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Del Monte, Alberto. Peire d'Alvernha, Liriche. Torino: Loescher-Chiantore, 1955.

323,009- Peire d'Alvernha

4. Cioè: durante la quale la pioggia cade sempre, ma variamente, dal diluvio al gocciolio. ZENKER: welche hageln und regnen und herabtropfen lässt.
 
6. Cfr. nota a III, 42.
Questo rinnovellarsi della natura e dell’animo è tema frequente nei trovatori.
 
8. Cè ipermetro; quindi ZENKER emendava: aisso que dins. Un’immagine simile in IV, 2.
 
10. Cè ipermetro. ZENKER correggeva: proeza, cossi·us.
 
11. de tort en travers: ZENKER = in tutti i sensi; ch’è il senso dell’altra espressione de dreit en travers (cfr. SW, s. v. travers). Qui non s’indicano più direzioni, ma una sola rafforzata: per vie bistorte.
 
12. È preferibile la lezione di zm, ignorata dallo ZENKER.
 
14. ZENKER: ban (?) = verfolgt.
 
15. ZENKER: confundat (?) = zu Grunde gerichtet.
 
16. ZENKER: que = derart, dass. Par preferibile intenderlo come pronome e riferirlo a gens.
descapdelha: ZENKER = priva di guida; ch’è anche il significato dato da Levy, Pet. Dict., s. v. Ma capdelhar significa «innalzare»; onde descapdelhar «abbassare, abbattere, rovesciare»:
 
17. estiers è qui adoperato nel senso di «altrui» come spesso alhors (SW, s. v.); cfr. RAIMON DE MIRAVAL, ed. Kolsen (Beiträge zur apr. Lyrik, Firenze, 1939), 27, 30. Per altri: cioè, per i posteri. ZENKER: altrimenti; commentando: mit Beziehung auf das folgende: wenn ich nicht schelte. Ma non persuade. Per greu m’es e l’indicativo, cfr. BERNART DE VENTADORN, ed. Appel, 37, 27-28.
 
19. Et: con valore avversativo.
 
20. no·m val ges una mora: cfr. GIRAUT DE BORNELH, ed. Kolsen, 39- 65.
 
21-24. ZENKER dichiarava il passo inintelligibile. KOLSEN: vv. 23-24: und führ hin ist der Krager (gibt es den Kr.) so eng gemacht, damit er ihm (dem Besitzer) da nichts (Gutes) herauskommen lasse; d. h. dem Träger eines so engen Kleidungsstückes sieht man es man, dass er era knauser ist. Ma non si capisce come dal collo di un vestito esca o meno un Bene. Intendo: ciascuno veste una tunica succinta (per impudicizia), lacerata dal vizio, e con un collo così stretto (per avarizia) che non lascia uscir fuori neanche la testa (cioè che reprime ogni saggezza). Insomma l’impudicizia, l’avarizia, l’abbrutimento, sono simboleggiati da questa tunica corta e stracciata con un collo così stretto che la testa di chi l’indossa rimane insaccata.
 
21. gonelha: LEVY, Pet. Dict., sorte de tunique de dessus; JAUFRE, ed. Brunel, gloss., tunique de dessus.
 
24. espelha: da espelir = lasciar uscire.
 
25-26. Si può anche intendere: S’als malvatz no fos tan grans guaucx-avoleza, ia no·n (zm non) fora = Se la cattiveria non fosse così grande gioia ai malvagi, non ve ne sarebbe.
 
27-32. Per lo ZENKER questi versi rimangono indecifrabili.
 
27. Manca d’una sillaba. L’emendamento adubertz (z aubertz) è dovuto al KOLSEN. ZENKER, invece: et es aitant ubertz lo traucs.
 
28-29. Come dire: semina nel deserto o sugli scogli, cioè s’affatica invano, parla ed esorta inutilmente. Il poeta ha già detto che non gli val nulla il divenir rauco per il troppo rimproverare e dirà poi che è uno sciocco chi vuole soccorrere coloro che non l’hanno chiamato.
 
29. Sil cui iais cors: KOLSEN: man mutlos (das der, dem das Herz daliegt). Ma non si riesce a discernervi un significato. Chi è scoraggiato? E, se è tale, che significa che lavora sulle rocce? Si potrebbe intendere: chi non lavora con coraggio, lavora invano, quindi occorre aver coraggio per opporsi alla Malvagità. Ora, l’esortazione, non potendo essere riferita ai malvagi, dovrebbe esserlo all’altro personaggio, al poeta stesso, che si oppone loro. Ma non ha egli detto d’aver la voce rauca per il suo vano esortare? E non è il sirventese pieno di pessimismo?
iais cors= iais [es] cors, con l’ellissi del verbo. Si sa ch’è frequente l’uso di cor < *corem per distinguerlo da cors < corpus; ma ch’è altrettanto comune la forma cors = cuore. La gioia è contrapposta anche qui, come in Bel m’es quan, al vizio.
 
31. escantir è usato intransitivamente.
 
32. Il MONTEVERDI definisce incomprensibili le lezioni sia di C sia di zm. KOLSEN: tan los ra·lh mezelha = so sehr sie (von raire) die Aussatzige (die Schechtigkeit); ma dubitosamente e, si dica pure, quando si violenta il testo in tal modo, si potrebbe anche cavarne una lezione più accettabile! Io mantengo la lezione di C rascizelha, scomponendola in rasca e iselha (da iselhar, eiselhar): Per questo, col significato qui datogli, cfr. APPEL, Chrest., 5, 59.
ZENKER: ... fals e faj filh... = Diese bösen, verkehrten, falschen und thörichten Söhne gemeinen Väter.
 
35. sebenc: cfr. GAVAUDAN, ed. Jeanroy, 3, 36; PEIRE VIDAL, ed. Anglade, 15, 63. KOLSEN: felo embrosit, benc mal fait; ma l’emendamento è assolutamente gratuito.
 
37. ZENKER: malauros’ escudelha; BERTONI: malauros, paubr’ escudelha. L’emendamento qui adottato è del KOLSEN.
 
39. Cioè: dass sich das Uebel immer weiter verbreite (KOLSEN).
 
42. aires: ZENKER: Wesen.
 
44. ZENKER: pros es e (C).
 
45-48. KOLSEN: denn wenn er sich bemüht und sich, falls das sein musste, (gegen die Schechtigkeit) auflehnt, wird er wohl ebenso schnell wacker sein, wie gemeine Schurken, wenn das nicht geschähe, von übler Art. Interpretazione libera quanto involuta e non persuasiva.
 
45. revelha: non «risveglia» (ZENKER) ma «ribella» (KOLSEN), perché la e è aperta (cfr. anche SW., s. v.).
 
46. Si può anche intendere: se deve accadere.
 
47-48. ZENKER: tüchtig sein ein schlechter gemeinen Mensch, würde er nicht schlechte Gewohneiten haben (e in nota: wäre ihm nicht, die schlechte Gewohneit hinderlich). Ma era dubbioso. Infatti sarebbe sintatticamente assai libero.
 
50 ss. BERTONI emenda in -anca la rima -oncas.
 
51. BERTONI: ben si para.
 
52. BERTONI: non bronca. Il poeta si rivolge a se stesso come a un interlocutore: anche se tu non ne parli con la voce ormai divenuta roca e incerta, dicendo cose inutili e incoerenti.
 
54 ss. KOLSEN emenda la rima -elh in -ilh.
 
55. KOLSEN: on en autrui cesilh.
 
57-58. Il v. 58 è corrotto e mutilo in entrambi i mss. BERTONI: P. d’ A. non qeraqi a coindes vers s’abronca. Più cauto, KOLSEN: motz qeraq’il acomta vos a concas. Il MONTEVERDI è insoddisfatto di entrambi gli emendamenti, e non a torto, benché restituire la lezione originale sia impresa disperata: tuttavia occorre limitare quanto più possibile l’arbitrio del critico. Ora zm danno concordemente questi elementi: qi a... us aconcas (m adoncas errore flagrante). Questi elementi debbono esser lasciati intatti. Mancano tre sillabe, due delle quali son date dal comtos (qiacomtos) del solo z. Non violentando la lezione dei mss., come fanno il Kolsen e di più il Bertoni, si può tuttavia supporre l’erroneo trapasso, paleograficamente più che giustificato, di m in in e di os in es nella lezione data dal solo z, mantenendo invece gli altri elementi offerti da entrambi i mss. acoint = fa conoscere, denuncia, infama; a concas = a conche intere, cioè in gran quantità.
 
59. lo: il mot.
 
62. BERTONI: de totz e l’art e l’apareil. KOLSEN: qi qe de tort en larc perilh. Indubbiamente preferibile la lezione del Bertoni. Ma anche qui si preferisce lasciare la lezione dei mss. (z) detorz (da detorser) = spiego, metto in mostra.
 
63. Cfr. MARCABRU, ed. Roncaglia (C. N., 11, 7): mot de roïll.
 
64. BERTONI: sabre dolat. Cioè: troppo liscio, facile, aggraziato. Cfr. ARNAUT DANIEL, ed. Lavaud, 10, 2.
 
65-66. on plus... on mais: cfr. nota a X, 25-26.
 
66. Cfr. nota a XII, 81. La lezione di C manca di una sillaba.
Emendando, ZENKER: fe que vos deg mais plazon ilh.

 

 

 

 

 

 

 

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