4. tener per, t. a (v. 10) « considerare come, stimare per ecc. »; cfr. Appel, Chrest. 6, Gloss. Fuori della traduzione letterale, un significato più comprensivo del passo, può essere il seguente: « Quando uno ... deve essere più guardingo verso di lui che verso un altro ecc... ».
5. qui « si quis » condizionale. Su questa costruzione, molto frequente in prov. e ant. fr., cfr. Diez, Gramm., trad. Franç., III, 354; Tobler, Verm. Beitr., 99.
12. de, come anche al v. 23, nel senso del latino de con l'ablativo « intorno a, quanto a ecc. », v. E. Köcher, Beitrag zum Gebrauch der Präpostion « De » im Provenz. (dissert. dottorale), Marburg, 1888, pp. 35-37; Diez, Gramm., II, 449; Stimming, Bertr. de Born, p. 236, nota a IV, 1 e Jeanroy-S. de Grave, Uc de S. Circ, p. 181, n. 10.
17. malvatz seingnor avar. È il tradizionale linguaggio dei trovadori per designare la « cattiva dama ». Su queste metafore improntate al servizio feudale, cfr., più innanzi, la nota 1-10 del n. V.
27. ni mielz sapcha rire (poesia V, 49: gen rire). Il motivo del sorriso femminile troviamo specialmente sviluppato in un trovadore italiano, Lanfranco Cigala, che scrisse sul riso versi pieni di grazia, e ci ha dato su questo tema un garbato componimento: Un avinen ris vi l’autrier (ed. Appel, Prov. Ined., 186; Bertoni, I trov. d'It., n. XXXVI). Questo tema è anche il motivo d'una sua tenzone con Rubaut. (cfr. Bert. I trov., testo, n. LIX).
36. chausiment. Su l'evoluzione semantica di questa parola, cfr. Jeanroy-S. De Grave, Uc de S. Circ, p. 181, n. 22. |