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Blasi, Ferruccio. Le poesie di Guilhem de la Tor. Genève - Firenze: Leo S. Olschki S. A. - Leo S. Olschki, 1934.

236,009- Guilhem de la Tor

3. partir: spezzarsi, scoppiare; così in Guill. de Poit. « Per pauc no m'es lo cor partitz — D'un dol coran » (ediz. Jeanroy, IV, 15), così tradotto: « Peu s'en faut que mon cœur n'éclate », cfr. anche Levy, S. W. VI, 103.
 
5. È da preferirsi la lezione di F., l'unica che dia, a mio parere, un senso compiuto e adeguato a tutta l'espressione della I strofa.
 
6. Si hanno esempi del verbo retraire con questo significato di « raccontare », « descrivere », « dire » ecc., anche in antico italiano. V. in Guittone : « E potendo retraire più brevemente il longo dire » (lett. III) e in Dante: « Io non posso ritrar di tutti appieno » (Inf. IV, v. 145); cfr. Voc. della Crusca, IV, 244, 3.
 
12-13. cfr. Rayn. Lex., IV, 389.
 
17. vegn' al plazer « pervenga al piacere » così alla lettera; meglio si rende l'idea, traducendo « finchè non si giunga ad ottenere ciò che si desidera, cioè, non si arrivi al compimento dei propri voti ». Kolsen: « bis man Freude erlangt ».
 
18-19. Questo motivo, che si sviluppa ancora nei vv. 22-24, affiora più d'una volta nelle poesie di G. de la Tor, e lo ritroviamo qnasi eguale (VIII, 68-71) : esso è della più pura poesia cortese, e già il Kolsen rimandava ai sgg. versi di B. de Ventadorn (ediz. Appel, XXV, 33):
 
     Tan n'ai de pesansa
que totz m'en desconort;
     mas no·n fatz semblansa,
c'ades chant e deport
 
e di G. de Bornelh (ediz. Kolsen, XXIII, 81):
 
          Merce
     no·lh deman,
mas vauc m'alegran
c'om no conogues
     in saubes,
          l'afan
 
20. loc nella poesia cortese serve a designare la donna amata. Su l'uso di questa metafora, cfr. Stoessel, Bilder und Vergleiche der altprovenz. Lyrik, op. cit., 26 e Coulet, Montanh., p. 127, n. 33.
 
26-27. cfr. Levy, S. W. VIII, 641.
 
29-30. Nota qui come altrove il bisticcio delle parole, l'alliterazione e il carattere artificioso della poesia, dato sopratutto dalla ripetizione, in rima o nel verso, di parole della stessa radice, caratteristica nelle coblas refranchas; cfr. Coulet, Montanhagol, p. 65, n. 1.
 
31. Sulla combinazione asindetica di due gerundi, cfr. Schultz-Gora, Zeitschr., XVI, 513; P. Meyer, Guill. de la Barre, p. LXXI e Crescini, Manuale 3, p. 124.
 
42. Mos-Cors, io penserei ad un senhal; in Bern. de Ventadorn abbiamo il « senhal » mos De-Cor; cfr. Appel, XXII, 64 e Introd., XLVIII.
 
46-48. Espressione simile ricorre in G. d'Espanha (Otto Hoby, Die Lieder des Trob. G. d'Esp., Friburgo, 1915, 43):
 
No i gardetz ricor, mas l'amor que·m lia
 
Cfr. anche Appel, Chrest. 6, 49, 19.
 
49-50. Un concetto pressochè eguale si ritrova nei segg. versi di Daude de Pradas (Kolsen, Dicht. d. Trob., I, p. 10, vv. 14-18):
 
Totz hom q'en amor s'abando
en trop ric luoc, sap per razo
cal angoiss'a ni cal mal trai
qui ama so que no·ill eschai,
si merces no·i forssa paratge.
 
51. Flors de beutat è metafora molto usata da Montanhagol, come hanno messo in rilievo prima lo Stoessel, Bilder und Vergleiche der altprovenz. Lyrik, op. cit., pp. 12- 15 e dopo il Coulet, Montanh., p. 115, n. 20.
 
54-55. Riprende e sviluppa il tema dei vv. 49-50, concludendo il concetto fondamentale di questa poesia, la quale giuoca finemente su motivi di contrasti spirituali, cui fa riscontro adeguatamente, e con abile giuoco metrico, una contrapposizione di lingua e di accento ritmico.

 

 

 

 

 

 

 

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