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Squillacioti, Paolo. Le poesie di Folchetto di Marsiglia. Pisa: Pacini, 1999.

Nuova edizione riveduta e aggiornata per il "Corpus des Troubadours", 2009.

155,024=444,001- Folquet de Marselha

Limito il presente commento quasi esclusivamente agli aspetti testuali e linguistici; per gli interventi ecdotici anteriori all’ed. Stroński, esperiti sul solo ms. R (da ricordare le recensioni di Suchier 1897 e Jeanroy 1899 a Zingarelli 1896, e lo stesso Zingarelli 1899) basterà un rimando all’apparato di Stroński: fra gli interventi meritano un accenno le due felici congetture di Suchier ai vv. 16 e 70 confermate poi dalle lezioni del ms. a. Segnalo infine che il testo del solo R è stato oggetto di un seminario trobadorico tenuto da K. Lewent sotto la guida di A. Tobler: lo studioso dà conto dei risultati nella recensione Lewent 1912, segnalando con «T.» i suggerimenti del maestro. Un’analisi tematica accurata del partimen è quella di Cropp 1980, pp. 99-105 (si veda anche quella di Stroński alle pp. 44*-45*). Sull’identità di Tostemps (RmMir) si veda la parte I, § 3.2.1.1.2.

11. Folquet[z]: emendo, qui e ai vv. 31 e 51, la forma folquet dei mss.; considerata la presenza della forma sigmatica in R al v. 67, folquet potrebbe tuttavia essere un vocativo al caso obliquo (da accusativo latino), su cui si veda Jensen 1986, § 57.
 
15. be·us dic qu[e] ieu: l’integrazione mi pare la soluzione più economica per rimediare all’ipometria del verso; Stroński mantiene la lezione del ms. e considera be·us non enclitico (scrive: «be us»), mentre Zingarelli 1896 emenda be v[o]s (lo stesso in Zingarelli 1899): il parallelo con l’inizio del v. 25 mi induce a scartare tale possibilità.
 
16. hi a[y]: l’emendamento di Stroński, che ripropongo, era stato avanzato, ma non adottato, da Zingarelli 1899 (pus [y] a testo; pus [mi] in Zingarelli 1896). Più onerosa mi sembra invece la proposta di Tobler (in Lewent 1912, col. 334): pos m’i sai companhos.
 
21-24. Per Schultz-Gora 1921, p. 145: «die Ausdrucksweise Folquets wegen des pus und des par sehr ungeschickt und geschraubt ist und zunächst kaum verständlich erscheint. Das Natürliche und Logische wäre gewesen: que dona se te a deshonor de far vos col e cays».
 
23. fay col e cais: l’espressione, che ricorre undici volte nella lirica trobadorica (due volte senza il verbo), è studiata ora da Poe 1992, per la quale: «the gesture consists of one person’s touching another’s lower face and neck. In virtually all of our examples, col e cais is performed by a woman on a man, and in every case [...] it is considered an erotic provocation. [...] the sense of it can be conveyed by ‘make advances on’, ‘make erotic overtures to’ [...]» (p. 164); «that once the lady gives you the come-on signal» è la traduzione proposta per il verso di Folchetto (a p. 166).
 
24. s’o: accolgo la divisione suggerita da Tobler (in Lewent 1912, col. 334) e Jeanroy 1913, p. 262, e confermata da Schultz-Gora 1921, p. 145 (Stroński stampa so).
tengua a: lo iato grafico del ms., mantenuto anche da Zingarelli 1896 e 1899, è senza necessità eliminato da Stroński (tengu’ a): vedi anche 53 que ad (Stroński: qu’ad) e 68 sia esta (Stroński: si’ esta) e cfr. infra la n. 32.
 
26. sos plaitz: non «ce choix [de l’alternative]» come traduce Stroński a p. 131: l’editore stesso corregge nelle Additions et corrections, p. 274 la chiosa del Glossaire, p. 259, s.v. plait: «chaque alternative d’une question à dilemme dans un ‘partimen’», riferendo la definizione a plays di v. 12 e traducendo «l’accord qu’elle vous propose». Ha ragione quindi Tobler (in Lewent 1912, col. 334) a intendere: «der Liebeshandel mit ihr».
 
27. sela que·us tem e·us blan: cfr. RmJord 10,6 (VI), 7: «lieis que no·us tem ni·us blan»: ricavo il rimando da una ricca nota di Asperti 1990, pp. 187-88 cui rinvio; si veda anche Cropp 1975, p. 191, secondo cui blandir è solitamente inteso nel senso generico di «courtiser, servir», mentre «il faut [...] se rappeler que le terme blandir, conformément à son radical latin, désigne des paroles prononcées pour flatter ou pour plaire»: si veda l’esemplificazione alle pp. 188-92. Blandir è attestato anche in FqMars 155,15 (XVIII), 27.
 
32. que: Stroński integra -z per rimarcare la dialefe, ma l’intervento non è necessario: vedi anche 56 a (Stroński «ab») e 59 que (Stroński «quez») e cfr. Schultz-Gora 1921, p. 146, n. 2.
 
33. Il verso è il rovesciamento di un’espressione di JfrRud 262,2 (IV), 12: «Tant es sos pretz verais e fis»; la iunctura si ritrova frequentemente in GrBorn: cfr. 242,8 (IX), 40 e 52; 242,63 (XX), 33; 242,37 (XXV), 31; 242,19 (XLI), 50; si ricordi anche FqMars 155,9 (XV), 23: «rics pretz verais e bos».
 
38. pus: da PLUS è per Crescini 1926 una «semplificazione [...] che la quasi proclisi di plus basta forse a chiarire» (p. 25), mentre C. Appel la riconduce alla dissimilazione di forme del tipo plus leu, plus lonc (Provenzalische Lautlehre, Leipzig, Reisland 1918, § 61b; e cfr. § 65); si noti la compresenza ai vv. 23 e 32 di pus, estremo risultato degli esiti di post > pueis > pues > pus (Roncaglia 1965b, p. 51).
 
38-39. Chaytor 1911, p. 553 propone dubitativamente di spostare i due punti (già di Stroński) dalla fine del v. 38 alla fine del v. 39.
 
40. cor vaire: l’espressione è già in RbOr 389,13 (XI), 64-65: «Per vos am, dompn’ab cor vaire / las autras tant co·l mons dura»; poi in BtBorn 80,26 (XIII), 29: «Gent acuillir e donar ses cor vaire».
 
45. co·m: ricavo la lezione da Jeanroy 1913, p. 262 (co’m), mentre Stroński ha com.
 
48. be trassios: è doppia la traduzione di Stroński (che ha «bes trassios» a testo): «un bien fallacieux [ou bien: est bien une trahison]» (p. 131); da scartare la prima, criticata da Lewent 1912, col. 334 e da Schultz-Gora 1921, p. 145, che accetta la seconda traducendo: «das ist gewiß ein Verrat». Ma se è un semplice rafforzativo non occorre tradurre be.
 
49. Mantengo la lezione di R, testimone unico del verso, laddove Stroński emenda, seguendo Jeanroy 1899, p. 220: qu’aven a motz e sofrir l’an; Schultz-Gora 1921, p. 145 ipotizza invece una possibile integrazione di q’. Solo Zingarelli 1896 evita ogni intervento: già in Zingarelli 1899 si trova l’integrazione di e.
 
53. ad autre·s lays: recepisco la soluzione di Perugi 1978, I, p. 32, fedele ai mss. e consonante con le obiezioni di Lewent 1912, col. 334 all’intervento di Stroński (ma già di Zingarelli 1899), che su suggerimento di Jeanroy 1899, p. 220 sana l’ipometria emendando qu’ad autre s’eslays: «eslays für lays einzusetzen ist nicht nötig, da der Hiat que ad bestehen bleiben oder durch Einsetzen von quez für que beseitigt werden kann (vgl. v. 32, 52, 59)». Più oneroso sciogliere autr’eslays per la difficoltà di un eslaissar non riflessivo.
 
55-60. L’interpretazione del passo è particolarmente dibattuta: Stroński, che propone un testo sovrapponibile al mio, traduce il v. 58 con: «et si vous faites ainsi des chansons en vain [ç.-à-d.: n’ayant pas de rapport avec votre cas]» (p. 131) attirandosi le critiche dei recensori: Salverda de Grave 1911, p. 503 rimanda alla traduzione di Jeanroy 1899, p. 221; Lewent 1912, coll. 334-35 interpreta giustamente il v. 58 traducendo «aber wenn ihr so euere Lieder verliert (d. h. um nichts und wieder nichts singt)», ma considera una frase incidentale il v. 56, proposto secondo R: cug que·y sia esta razos e tradotto: «ich glaube, dass der Gegenstand dieser Tenzone darin besteht, dies zu zeigen»: tale soluzione è criticata da Schultz-Gora 1921, p. 146, per il quale il qe di v. 56 viene ripetuto al v. 59, da cui la traduzione: «aber ich glaube, daß [...], daß ein anderer Euch die Mühe zuteile». A mio parere il cug qe di v. 56 va invece collegato all’ultimo verso della strofa, dopo che ai vv. 56-59 si sono avute due proposizioni condizionali coordinate (si a estas razos... e s’aisi...). Concordo con Schultz-Gora nel considerare l’aissi di v. 57 una ripresa di estas razos, e perciò da non tradurre.
 
55. qi: accolgo la lezione di a grammaticalmente più corretta, anche se è notorio che «qui e que si scambiano facilmente tra loro, al nominativo come all’accusativo» (Roncaglia 1965b, p. 97); va notato comunque che R conosce solo la forma all’accusativo, mentre a utilizza bene, come qui, ma anche male ai vv. 27 e 65, la forma al nominativo.
 
56. razos: traduco un po’ liberamente ‘proposte’ in base a SW, VII, p. 62 (s.v. razon, n° 8): «Glied, Alternative einer dilemmatischen Frage»: cfr. il partimen AimPeg-GlBerg 10,19-210,10 (Shepard-Chambers 1950, n° XIX), 1-2: «De Berguedan, d’estas doas razos / al vostre sen chausetz en la meillor»; più vicina alla definizione di Levy la trad. di Stroński: «sujets d’alternative» (p. 131). Stesso significato ha razos ai vv. 62 e 68: Stroński li traduce rispettivamente: «sujet [de l’alternative]» e «question».
 
69. que·s n’an: accolgo l’emendamento di Stroński che corregge e migliora la proposta di Zingarelli 1896 «ques n’an» (poi in Zingarelli 1899): tuttavia l’ipermetria così scongiurata è del solo R (a na gaucelma uuelh que sen an), mentre a ha un verso regolare (a galempa uoil qe sen an) per quanto oscuro nell’avvio; si può pertanto ipotizzare che il luogo da emendare sia proprio il nome della donna chiamata a giudicare, tenuto conto che nulla si sa di Na Gaucelma («Unidentified» per Chambers 1971, p. 139). Già Stroński aveva scritto che «le nom n’est pas bien certain [...] de façon que les deux leçons peuvent n’être que des altérations du nom qui figurait dans l’original» (p. 41*, n. 1); l’editore avanza quindi due proposte: la prima è quella di pensare alla non meglio nota contessa Na Guillelma menzionata da Tostemps, ossia da RmMir, nella canzone 406,42 (XXIII), 41-42: «qui vol solatz avinen, / ves na Guillelma s’eslays». Che Guillelma sia una contessa lo si ricava dal v. 51, ma che si possa identificare con Guillelmette de Montcade, prima moglie del visconte di Narbona Aimeric IV, è un’ipotesi di P. Andraud, La vie et l’oeuvre du troubadour Raimon de Miraval, Paris 1902, pp. 159-60, n. 2, rigettata da Topsfield 1971, p. 39 perché non corroborata da prove. La seconda ipotesi è a mio avviso più plausibile perché alla base dell’errore ci sarebbe il nome della prima moglie di RmMir, Gaudierna o Gaudairenga (o anche Caudairenga): la prima forma si legge solo nella versione del ms. A del sirventese di UcMatapl 454,1 (edito da Andraud nel lavoro cit. alle pp. 138-39 e riprodotto da Topsfield 1971, pp. 334-36) cui RmMir risponde in 406,30 (XLII). Cfr. anche le razos di 406,12, 406,15, 406,28, 406,38 e dello stesso 454,1 (edite da Boutière-Schutz 1964, pp. 379-83). Questa soluzione avrebbe il vantaggio della ‘difficoltà’ del nome (mentre nessuno dei dieci mss. che tramandano RmMir 406,42 [XXIII] deforma il nome Guillelma, fatta eccezione per V che però lo sostituisce con nermesson: su N’Ermesson si veda Topsfield 1971, p. 39) e di accrescere il sottinteso ironico del partimen: Tostemps proporrebbe infatti di far giudicare la disputa alla propria moglie! Tre quindi le soluzioni: i) «a na Gaucelma vuelh que·s n’an» (con mantenimento anche dell’emendamento que sen an > que·s n’an; la particella onorifica va infatti mantenuta essendo riferita a una contessa); ii) «a Gaudairenga vuelh que·s n’an»; iii) «a Gaudierna vuelh que s’enan [oppure: que s’en an]», la migliore delle quali, in una prospettiva ecdotica ricostruttiva, è forse la terza. La possibilità che la donna chiamata a giudicare fosse la donna amata da Tostemps era peraltro stata avanzata da Zingarelli 1899, p. 78.

70-71. La traduzione di Stroński: «et si j’aime de compagnons, elle n’y ira pas, pour cela, avec peur» (p. 131) non convince Schultz-Gora 1921, p. 146, che interpreta duptar come ‘zweifeln’ e intende che Na Gaucelma (o chi per lei) non deve lasciarsi confondere riguardo alle posizioni in campo e giudicare a favore di Tostemps. L’interpretazione di Stroński è ripresa da Cropp 1980, p. 99.

 

 

 

 

 

 

 

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