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Bertoni, Giulio. I trovatori d'Italia. Modena: Editore Cav. Umberto Orlandini, 1915.

282,014=200,001- Lanfranc Cigala

[Razo]
 
Questa «razos» deve essere stata scritta in Italia. I casi non sono rispettati, le locuzioni non sono sempre corrette. Vi si hanno italianismi e francesismi: 7 comme; 16 con grans barons; 16 timiansi; 20 andaven; 20 garder; 22 andar; en quella; 26 mistrent; 35 frere; 39 torna (v. a p. 170); 43 a soa e anche è (est). Certamente, il copista di P c'entrerà per qualcosa, ma anche nell'originale la «razos» non doveva essere un modello di lingua provenzale.
 
[Testo] (1)
 
1. arratge. Ritengo che si tratti di erraticus come nella frase centro-emiliana andär arádegh «andar ratio». Galvani, Glossario moden., p. 134; Mussafia, Beitrag z. Kunde d. nordit. Mund., 92. Anche penso che si abbia lo stesso aggettivo, usato in funzione avverbiale, nel verso seguente di Bertran de Born (Miei sirventes), v. 13: ez a rage veirem anar destriers (Stimming 1, p. 357 tradusse «rasend, wild»), cioè arage, raminghi, senza padrone dopo la battaglia. Lo Stimming, invece, credè che a rage fosse una delle solite locuzioni avverbiali formate con a, come a randa, a razon e prese evidentemente rage per «rabies». Il Thomas, p. 96 lesse invece aratge e interpretò a p. 165: «qui erre à l'aventure». Lo Stimming nella 2ª edizione, p. 113, si è attenuto all'interpretazione, giusta a parer nostro, del Thomas. Aug. Nov. (ediz. Müller, Zeitschr., XXIII, 59): Mil cavalhier de gran linatge — E mil dompnas de gran valor — Iran per la sua mort arratge.
 
3. È d'uso, come si sa, de (dopo planher se), Bertr. de Born, Al doutz, v. 43 Ges de n'Oc e Non no·m planc. Inutile dare altri esempi di questa notissima locuzione.
 
4. Ci si aspetterebbe baro(n); ma la declin. ad accento mobile fu trascurata talora anche dai trovatori migliori. Stimming, B. de Born 1, p. 240. Vedasi peier nel nostro testo n. II, v. 9.
 
10. tenc vas s'amia. Cfr. Aim. de Peg. N'Elias, conseil, v. 37: chansos, ten vas lo rei; G. Riquier, Al plus, v. 95: tenria vas vos de cors. Stimming, Bertr. de Born 1, p. 276.
 
12. a tria. Dal senso primitivo di «a scelta» si passa, sopratutto quando sia usato con un aggettivo o un avverbio, a quello di «completamente, perfettamente». Anche in un verso di Bern. de Ventadorn: Lo rossinhols chant'a tria (Rayn. Lex., V, 420) la nostra locuzione significa «perfettamente».
 
15. Appena occorre notare che qui il senso di atendre è «mantenere».
 
19. Accetto garda·ls, che si ha in OaM, mentre IK hanno garde·ls, cioè gardet los. Ora, garda potrebbe essere un italianismo. Vero è che il perf. 3ª sing. -a si trova in alcuni testi scritti nelle regioni occidentali della Francia meridionale (v. p. 170), ma, in un trovatore italiano, non si può pensare facilmente a un influsso, sia pure mediato, guascone, tanto più che queste forme in -a non penetrarono nella lingua illustre dei trovatori. Potrebbe darsi che questo gardá non fosse neppure da mettersi sul conto del Cigala, ma su quello di un copista, che se lo sarebbe lasciato sfuggire in un ascendente di OaM. Il Raynouard ha (Lex. rom., I, 509): gard'els, ma si tratta evidentemente del solito errore proveniente dall'illusione che esistesse un articolo provenzale letterario (cioè proprio della lingua illustre dei trovatori) di tal fatta. L'esistenza, però, di una forma el (lo) non si nega. Meyer, Romania, IX, 157. La si esclude, si può dire, dal linguaggio veramente letterario.
 
20. li moc. Vedi, per quest'uso di mover, la nota al nostro testo XVIII, 32 e n. LIII, 20.
 
21. d'amor... deisen «discende d'amore». Solito uso di deissendre, che si trova anche, secondo me, in un passo di Pistoleta che il Niestroy non deve avere rettamente inteso. Soltanto, nel passo di Pistoleta non si tratta d'amore, ma della donna amata. Il Niestroy (p. 22, vv. 19-20) legge: Que tot lo ben, a qualque dir l'auiatz — Disson de llei e de sa seingnoria. Io correggo: Que totz lo bes... deissen.
 
22. per un cen. Locuzione comunissima («cento volte più d'uno») della quale è completamente inutile citare molti esempi. Tuttavia, eccone alcuni, in omaggio all'adagio che «melius est abundare». Folq. de Mars., Mout i fetz, v. 6: que major n'a fag per un cen; El. de Barjols, Pus la belha, v. 29: ieu vos am per un cen.
 
24. Raynouard, Lex., I, 509 stampa: Mantz cavalliers que·s vist en la via. Ma che cosa significa ciò?
 
27. mout i fez gran ultrage. Cfr. Folq. de Mars. (Stroński, p. 40): Mout i fes gran pechat Amors. Inutile raccogliere altri esempi.
 
37. cavals. Schultz-Gora, Prov. Dicht., p. 35 vorrebbe mutare cavals in caval; ma l'oggetto di una proposizione, il quale sia in pari tempo soggetto di una intercalata, è spesso al nominativo. Appel, Zeitschr., XII, 450.
 
43. Notisi nei mss. aM la forma dell'art. le (appartenente alla Provenza propriamente detta).
 
45. servir' om. È una mia ricostruzione dai mss. Schultz-Gora: servion. Al v. 46, ja col sogg. ha pressochè il senso di si.
 
46-48. Versi per me oscuri. Dalla traduzione, che pongo innanzi con ogni riserva, il lettore vede com' io li interpreterei.
 
50. en iazen. La traduzione dice com' io interpreti questa locuzione.
 
 
 
Nota:
 
1) I mss. si dividono in tre gruppi: IK (per es., vv. 34, 41 Ancar vos dic, 47); Oa (p. es., vv. 12, 15, 45) e M, che sta da solo (p. es., vv. 7, 9, 26, 29, 34, 37, 40, 41). Qualche accordo si può notare fra i due primi gruppi (p. es., v. 26); ma è certo che, in complesso, la traduzione manoscritta appare assai turbata e in alcuni punti guasta. ()
 
 
 

NOTA SU QUALCHE PASSO DELLE RESTANTI POESIE DI LANFRANCO CIGALA

La ragione, per cui non compaiono qui tutti i testi del Cigala, è già stata indicata a p. 95 n. 3 di questo volume. Faccio seguire qualche osservazione su alcuni passi di qualche componimento non incluso nel numero delle poesie da me criticamente ricostruite e pubblicate.

Raimon Robin, eu vei qe Deus comenza. Componimento conservato in I (c. 84d), K (c. 78b) e a (p. 398) e edito dal MAHN, Ged., 616 secondo il ms. I. Non si sa sicuramente chi sia questo Raimondo Robino o Rubino, ma è probabile che si tratti di un italiano, anzi di un genovese (cfr. p. 134). Il Cigala gli dice (vv. 17-20):

                             Raimon Robin, en vos no vei guirenza
                             Si no·us metes del tot en la deviza
                             De los Frances com son cil de Proenza,
                             Pois seres sers e per chaut e per biza.

Questo testo è assai duro. Mi fermo su un solo passo, cioè sul v. 4 della str. II: e que tornetz raidelron en camiza. Tutti i mss. hanno raidelron (per errore, il Mahn ha stampato raidelren). Si tratterà di un fallo di un copista, che prese un nu- per rai-, un t per l, un n per r e un u per n, poichè a me par certo che si debba emendare: nud et nou en camiza. La locuzione nud (nut) en camiza è, d'altronde, ben conosciuta, per es. Flamenca² 6130: Ve·us m'aici a vostra guisa — Tota nudeta en camisa. Bernart de Ventadorn: Anar puosc ses vestidura — Nutz en ma camisa (Tant ai). In ant. franc. Fabliaux, IV, 107: E fu toz nuz en sa chemise (KNÖSEL, Das altfranz. Zahlwort, Erlangen, 1884, p. 48). Quanto a nou, si cfr. Peire Raim. de Tolosa: sa gran beutat son gen cors nou e clar (MAHN, Werke, I, 137). Assai frequenti sono le locuzioni nou cors prezan, nou cors gent, ecc.

Lantelm, qui·us onra ni·us acuoill. Testo indirizzato a un giullare chiamato Lantelm. Si legge nel solo ms. H (n. 254), in cui ci è stato tramandato con molte imperfezioni e con parecchi guasti, a sanare le quali e i quali gioveranno, parmi, le osservazioni seguenti: v. 2 ms. saenssa. Corr. scienssa, vv. 9-10: mas entre nos cenom be ioill Da bona semenza. Quel cenom non dà senso. Correggo: cern om, cioè: «tra noi, si distingue bene il loglio dalla semente buona» che è quanto dire: «siamo abituati a distinguere il male dal bene, il buono dal cattivo». V. 11 las. Si corregga: la (Per qe la meton ssai en moill), riferendosi questo la a semenza. V. 12 qar son. Corr. qan es. V. 13 Mas fort faillon Breissan part oill. Il LEVY, Suppl. Wb., IV, 183 pone dei puntolini al posto di part oill, citando questo passo. Credo che si tratti di Oill, cioè del fiume Oglio. I Bresciani rispetto ai Genovesi sono infatti part Oill, «al di là dell'Oglio». V. 29 cusdar. Emenderei in cuidar e correggerei così i vv. 25-32:

                        E ges no·s taing
                        Dir aur d'estaing
                        Ni taing donar
                             Ni far
                             Cuidar
                             [Ioglar]
                   Uei mais qe·l tegnon car,
                   Car es [d'avol] tenensa.

Il poeta allude sempre a Lantelm, a cui dice il fatto suo. Il ms., anzi che Uei mais qe·l ha uei qes. Propongo l'emendamento con assai esitazione. Vv. 42-43: Qar vos laisset qes de Cardoil L'enoi per tenenza. In questo qes, sia che lo si accetti tale quale, sia che lo si corregga in Qeus o Qeis o anche Qei, avremo «Keu», il famoso Keu, della cui indole fastidiosa parlano i romanzi cavallereschi. Keu lasciò dunque in eredità a Lantelm il «fastidio», la «noia». V. 54 ab qe dartimalec. Corr. forse aja d'Artimalec e si compari Marcabru (ediz. Dejeanne, p. 101): Del vostre bec, — N' Artimalec, — No is jauzira ja crestians. Suchier (Jahrb., XIV, 150) pensa ad Abimelech della Bibbia. Vedasi, per questo componimento: BERTONI, Due note provenzali (estr. dagli Studi mediev., vol. III), p. 31.

Ges eu no vei com hom guidar si deia. Mss.: I, c. 94a; K, c. 77d; a, p. 396; F, p. 147; Dc, c. 259a (vv. 41-50). Ediz. RAYNOUARD, Lex., I, 476; MAHN, Werke, III, 126; STENGEL, Prov. Blumenlese der Chigiana, 52; TEULIÉ-ROSSI, Anth. de Ferr., p. 60, n. 190.

5 sgg. de tan pauc non es om offendenz — Si tot o fai desapensadamenz — Que non sia malvolgutz e blasmatz ecc. Il poeta vuol dire, in questa prima strofa, che per quanto poco alcuno offenda o nuoccia ad altri, anche se ciò fa senza cattiva intenzione, ne ottiene sempre biasimo. Ora, come mai non ottiene altrettanta lode colui che giova ad altri? Perchè mai il bene non procura gratitudine in misura uguale a quel torto che è procurato dal male? Ciò, dice il Cigala, è un giuoco disuguale, è una partita impegnata a condizioni impari. Ond'egli non vede com hom guidar si deia!

Mi limiterò a riprodurre, criticamente ricostruita, la strofa III (vv. 21-30) di questo componimento dedicato a flagellare i torti e le falsità del mondo:

                   Dieus fon traitz, per que no·s taing q'om creia
                   Semblan ni ris ni salut de trachor,
                   Car denan ri e mostra far honor
                   E pois detras poing l'amic e·l guerreia;
          5       Non pot esser plus mortais faillimenz;
                   Qar de Juda qui si pendet als venz
                   Sabem per cert qe no·il fon perdonatz;
                   Mas ieu sivals meillor coven lur fatz:
                   Sol pendan si li fals qe trait m'an,
          10     Qu'ieu lur perdon mon enueg per lor dan.

[Varianti: 1 Deus F. 2 mais en salutz ni en ris de trachor F. 3 deuan a; ri in a ricavato da ti; e sul rigo in a. 5 e non es tan mortais nultz faillimenz F. 6 quadonc (qadonc a) Judas qui (qi Ka) sen p. IKa. 7 sap hora (hora sottolineato in a dal correttore del ms.) IKa; fon] son a. 8 eu F; lor F. 9 si se pendon li f. qui F; pendan in a con -an corr. su -am; trait ricavato in a da uan. 10 que I; eu lor p. m. enoi F; son dan IKa].

È da notarsi, al v. 6, l'allusione a Giuda «qui si pendet als venz». Anche nel serventese Honratz es hom (edito dal KOLSEN, Archiv, CXXIX, p. 467 e vedasi questo vol. a p. 13, n. 1), che il Kolsen non sarebbe alieno dall'attribuire al Cigala, si legge (v. 45) che Giuda al ven se·n annet pendre. Aggiungasi che Sail d'Escola nel componimento Gran esfortz fai (CHABANEAU, in Rev. d. lang. rom., S. III, T. XI, p. 218) scrive: E [car chanti d'am]or d'amia morta — Menhs ai de sen — Que non ac selh que culhic la redorta — Don fo pendutz al ven. Chabaneau pensava che vi si contenesse un'allusione a un romanzo perduto. Chissà che il poeta non alluda unicamente alla morte di Giuda? Ev. di Matteo, XXVII, 5: «Et proiectis argenteis in templo, recessit, et abiens laqueo se suspendit».

 

 

 

 

 

 

 

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