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Bertoni, Giulio. I trovatori d'Italia. Modena: Editore Cav. Umberto Orlandini, 1915.

281,005- Lamberti di Buvalel

2. deia. La frase que chantar deia può essere tradotta semplicemente «ch'io canti», perchè il verbo «debere» viene ad avere attenuato in siffatta congiuntura il suo significato. Si veda, per quest'attenuazione comune anche all'ant. francese e all'ant. italiano. Bertoni, La prosa della «Vita Nuova», Genova, 1914, p, 21.
 
3. no me port'enveia. Altro esempio di portar enveia (invidiare alcuno, volergli male) da aggiungersi al Raynouard (III, 131) e al Levy III, 100. Il poeta, dicendoci che nessuno gli porta invidia in amore, viene come a farci sapere che non ha da temere i lusingatori e referendari che lo tradiscano (forse perchè è convinto che nulla si sappia da nessuno sulla sua passione); ma questo motivo dei referendari è così insito nello spirito della poesia cavalleresca, che, malgrado ciò, esso compare anche in questo medesimo componimento (v. 29). I testi del Buvalelli sono troppo penetrati dalle idee più comuni alla lirica provenzale, perchè i motivi tradizionali non riescano ad insinuarvisi, in un modo o in un altro.
 
7. Notisi il senso di contendre «affermare» Levy, S.-W. I, 340.
 
8. Ma il poeta non è fra quelli, a cui si può applicare il proverbio, che cita, poichè egli può poiar.... d'amor. Egli non è dunque di coloro che non hanno nulla e che nulla possono perdere. Infatti, la seconda str. comincia: Perdre non dei lo gent servir, ecc.
 
13. toz lo premers «il primo che io veda, il primo che incontri», locuzione che significa essere il poeta in tale stato, che ognuno immediatamente gli avrebbe predetta la morte, al primo vederlo.
 
16. derdre. Cfr. Levy, II, 104.
 
21. de l'entendre. Ritengo, tutto sommato, che si tratti di un infinito sostantivato e che l' sia articolo e non pronome e in questo pensiero mi confermo sempre più. V. però a p. 161. G. d'Espanha, Na Ses-merce, str. III: Del car (ms. E quar) tener fauc folia. Gli esempi abbondano in ant. franc. e prov. V. il nostro testo LIII, 2: del cobleiar.
 
23. Noto che dei sta realmente nel ms. L'errato deu del Casini, Rime, p. 12 deve dunque essere una svista.
 
25-28. Nelle mie correzioni e nella mia interpretazione di questi versi, mi sono giovato delle utili e ingegnose osservazioni dello Jeanroy Annales du Midi, XXI, 371 (al v. 27 clan dello J. è un evidente errore di stampa per dan) e dello Stimming, Zeitschr., XXXIV, 227, i quali ringrazio per la cura con la quale hanno voluto esaminare la mia edizione di Rambertino (Dresden, 1908). Noto che plaidejar (v. 27: plaideia) ha anzi tutto il senso di «difendere» e poi per estensione «difendere vittoriosamente, far perdonare» Jeanroy-Salv. de Gr., Uc de S.-C., p. 193.
 
30. Non si potrebbe far cattivo viso al q'at del ms., sebbene q’az o q'aç sia migliore. Lo accetto perciò, rinunciando alla mia precedente correzione (R. Buv., p. 38) q'ab, perchè ab qui non conviene. Così, correggo ab leis del ms. in a leis. Lo Stimming nella sua citata recensione (227) ha già giustamente osservato, del resto, che la locuzione provenzale è se rendre a. Cfr. infatti: Peire Vidal, Tant ai, str. V: a vos mi ren e str. VI: E ren m'a lei; P. Vidal, Deus en sia, str. V: Domn' aisi·m rent a vos; Folq. de Mars. (ediz. Stroński), I, v. 8 ha en sa merce m'aten; ma io credo che si debba accogliere la lezione degli altri mss. en sa merce mi ren.
 
31. dar e vendre. La locuzione, d'origine giuridica, è piuttosto donar e vendre. Molti esempi ne ha raccolti Soltau, Zeitschr., XXIV, 34.
 
45. Jovenz ha qui il senso di «cortesia, allegrezza» o qualcosa di simile, le qualità, insomma, che s'accompagnano alla giovinezza. Questo significato di joven è troppo noto, perchè occorra insistervi (p. es. Peire Vidal, Molt m'es, str. II: am de fin talen — Amor e iouen). Qui mi limito a farne ricordo, per giustificare la mia traduzione.
 
46. ben. Ci si aspetterebbe bes. Tutta la frase però ha valore neutrale. Quanto a grant e mendre, che traduco per «tutto» si veda il testo n. LIII, v. 3 (e s'i met grant e mendre). Cfr. anche: Binet, Le style de la lyrique courtoise en France, Paris, 1891, p. 73.

 

 

 

 

 

 

 

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