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Squillacioti, Paolo. Le poesie di Folchetto di Marsiglia. Pisa: Pacini, 1999.
Nuova edizione riveduta e aggiornata per il "Corpus des Troubadours", 2009.
155,025- Folquet de Marselha
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Vermillon, clam vos faç d’un’ avol pega pemcha
Scheda metrica
[3:3] a12’ a12’ a12’ a12’ a12’ a12’ a: encha.
Estribot ( 1) di 6 alessandrini monorimi. Altri sette componimenti completano la scheda di Frank 1953-57: i sirventesi EvClerm 95,2 e DalfAuv 119,9, la treva GlTor 236,5a e il sirventese GlTor 236,11 attribuibile a Palais (cfr. Squillacioti 1992, pp. 206-207), la tenzone JacmGril-LanfrCig 258,1a-282,18a, la cobla Sord 437,37 e la canzone GlSt-Did 234,16 (XIII), indicata da Sakari 1961, pp. 117-19 come il modello del gruppo; questa canzone, dotata di notazione musicale (basti il rimando a Gennrich 1958-60, III, p. 96, n° 94), è «contemporaine, sinon antérieure, de la rédaction dodécasyllabique du Roman d’Alexandre» (p. 118). Sakari riconosce in GlSt-Did colui che ha creato «sinon l’alexandrin provençal tout court, au moins la première pièce lyrique basée sur lui» (pp. 118-19). Altre poesie in alessandrini monorima sono schedate da Frank 1953-57 ai n i 2 (5 vv. a rima femm.), 5 (8 vv. a rime masch.) e 10 (14 vv. a rime masch.).
I sei rimanti del testo folchettiano sono riutilizzati da BonCalvo nella canzone a coblas dissolutas 101,3 Er quan vei glassatz los rius (I) al 3° v. di ogni cobla: 3 trencha, 10 empeincha (sost.) 17 fencha (sost.), 24 teincha, 31 estencha ( 2). È da rilevare inoltre che in questo componimento, annoverato da Branciforti 1955 fra quelli che «si distinguono per la singolarità dei legami strofici e ritmici» (p. 69), i rimanti in -uecs siano tutti (con un’eccezione da discutere) ripresi da ArnDan 29,4 Er vei vermeills, vertz, blaus, blancs, gruocs (XIII), dove si trova in variante fonetica, come rima irrelata al 1° v. di ogni cobla: 1 gruocs (Bon Calvo 28 gruecs), 9 fuocs (7 fuecs), 15 luocs (21 luecs), 36 juocs (14 iuecs); quanto al rimante del v. 35 di BonCalvo, sulla scorta di ArnDan 23 enuocs si potrebbe emendare in enuecs ‘noia, fastidio’ la lezione huecs dei mss., corretta da M. Pelaez (GSLI, XXIX [1897], p. 321) e quindi da Branciforti 1955 e Horan 1966 in luecs, con la quale però si genera un mot tornat en rim difficilmente accettabile in questo testo.
Nota al testo
Il componimento è trascritto di séguito alla canzone FqMars 155,14 ( IV), dove ricorre in metafora il sintagma aut ram che in Vermillon diventerà un senhal (v. 4): «pero·l mals mi fora doussors, / sol l’aut ram a qu’era·m sui pres / mi plejes, merceian, Merces» (vv. 18-20) ( 3). Ho già avanzato l’ipotesi (cfr. Squillacioti 1992, p. 203) che il testo andasse posto in relazione col gruppo di coblas anonime e di frammenti di poesie note che il ms. colloca parte nelle ultime carte (cc. 107r-112v) ( 4), parte negli spazi bianchi prodotti sul verso delle carte in cui terminano i testi di un trovatore dall’uso di far cominciare una sezione sempre sul recto della carta ( 5). Tuttavia Bertoni attribuisce la copia della maggior parte di questi componimenti alla mano che ha copiato le prime 8 carte e la parte finale del ms., cc. 88-112 ( mano a) ( 6), mentre della vergatura del nostro testo è responsabile il copista ( mano b) attivo in quello che lo studioso ha definito «il corpo originale del ms., cioè le cc. 11ª-88ª» (Bertoni 1905, p. XVIII ). Nonostante ciò, ritengo che un rapporto con la sezione delle coblas esparsas ( 7) possa comunque sussistere, in considerazione del fatto che anche le coblas Anon 461,130 e 461,32 sono prima trascritte dalla mano b alle cc. 52v-53r come fossero le strofe finali di GcFaid 167,15 (LIII) e poi nel medesimo ordine dalla mano a a c. 117r ( çirardus in rubrica), nella sezione delle coblas ( 8).
In Q, come è noto, i testi sono vergati con ‘a capo’ alla fine di ogni verso: nel nostro testo il copista ha cambiato rigo dopo ogni emistichio, cosicché il verso termina ai righi pari della carta. Lo stesso succede nel ms. per un altro componimento in alessandrini, GlSt-Did 234,16 (XIII), trascritto a c. 41r-v, ma non per l’estribot Palais 315,5 (Ricketts 1986, p. 236), vergato a c. 112r da altra mano (cfr. Bertoni 1905, p. xviii): il copista se può trascrive l’intero v. sullo stesso rigo, a prezzo di fuoriuscire dallo specchio di scrittura, altrimenti va a capo con la parte eccedente e comincia il verso seguente al rigo ancora successivo.
A parte la rinuncia all’emendamento ni > ni·s (su cui si veda la nota 5 del Commento) le differenze con l’ed. Stroński sono minime: cfr. 2 degolad’ et e 3 vanad’ e (e in luogo di et del ms. è già in Zingarelli 1896).
Note
(1) Accetto la definizione di Vatteroni 1990 e rimando al Commento per specificazioni ulteriori. (↑)
(2) Dipende da un errore nella scheda 875:6 di Frank 1953-57 l’indicazione di Beltrami-Vatteroni 1988-94, I, p. 59 che la rima encha ricorre solo nel testo folchettiano. (↑)
(3) Primo a segnalare il legame è stato De Lollis 1897, pp. 131-32, che ne ha fatto un indizio, accanto al metro del testo, per dubitare dell’«attribuzione del non troppo autorevole manoscritto». (↑)
(4) La serie è intervallata dalla vergatura completa di otto canzoni (cc. 109r-112r), di cui sette attribuite a çirardus, cioè GrBorn, ma appartenenti a trovatori differenti: ArnMar 30,4, PoChapt 375,20, ArnMar 30,17 e 30,23 (quest’ultimo senza rubrica) GlCapest 213,6, ElBarj 132,7, GlCapest 213,5 e 213,3; integrale è anche la canzone oitanica Canque nuls hom pardure d(e) partie (c. 112v), anch’essa attribuita a çirardus, ma in realtà del troviere Hughes de Bregi (R1126 e n° 117,7 di Linker 1979), attestata anche nel canzoniere provenzale O (c. 54). Ad essa segue la cobla anonima 461,175 che va identificata con la prima stanza della canzone N’est pas a soi qui aimme coralment di Gace Brulé (R653 e n° 65,53 di Linker 1979; ed. Rosemberg-Danon 1985, p. 244): la II strofa di un altro testo del troviere, Bien cuidai toute ma vie (R1232 e 65,11; ed. Rosemberg-Danon 1985, p. 150), si trova più sopra a c. 107v. (↑)
(5) Il procedimento è descritto da Bertoni 1905, pp. xviii-xix; in dettaglio: ai testi di FqMars (c. 24r) segue la tenzone PrevVal-SavMaul 384,1-432,32 e, a chiudere la c. 24v, la cobla Anon 461,20 (unicum di Q); dopo l’ultimo testo di GuiUss (194,7) a c. 36v seguono le coblas Anon 461,95 461,250 461,154 461,98, quindi la raccolta di Uc Brunec a c. 37r; questa si compone di tre testi (UcBrun 450,4 450,7 e 450,2) cui segue la tenzone Uc-DalfAuv 448,1-119,1 e la prima strofa di UcSt-C 457,22, tràdita in forma anonima a c. 38v: segue la sezione di ArnDan a c. 39r; alla fine di questa (c. 40v) sono vergate nell’ordine la II strofa e la tornada UcSt-C 457,22, e le coblas Anon 461,245 (unicum di Q) e 461,84 (Q e T, che l’inserisce fra i testi di PCard): a c. 41r iniziano le poesie di GlSt-Did; a queste seguono la tenzone RbVaq-Ademar de Poitiers-Perd 392,15-4,1-370,12a e a c. 42v le coblas Anon 461,90 (GQ) 461,58 e 461,24 (unica di Q), la cobla GlMagr 223,6 (FJQT) e la tenzone AlYs-Carensa 12,1-108,1 (unicum di Q); a c. 43r di apre la sezione di RicBarb, che si chiude a 50v lasciando alcune righe bianche, in séguito riempite da una strofa FqRom 156,11 (= Anon 461,49); infine, alla c. 80r-v, dopo l’ultimo testo di Peirol (366,31) si leggono tre poesie senza rubrica: RbVaq 392,26, PRmToul 355,5, ArnTint 34,2: a c. 81r inizia la serie di GrBorn (la quarta strofa di RbVaq 392,26 si trova, richiamata da una croce, in calce alla prima col. di c. 79v). (↑)
(6) Per Bertoni 1905, p. xix appartengono a quattro diverse mani la strofa di FqRom 156,11 (c. 50v), la canz. (tenzone per Bertoni) RbVaq 392,26 (c. 80r), la coppia PRmToul 355,2 e ArnTint 34,2 e le due preghiere Anon 461,185 O re del ciel (c. 66v, dopo l’ultimo testo di ArnMar 30,16 [rubr.: Raimôdus], prima dell’inizio di PVid a c. 67r) e Deus propicius (c. 76v, dopo l’ultimo testo di PVid 364,22, prima dell’inizio di Peirol a c. 77r). (↑)
(7) Su cui Meneghetti 1989, pp. 865-66 che accosta le sezioni di coblas (presenti anche nei mss. GJPT) ai florilegi veri e propri; l’idea è poi sviluppata con ampiezza in Meneghetti 1991, pp. 41-51. (↑)
(8) Quella qui esposta è una mera ipotesi di lavoro, bisognosa di conferme e certamente passibile di revisione dopo una nuova analisi del canz. Q che, a differenza di quella di Bertoni 1905, parta dalla valutazione della fascicolazione del codice, secondo una prassi ormai consolidata nella ‘filologia del codice’ trobadorica: cfr. V. Bertolucci Pizzorusso, Filologia del codice e filologia del testo, in Atti del XXI Congresso internazionale di linguistica e filologia romanza, Palermo 18-24 settembre 1995, a c. G. Ruffino, Tübingen, Niemeyer 1998, vol. VI, pp. 797-801. (↑)
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