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Capusso, Maria Grazia. L' "exposition" di Guiraut Riquier sulla canzone di Guiraut de Calanson "Celeis cui am de cor e de saber". Pisa: Pacini, 1989.

248,VI- Guiraut Riquier

 

Als subtils aprimatz
Schema metrico: Frank, II, p. 203 e p. 80 n. VI («vers de 6 syll., distiques à rimes plates»). 
 
E nos, devem, ses esser greu
Schema metrico: 36 vv., distici di octosyllabes a rima baciata (non repertoriato in FRANK).

 

NOTA AI TESTI

a) Criteri di edizione
L'unicità di testimone (1) per l'uno e l'altro componimento non poteva che imporre un atteggiamento conservativo e interpretativo (agevolato, per il primo aspetto, dalle buone condizioni codicologiche e paleografiche dei testi in questione): gli avvertimenti che seguono risultano quindi ampiamente scontati per questo tipo di operazioni.
Scioglimento delle abbreviature: la loro omogenea coerenza all'uso standard dell'epoca e dell'ambiente scrittorio non crea che pochissimi problemi di cui si discorre via via in nota. La nota tironiana è stata sciolta in e davanti a consonante, et davanti a vocale; la sigla abbreviativa del nome proprio di Riquier e Calanson (.Gr.) è stata sciolta Guirautz/Guiraut basandosi sulle ricorrenze per esteso all'interno del corpus poetico del nostro autore; si mantengono immutate le cifre numeriche a causa di possibili polivalenze (cf. ad es. n. 524).
Maiuscole, punteggiatura, divisione delle parole e distinzione u/v: ci si attiene alla moderna prassi editoriale.
Si è provveduto ad uniformare n a m davanti a consonante labiale nei pochi casi necessari (cf. nota n. 86 all'ed.).
Per quanto attiene alla distinzione i/j, la soluzione più equa è parsa quella di uniformare j a i eccetto i casi (sia a inizio che a interno di parola) per i quali è indiscutibile il suo valore consonantico (e cioè di affricata palatale sonora).
Integrazioni (limitate allo stretto indispensabile): fra parentesi quadre. In apparato fra parentesi tonde figurano lettere derivanti da scioglimento delle abbreviazioni. Avvertiamo infine che in corsivo sono stampati i versi della canzone di Guiraut de Calanson, che in R compaiono scritti con inchiostro rosso (da Pfaff stampati in spaziato); per i risvolti interpretativi (sia pure di limitata portata) cf. la nostra Introduz., n. 14 e Appendice, 1.
 
b) Assetto grafico e linguistico
Anche qui trovano conferma i dati emersi dalle analisi dedicate (in epoche diverse) ad altre più o meno estese porzioni del codice R (2) e che ci è sembrato superfluo ripetere per esteso. Gli elementi più caratterizzanti possono risultare i seguenti: per quanto attiene al vocalismo, la frequente dittongazione di Ę ed O (aperte e toniche) in presenza di -U o di palatale seguente, del tipo Dieu (v. 31 e passim), ieu (32 e passim), vielh (441) e (meno costantemente) vuelh (v. 60 e passim), Puey (191), ecc., oppure l'esito -I(V)U> ieu (v. 56 pessieus, v. 705 vieu< VIVIT e cf. in rima 431:432 estieu:brieu, ecc.), infine la ulteriore chiusura di O chiusa in u, in posizione sia tonica che atona, per suoni (soprattutto palatali) adiacenti (es.: v. 688 punhs / ponhs 663 e passim). Circa il consonantismo, basterà rilevare il tendenziale mantenimento della velare iniziale seguita da A (camjet, cai, cauza, ecc.), la normale assibilazione di CE, CI con prevalenza della grafia fonetica (del tipo sel v. 8 e passim, seluy v. 301, sels-selas v. 304, ecc.), nonché la palatalizzazione «meridionale» della laterale originariamente geminata (-LL-, non solo intervocalica ma anche finale romanza: cf. ai vv. 11 falhir, 309 metalh, e soprattutto in rima a 303:304 aurelhas:selas): questi e altri fatti di una certa rilevanza (come il trattamento dei nessi) vengono regolarmente segnalati in nota.
Passando ora a quella che risulta la più appariscente caratteristica del nostro testo sotto il profilo morfologico, e cioè la tendenziale inosservanza della declinazione bicasuale a.prov., risulta anche troppo facile (sia pure in teoria) sgravare da ogni responsabilità in merito l'autore (certo un doctor de trobar quale Riquier era competentemente addottrinato anche sotto lo specifico profilo grammaticale) di contro al copista: scorrettezze di questo tipo sono infatti abbastanza comuni in R (3), e per quanto riguarda il corpus del narbonese è subito possibile un raffronto istruttivo almeno per quanto ci è conservato in contemporanea da R e dall'assai più diligente C.
Ritornando ai nostri testi, le deviazioni dalla norma risultano assai scarse in sede di rima: fanno eccezione le coppie di vv. 105:106 (declaramens:entendemens), 155:156 (esperital:amor carnal), 350:351 (acabamen:plazen) e 377-378 (menan:tenen), rispettivamente Obl. Sg. Masch., Nom. Sg. Femm., Masch.-Femm. e Masch., circa le quali converrà precisare che quanto si prospettava come il più banale degli interventi regolarizzatori (doppie aggiunte o soppressioni di -s) è stato frenato da una più attenta considerazione delle complicanze contestuali già evidenti in almeno due degli esempi citati (per cui si rimanda alle note 154-156 e 377-378). I fenomeni che essi permettono di constatare sono, in sostanza, la ricorrenza dei sintagmi «misti» (formati cioè da elementi che pur morfonominalmente paritetici ricevono un trattamento differenziato dal punto di vista del marchio declinazionale) e, per le voci a uscita in dentale (al posto della corrispondente affricata), il sospetto latente di limosinismi (che apparirebbero giustificati per l'epoca e l'ambito del codice, ma che certo non possono far escludere a priori più triviali intemperanze scrittorie) (4). In ogni caso, l'inopportunità di trattare separatamente forme in rima (per cui si è constatata l'illusoria semplicità del restauro) e a interno di verso (dove più numerose permangono le anomalie sotto questo punto di vista) non poteva che indurre a due soluzioni opposte: o normalizzazione integrale (a nostro parere aleatoria sotto vari aspetti, e soprattutto tenendo conto della difficoltà di discriminare le irregolarità «certe» da quelle «possibili») (5), o il qui attuato opposto conservatorismo, forse eccessivamente prudenziale e giustificato in primis dalla volontà di mantenersi aderenti alla facies dell'unico manoscritto.
Sebbene molte di queste irregolarità finiscano per rivelarsi almeno dubbie se non apparenti, date le molteplici spiegazioni (via via grafiche, morfologiche, ecc.) per esse proponibili (e si rimanda a tale scopo alle note), resta in ogni caso un gruppo abbastanza nutrito di irriducibili deviazioni da quella che risulta la pur elastica norma flessionale dell'a.prov., di cui è sembrato utile fornire qui di seguito un elenco (comprendente, come esplicita la sigla canz. = canzone, anche vocaboli originariamente calansoniani costituenti farciture della Exposition, seguiti fra parentesi da successive eventuali ricitazioni se divergenti; quasi tutte tali forme «erronee» o comunque problematiche vengono parimenti discusse nelle nostre note all'edizione).

Quadro delle irregolarità morfo-nominali

Maschili

a. Nom. Sg. asigmatico: 58 Dieu, 97-98-506 segon, 99 premier, 161 nulh, 250 semblan, canz. 13 ausberc, 299 colp, 308 assier, 309 metalh, 350 acabamen (:plazen), 377 menan: 378 plom tenen, 441 vielh, 456 be, 517 perilh, canz. 42 solelh (cf. Appendice, n. 12), 814 aur, Test., 19 lonc, 30 sagel;

b. Obl. Sg. sigmatico: 105-106 declaramens:entendemens, canz. 2 senhors, 444 degus, Test., 9 cascus;

c. Nom. Pl. sigmatico: 149 mazans, 600 boals (: cortals Obl. Pl.);

d. Obl. Pl. asigmatico: 141 paren, 507 umil, 675 ponh.

Femminili

I) classe: unica forma notevole risulterebbe canz. 2 donas (Nom. Sg.), ma cf. quanto osservato in App. 1, n. 13;

II) classe, a. Nom. Sg. asigmatico: Rubr. Exposit[i]on, 124 celestïal, 135 greu, 155:156 esperital:amor carnal, 236-291-298-375-404-522-531-877 amor (cf. n. al testo 154), 351 plazen, canz. 41 mar, canz. 54 valor;
b. Obl. Sg. sigmatico: canz. 7 razos (/razo 232: cf. App., n. 13), 256 amors.

 

Addenda:

Per tutta questa parte (e per le note al testo che ad essa si collegano) soccorre ora l'ampia analisi di F. ZUFFEREY, Recherches linguistiques sur les chansonniers provençaux, Genève, 1987 (a pp. 105-133 per quanto attiene al codice R, con rimando a tutti i principali contributi sull'argomento); v. anche M. PFISTER, Sprachliches und Lexikalisches zu Guiraut Riquier und zur Troubadour Handschrift R, in «Zeitschrift für romanische Philologie» 104 (1988), 1/2, pp. 103-111 (l'occasione del suddetto contributo è data dall'edizione Linskill delle epistole di Riquier, per cui v. infra; l'utile incremento dato ib. al lessico non lirico del nostro autore non comprende però vocaboli tratti da Exp. e Test.).

 

Note

(1) Caso frequente, anzi «quasi normale» a livello medievale romanzo: cf. AVALLE, Principi, cit., p. 25, e la messa a punto della vasta gamma di scelte che si presentano all'editore (dalla riproduzione fototipica all'edizione diplomatica o semidiplomatica, fino a quella più responsabilmente interpretativo-critica) di E. FARAL, À propos de l'édition des textes anciens: le cas du manuscrit unique, in «Recueil [...] Brunel», I, pp. 409-21; inoltre A. RONCAGLIA, Principi e applicazioni di critica testuale, Roma, 1975, p. 81 (dove si rileva l'evidenza di «tutta una serie di problemi [...] comuni» alle edizioni propriamente «critiche», basate, cioè, su più testimoni, e a quelle «interpretative» del codex unicus). Invitano a un pur moderato ottimismo, infine, le considerazioni di S. MARIOTTI, «Codex unicus» e editori sfortunati, in «Studi Urbinati», a. XLV, N. S. B n. 1-2, 1971, pp. 837-840 («all'editore deve importare soltanto la maggiore o minore bontà [...] della tradizione con cui ha a che fare, qualunque sia il numero dei codici, cioè la sua maggiore o minore presumibile corrispondenza all'originale»): da questo punto di vista la nostra specifica situazione può definirsi abbastanza confortante, per quanto è dato di sapere circa la costituzione e la trasmissione del «libro» di Guiraut Riquier (BERTOLUCCI, Il « Libro»). ()

(2) Rimandiamo, per la lingua di R, agli spogli di Bernhardt nell'Intr. a N'At de Mons, pp. XXV ss. e di Guida in Gavaudan, p. 127-9: molti dei tratti ivi elencati si prospettano comuni ad altre sillogi provenienti dalla medesima area (e in particolare C: v. il confronto ragionato in Gavaudan, pp. 123 ss., con rimando ai precedenti contributi di MONFRIN e TAVERA, Graphies). L'uniformità della scripta occitana «centrale», tra Rouergue-Albigeois-Quercy, è stata constatata da M. PFISTER, La localisation d'une scripta littéraire en ancien occitan, in «Travaux de linguistique et de littérature» publiés par le Centre de Philologie et de Littératures romanes de l'Université de Strasbourg, X, 1, 1972, pp. 253-291 (partic. a pp. 276-279: «Un scribe du XIVe siècle dépend beaucoup plus de cette unité linguistique et graphique plus grande que de sa chancellerie locale»). ()

(3) Non molte le indicazioni reperibili in N'At de Mons, pp. XXXVII ss. (in Gavaudan, p. 140 si rimanda alle note al testo). In effetti sotto il comune denominatore (peraltro generico) di «irregolarità» vengono a confluire serie di fenomeni alquanto eterogenei, che meriterebbero distinta considerazione. Al livello più esterno (e, quindi, senza una vera e propria patente di «errore») si collocano i fatti che solo un'interpretazione troppo restrittiva della grammatica può indurre a definire abnormi, poiché circolanti (sia pure in varia misura a seconda dell'epoca e delle aree, ecc.) nei testi a.prov.: v. anzitutto la tendenziale generalizzazione della -s a tutti i Nom. Sg. Masch. (tale estensione analogica è ben documentata nell'Exp.: cf. 440 paubres, 454 amaires, 586-589 barris, 638 agradatjes, 797 blasmes, 889-890 emperis, regnes-dignes, ecc., con pochissime eccezioni). Si può definire tipica dell'a.prov. in genere anche l'oscillazione riscontrabile all'interno di determinate situazioni morfo-sintattiche (costrutti impersonali, dipendenza da neutri, ecc.: cf. Exp., Rubr. «So es l'Exposit[i]on», ma a v. 287 «so es l'entendemens», ecc.); non è pertanto sembrato lecito porre un discriminante fra scelta «corretta» e «scorretta».
Altri fenomeni risultano più specificamente caratteristici del cosiddetto «collasso» del sistema bicausale a. prov., a cui cooperano fattori svariati (cf. l'utile messa a punto di JENSEN, pp. 123 ss.): potrebbero essere addebitati a questi ultimi alcune costanti specifiche dell'Exp., come la tendenziale asigmaticità delle uscite in consonante palatale (soprattutto -lh: cf. nota all'ed. n. 440-441), l'accostamento a determinanti privi di -s (soprattutto dimostrativi) di determinati indebitamente amputati del marchio morfemico (sintagma tipico: est'amor Nom. Sg., se già non operava il richiamo analogico della Ia classe dei Femm. a finale vocalica), e forse la frequente comparsa dell'Obl. al posto del Nom. quando il soggetto si trova posposto al verbo (il confronto può partire da canz., vv. 26, 34, 37 in identica dipendenza dall'impersonale 'c'è'). ()

(4) Alla delucidazione dell'isoglossa ha provveduto M. Perugi in ADaniel II, pp. 737 ss. (rilevando fra l'altro, e il caso specifico del suddetto trovatore può assumere valore paradigmatico, la scarsità di documentazione obiettivamente valida al riguardo, «non potendosi nella maggior parte dei casi decidere tra fonetismo limosino o, più modestamente, possibilità di un deterioramento precoce della declinazione bicasuale»: su quest'ultimo aspetto cf. anche i cenni di JENSEN, p. 126). Per quanto attiene all'Exp., forse degni di considerazione alcuni rapprochements tz:t in sede di rima (vv. 466-467, su cui cf. nota, e 696-697; inoltre canz., 8 ed Exp., v. 214 su cui v. Intr., n. 13); altrove è comune -t per -tz, in rima e fuori rima (es. a vv. 625-626: «aquel peyros bastit / gent ornat et aizit»). Desterebbero maggior interesse eventuali ipercorrettismi (ma poco probanti contesti del tipo di vv. 148-149: «[...] plaitz et asizas / e guerras e mazans», dove è certo più facile supporre che i Nom. Pl. Masch. in -s risentano dell'attrazione esercitata dagli adiacenti sostantivi Femm., se non si tratta di una precoce estensione della forma propria dell'Obl. al caso Nom.: rimandiamo ancora a JENSEN, p. 133 e passim, e per contesti assimilabili al predetto cf. nostre note n. 132-135 e 599-600). ()

(5) A prova dell'ardua razionalizzazione di un tale accumulo di tendenze (non sempre convergenti verso l'evasione dalla norma: emblematici, anzi, i casi di difficile bilanciamento tra regolarità e irregolarità) abbiamo estrapolato quelli che ci sono sembrati gli esempi più indicativi. Exp., vv. 308-309: «assier es / pus fortz metalh que sia» (sintagma misto, ma per -tz v. qui sopra; -lh per -ls come altrove nell'Exp., v. n. 3); vv. 636-7 «Aquel peiro s'enten / qu'es d'aquels dos coratjes» (anticipazione del soggetto della completiva, su cui cf. n. 668, composizione sintagmatica con aquel, originaria asigmaticità del derivato di lat. PETRO), vv. 696-7 «e pus lo trasgitat / aquel es, so sapchatz, / sels en que [...]» (l'alternanza trasgitat-aquel-sels in dipendenza da veyre ricorrente, in qualità di Obl. Sg., a v. 694, va da un'uscita «limosina» ad un possibilissimo rifacimento analogico del dimostrativo da ECCE ILLE), Test., vv. 19 («tan n'a lonc espazi avut»: posto il più probabile valore impersonale da assegnare al costrutto verbale, su cui cf. nota relativa, e la possibile sussistenza del Nom. Sg. espazi, privo cioè del marchio di -s in quanto originario «neutro» a finale vocalica, difficilmente giustificabile appare, almeno a nostro giudizio, l'attributo lonc che tuttavia pone ancora una volta il problema di quale risulti il più corretto trattamento di sintagmi di questo tipo) e 29-30 («e mandam que·y sia pauzatz / nostre sagel»: l'adiacenza di attributo a finale vocalica, e la posposizione del soggetto al verbo, rendono meno sicura la catalogazione di sagel fra gli «errori»: in questo caso, i Nom. Sg. asigmatici). ()

 

 

 

 

 

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