparecchiava all’acquisto della corona dell’Isola e alla guerra contro Carlo II d’Angiò. È noto come Federico, venuto in Sicilia poco più che fanciullo (era nato nel 1272), dal 1291 abbia governato l’Isola in nome del fratello Giacomo, acquistandosi le simpatie di que’ patriotti Siciliani che speravano di mantenere gli intenti della rivoluzione del Vespro, senza metter giú la monarchia né la dinastia Aragonese, e come si siano accostati a lui allorché la politica incerta e perfida di Giacomo li ebbe rinsaldati nel proposito di farsi indipendenti. Dopo il voto unanime del Parlamento di Palermo, dell’11 dicembre 1295, in cui fu proclamato «signore» dell’Isola, Federico è gridato Re dall’assemblea della nazione, raccolta nel duomo di Catania il 15 gennaio 1296, poscia incoronato il 25 marzo in quella di Palermo (v. BARTOLOMEO DA NEOCASTRO, Hist. Sicula, p. 126 sgg.; NICOLA SPECIALE, Hist. Sicula, col. 961 sgg.; M. AMARI, La guerra del Vespro, capitolo XIV). Diremo che il «consiglio», anteriore senza dubbio a questa data, sia posteriore al tempo in cui gl’intenti del giovane all’acquisto del regno, malgrado le mene del fratello, della corte Angioina e di Bonifazio VIII, e a proseguire la guerra in Calabria, si furon fatti di ragion comune, e ciò nel 1295? La cosa è più che mai verisimile, dato il carattere e il tono della poesia e i precedenti, de’ quali toccai di sopra, di tal genere di componimento. Chi ne fu l’autore? Il TOBLER pensa ad un Catalano e ne scorge la conferma nell’imperfetto uso del provenzale. Sarà stato uno de’ cavalieri catalani viventi allora in Sicilia; e non sarebbe punto da maravigliarsi, a mio credere, se si trattasse di Ugo de Empurias, intorno al quale vedi il num. CLXXXV

 

 

 

 

 

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