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Squillacioti, Paolo. Le poesie di Folchetto di Marsiglia. Pisa: Pacini, 1999.

Nuova edizione riveduta e aggiornata per il "Corpus des Troubadours", 2009.

156,015- Folquet de Marselha

Poesia fra le più apprezzate fra quelle attribuibili a FqMars (1), Vers Dieus è forse il più antico esemplare di alba religiosa (2), un genere che annovera pochi altri testi per la maggior parte tardi (3). La circostanza ha favorito la tesi ormai tradizionale della precedenza cronologica dell’alba profana (cfr. Jeanroy 1934, II, pp. 313-14), posizione che Picchio Simonelli 1974, p. 207 ha completamente rovesciato: «le albe più antiche sono tutte religiose». La questione è sostanzialmente aperta e s’incrocia con quella, altrettanto aperta, della stessa origine del genere alba, nella quale gioca un ruolo importante la cosiddetta alba bilingue di Fleury (4). Nel rinviare alla tipologia elaborata da E. W. Poe, The Three Modalities of the Old Provençal Dawn Song, RPh, XXXVII (1984), pp. 259-72, in part. pp. 267-72 (e cfr. Poe 1988) e ai lavori di Dietmar Rieger (5), che inquadrano l’alba nel Gattungssystem esplicitato in D.Rieger 1976, mi limito a sottolineare il legame, diretto proseguimento o tardo ritorno che sia, con la produzione innica mediolatina che emerge dall’analisi di Lowinsky 1898, pp. 252-67 e soprattutto di Scheludko 1931, pp. 201-06.
Attribuzione: parte I, § 1.2.4.
 
2. pus: ha qui il valore causale normalmente espresso da pois que (cfr. G.B.Pellegrini 1958, p. 265); dell’uso si hanno numerosi esempi anche in it. antico (vd. GDLI, XIII, p. 722).
 
4. levatz: metto a testo, come quasi tutti gli editori precedenti, la lezione di Rf, ottenendo così la dittologia sinonimica estatz sus e levatz: cfr. d’altronde l’inizio di PEsp 342,1 (Oroz Arizcuren 1972, n° XLV), 1-2: «Ar levatz sus, francha corteza gens! / levatz, levatz, trop avetz demorat». Il fatto che levatz si ripresenti come rimante nella strofa successiva al v. 19, sia pure in rima equivoca, non costituisce problema in Vers Dieus: vengono reiterati anche i rimanti via (vv. 11 e 17), Maria (vv. 1 e 16), aprenda (vv. 31 e 46), entenda (vv. 32 e 47), defenda (vv. 48 e 63). La lezione di C velhatz, intesa come un imperativo di 2ª pers. pl., ha pari dignità: anzi Oroz Arizcuren 1972, pur stampando levatz, ritiene forse preferibile la lezione di C in quanto «recuerda la amonestación de Mat. 26,41,46: vigilate» (p. 163); accolto questo suggerimento, Arveiller-Gouiran 1987 adottano velhatz.
 
5. senhors, Dieu: Oroz Arizcuren 1972 mantiene dieus dei tre mss. notando che «la -s de Dieus es un sonido de transición, para evitar el hiato [...], y por ello se respeta, a diferencia de lo que hacen los editores» (p. 163); tuttavia, considerata l’occorrenza pre-consonatica dell’obl. sigmatico dieus in Cf al v. 31 (dove R legge correttamente dieu), preferisco emendare. Arveiller-Gouiran 1987, oltre a dieus, conservano anche senhors, commentando: «La présence de l’-s à la fin du [...] mot s’explique par l’emploi fréquent du cas régime pour l’apostrophe» (p. 152); mantengo in questo caso la -s, anche perché senhors potrebbe essere un nom. analogico (su cui si veda Jensen 1976, p. 69).
 
6. que·l jorns es aprosmatz: la forma verbale ha valore riflessivo; scrive Jensen 1994, § 265: «Généralement parlant, le pronom réfléchi ne s’emploie qu’avec les modes personnels du verb, alors qu’il est laissé non-exprimé avec les formes nominales, c’est-à-dire l’infinitif et les participes» (e cfr. Jensen 1986, § 356). L’espressione, oltre che in PEsp 342,1 (Oroz Arizcuren 1972, n° XLV), 3: «qu’apropchatz s’es lo iors clars e luzens», si ritrova (qel giorn es apropciatç) nell’alba di GrBorn 242,64 (LIII), 7, come lezione isolata del ms. T (l’ed. Sharman legge «suau vos ressidatz»).
 
7. tener via: cfr. alba profana di BtAlam 76,23 (Appel 1930, p. 91), 31: «Doussa res, ieu tenc ma via».
 
12-15. Il refrain è riportato integralmente nei testimoni solo alla prima occorrenza, per essere poi limitato ai primi uno o due versi alle successive:
a) ms. C: 27-28 La nuech uay el iorns ue. al clar cel etc.; 42 La nuech uai el iorn ue etc.; 57-58 La nuech uai el iorn ue. al clar cel et sere etc.; 68 La nuech uai el iorn ue etc.
b) ms. R: 27 La nueg uay etc.; 42 La nueg uay etc.; 57 La nueg uay etc.; 68 La nueg uay etc.
c) ms. f: 27-28 La nueig uai els iorns ue. ab cel clar e sere; 42-43 La nueitz uai els iorn ue. ab cel clar e sere; 68-69 La nueig uai els iorn ue. ab cel clar e sere.
In conformità alla scelta del ms.-base, adotto il testo di C integrando tra parentesi quadre le parti omesse in base all’occorrenza completa ai vv. 12-15: Arveiller-Gouiran 1987 spingono invece a tal punto il loro bédierismo da stampare solo la porzione del refrain tràdita di volta in volta dal loro ‘bon manuscrit’C.
 
18. destruir’: sulla forma dell’infinito si veda SW, II, pp. 180-81, s.v. destruir.
 
19-21. Il topos delle sofferenze inflitte a Cristo ricorre in PoChapt 375,22 (XIII), 10-11: «Qu’el si laisset d’espinas coronar, / batr’ e ferir e de fel abeurar»; BnVenzac 71,2 (VI), 29-32: «Selh que per nos det son sanc natural / e se liuret e se mes en baylia / et en la crotz fon levatz atretal / e clavellatz e coronatz d’espia»; FqRom 156,11 (VII), 46-50: «per nos en fo en croiz levaz / et es totz hom desesperaz / qi no·i a ferm corage / qi ve com el fo clavellaz / per nos e battuz e nafraz»; cfr. inoltre RbVaq 392,3 (XIX), 37-40 e i vv. 857-64 del pianto mariano Ad honor de la trinitat edito da W. Mushacke, Altprovenzalische Marienklage des XIII. Jahrhunderts, Halle 1890; ma anche i vv. 20-23 dello Sponsus curato da d’A. S. Avalle (Milano-Napoli, Ricciardi 1965, p. 73). A proposito dei legami tematico-lessicali di Vers Dieus con l’alba di BnVenzac Picchio Simonelli 1974 scrive: «Questi richiami non sono certo atti a documentare una interdipendenza; testimoniano, tuttavia, una concomitanza nel gusto, nella scelta dei particolari e dei loci communes: le due composizioni possono veramente appartenere a una medesima atmosfera culturale e rappresentare una medesima tipologia poetica, specie se confrontate con le albe successive strutturate su altri moduli e rispecchianti un gusto diverso» (p. 187). Noto che le tornadas dei due componimenti sono entrambe costruite sul tema della preghiera – perifrastica in Vers Dieus (vv. 61-67), esplicita in BnVenzac (vv. 36-38) – per essere accolti in Paradiso.
 
31. ops es que o aprenda: costruzioni analoghe di esser (aver) ops all’indic. pres. e completiva al cong. pres. sono schedate da Asperti 1990, p. 467.
 
35-36. Cf tramandano solo del be(s) quem faitz anc se quindi risulta mancante un hexasyllabe con rima in -e, mentre R tramanda un verso ipermetro: e del be que mauetz faitz anc se, prodotto con ogni probabilità dalla fusione di due versi il primo dei quali lacunoso e terminante con e del be. È Meyer 1877 a segnalare per primo la lacuna (Raynouard si era limitato a stampare la lezione di Cf riducendo a 14 vv. la str. III). L’interpretazione più plausibile, accolta da tutti gli editori, è fornita da Zenker 1897: «Die Lesart von R ist aber offenbar die ursprünglichere, da sich ihre Entstehung aus der von Cf nicht erklären läßt, wohl aber umgekehrt die Entstehung der Lesart von Cf aus der von R, indem der Schreiber die Lücke V. 35 nicht bemerkte und den Rest von V. 35 und V. 36 als einen Vers betrachtete, den er durch Weglassung von e und Aenderung von avetz fach in faitz auf die richtige Silbenzalh reduzierte» (p. 348). La congettura del amor, con cui Zenker colma la lacuna, è criticata da Ramiro Ortiz in quanto: «se si può fare il bene, non si può egualmente fare ... l’amore, e, d’altra parte, è chiaro che non si può intendere: ‘dell’amore [che mi avete mostrato] e del bene che mi avete sempre fatto’, giacché, in questo caso, la frase sarebbe stranamente ellittica e per di più ambigua, essendo il lettore portato naturalmente a riferire il que non solo al be, ma anche a l’amor» (Noterelle provenzali, ZrPh, XLIX [1929], pp. 556-63, a p. 558); a sua volta Ortiz propone di riempire la lacuna con: e del mal. Oroz Arizcuren 1972, pur rintracciando un’occorrenza della iunctura mal-ben, propone di integrare de l’honor in base alla presenza della formula faire ben et onor in FqMars 155,6 (XVII), 44, FqRom 156,12 (VIII), 28, BnVent 70,36 (XXXVI), 10-11 e, soprattutto nell’alba di GlHautp 206,1 (I), i cui vv. 56-59 («Poderos Dieus, verays e merceyans, / merce m’ajatz, qu’ieu vos azor e·us cre / e·us ren lauzor de l’honor e del be / que m’avetz fag temps e jorns, mes e ans») sono messi in relazione con i vv. 33-38 di Vers Dieus. Convinti dalle argomentazioni di Oroz Arizcuren, Arveiller-Gouiran 1987 e Sansone 1984-86 adottano la sua congettura; più prudentemente, e in conformità all’assunto metodologico che presiede al mio lavoro, mi limito a segnalare la lacuna, conformandomi peraltro alla scelta di Stroński.
 
38. gran[s] pietatz: adotto la lezione di C (Rf leggono pietat), emendando tuttavia l’aggettivo: diversa la scelta di Arveiller-Gouiran 1987, che così motivano il mantenimento di gran pietat: «En langue d’oïl, le ‘sujet réel’, voire le simple sujet postposé, se rencontrent au cas régime [...]. La future perte de la déclinaison à deux cas s’annonce de même en langue d’oc [...]. On peut donc penser que Rf ont conservé la bonne leçon, et partiellement C. Ce dernier a tendance à régulariser les tours et les formes. Il aura corrigé le nom, oubliant d’en faire autant pour l’adjectif» (pp. 153-54).
 
41. mesprenda: Stroński mette a testo surprenda del solo R, ma la sua scelta è condizionata dalla cattiva interpretazione della lezione di Cf, trascritta in apparato nella forma nim mes prenda e considerata un errore congiuntivo fra i due mss. relatori (cfr. p. 109): questo nonostante l’editore registri il verbo mesprendre nel suo Glossaire (ricorre in Perd 370,9 (I), su cui si veda parte I, § 1.2.5); qui vale «Übles zufügen, schädigen» (SW, V, p. 257, s.v. mesprendre, n° 3: un es. in BtBorn 80,7 [XXXVI], 38); ma se si adottasse il significato di ‘tromper’, registrato nel LR, IV, p. 633, s.v. prendre, n° 35, si avrebbe invece una forma sinonimica rispetto a 40 engane; la lezione è a testo solo in Arveiller-Gouiran 1987.
 
48. que·m geris, que·m defenda: tutti gli editori precedenti a Stroński (Raynouard nello Choix, Meyer 1877, Zenker 1897 e Crescini 1892 [= 1905 e 1926]) assumono la lezione di C (que·m guerisc’ e·m defenda), recuperata anche da Riquer 1975, che per il resto segue l’ed. Stroński: in questa si riferisce guerisca a pietatz e lo si concorda con defenda. La lezione di Rf: (que·m geris que·m defenda), assunta da Stroński perché diffusa su due rami del suo stemma ‘virtuale’, genera una disomogeneità modale o temporale fra geris, 3ª sg. del pres. indic. oppure dell’imperf. cong. di gerir o garir, e defenda e tutti gli altri verbi ai vv. precedenti: per poterla accettare, Stroński deve inoltre sciogliere quem in qu’e·m; il fatto che l’editore non traduca il testo non aiuta certo la comprensione. La versione di Rf può essere assunta inserendo que·m geris fra due virgole e intendendo: ‘la vostra pietà, la quale mi salva, possa difendermi’, o interpretando geris come un imperf. cong. con valore di pres. e mantenere una sola virgola dopo geris così da intendere: ‘la vostra pietà che mi salvi (lett.: salvasse), che mi difenda’; non conosco tuttavia esempi di un tale uso. Una diversa divisione delle parole del ms., suggerita da Oroz Arizcuren 1972, permette di eliminare l’opposizione fra le lezioni: quem geris quem defenda di Rf è divisibile in que·m gerisqu’ e·m defenda che equivale alla lezione di C. In questa forma il verso si inserisce bene nella serie di sintagmi coordinati presenti nella strofa (vv. 46, 47, 51, 53, 54). La spiegazione di Oroz Arizcuren ha convinto anche Arveiller-Gouiran 1987.
 
49. d’aquest segle: è la lezione di Rf, che peraltro Oroz Arizcuren 1972 preferisce all’adiafora en est segle di C, perché richiama Gv. 17,15: «non rogo ut tollas eos de mundo, sed ut serves eos a malo»; cfr. anche il v. 63.
 
61-66. Frank 1953-57 accoglie, per l’elaborazione dello schema metrico, la proposta di Zenker 1897 di considerare una tornada la V cobla. Al contrario Crescini 1905, p. 257 ritiene si tratti di una strofa «difettiva» (così in Crescini 1926, p. 218; in Crescini 1892 non si poneva il problema) così pure Hill-Bergin 1941, che come Crescini mettono dei puntini sospensivi a fine cobla. Il disaccordo si basa sul fatto che se la V cobla è una tornada allora contraddice la regola codificata dalle Leys d’Amors (rimando a Di Girolamo-Lee 1996, pp. 190-91 perché migliorano Gatien-Arnoult 1841-43, I, pp. 338-41) che vuole le tornadas costruite su schema metrico e rime dell’ultima parte della cobla precedente: essa infatti riprende lo schema dei primi 7 vv. della cobla e, com’è normale in un testo in coblas doblas, le rime dell’ultima cobla. Tuttavia riprende schema e rime di inizio cobla anche la tornada di GrBorn 242,60 (XII) e quella, tràdita dal solo M, di BtBorn 80,36 (XX), che tuttavia Frank 1953-57, n° 301:6 divide in due tornadas regolari di 2 vv. ciascuna (Menichetti, nell’art. cit. infra, considera «macchinoso» questo espediente: cfr. p. 352): Gouiran 1985, sulla scorta di C. Appel, Die Lieder Bertrans von Born, Halle a.S., Niemeyer 1932, p. 47, divide inoltre in due tornadas anche l’ultima cobla del componimento, cosicché la prima presenta schema e rime di inizio strofa; gli altri due casi segnalati da Gouiran, Cercam 112,3a (VI) e GcFaid 167,57 (VI; Beltrami 1992, p. 282), sono stati invece plausibilmente ricondotti a semplice cobla lacunosa rispettivamente da U. Mölk, Deux remarques sur la tornada, Metr, III (1982), pp. 3-14, alle pp. 13-14 e da Beltrami 1992, p. 287. Mölk propone alle pp. 12-13 un emendamento regolarizzante anche per la tornada di Marcabr 292,5 (V), che nella forma stampata da Dejeanne 1909 sarebbe un ulteriore esempio di ripresa dell’inizio della cobla (sempre Mölk a p. 11 e n. 29 segnala le tornadas irregolari di due testi religiosi come la più volte citata alba di BnVenzac e PAuv 323,16 (XIII), il più antico esempio di Bublied: già Frank 1953-57 n° 124:4 aveva regolarizzato la situazione isolando tre tornadas di un verso; Menichetti, nell’art. cit. infra, p. 354, n. 18 ritiene «macchinosa» anche questa soluzione, che tuttavia è adottata da Fratta 1996b (cfr. p. 100). Due tornadas di un verso sono anche nell’ed. Vatteroni 1993, p. 135 di PCard 335,69 (XXXVII), 41 e 42, come suggerito da Frank 1953-57, n° 624:26.
Volendo rimanere all’ipotesi di cobla lacunosa, registro l’obiezione di Riquer 1975 per cui, essendo il testo in doblas, un’eventuale 5ª strofa avrebbe dovuto presentare il cambio di rima; di contro: «La aparente anormalidad de la tornada se debe, indudablemente, a que la perdida melodía de esta composición debería ofrecer, en los versos octavo a undécimo de cada estrofa, una frase musical que repetiría la de los versos cuarto a séptimo, y ello permitía cantar estos once versos como una tornada» (p. 1224, n. 67). Tuttavia, secondo Frank 1953-57, nel caso di testi in doblas composti da un numero dispari di strofe, «on pourra constater chaque fois si la dernière strophe est composée sur le rimes des deux précédentes ou si elle a des rimes originales» (I, p. xxxiv). Quanto meno singolare è l’espediente cui ricorre Meyer 1877 per ‘nascondere’ la minore estensione della str. V: mentre nelle coblas II-IV riporta solo l’inizio del refrain, nell’ultima lo stampa integralmente, dando così un’impressione di simmetricità, senza peraltro segnalare l’apparente irregolarità.
Sulla scorta di A. Menichetti, Riletture di testi antichi. 1. Neri de’ Visdomini - 2. Bonagiunta e Dante, MR, V (1978), pp. 347-61, in partic. pp. 347-55, segnalo ancora tornadas irregolari in:
i) BtBorn 80,9 (III), 61 sgg.: tornada di 5 vv. in C che riprende la parte iniziale delle coblas III-IV (il testo è in doblas); Gouiran 1985, I, pp. 63-64 preferisce stampare il testo di R, più breve (3 vv.) e regolare.
ii) anon. 461,247 (Topsfield 1971, p. 358 fra i testi dubbi di RmMir), 41-44: tornada di 4 vv. che riprende la parte iniziale delle coblas III-IV (il testo è in doblas); per Topsfield (e poi per Riquer 1975, III, p. 1704) si tratta di una cobla incompleta, ma a Menichetti (p. 351, n. 8) l’ipotesi non appare «alla luce degli altri casi abnormi qui segnalati, molto solida; per l’andamento logico-stilistico i quattro versi potrebbero ben costituire una tornada».
iii) GlSt-Did 234,5 (IV), 53-56: è la seconda tornada di un testo a coblas ‘alternate’ e retrogradatas che riprende la parte iniziale dell’ultima cobla (la prima tornada è invece regolare); si confronti la canzone a coblas redondas FqMars 155,3 (VI), anch’essa menzionata da Menichetti.
I testi toscani con congedi irregolari da cui parte Menichetti per tracciare la sua casistica sono la canzone Similemente onore di Bonagiunta Orbicciani (ed. a cura dello stesso studioso ne La canzone dell’onore di Bonagiunta da Lucca, «Études de Lettres», s. IV, I [1978], pp. 1-17) e In un gioioso stato mi ritrovo di Noffo d’Oltrarno, poeta che l’editrice Francesca Gambino identifica con Noffo Bonaguide: cfr. Le rime di Noffo Bonaguide (edizione critica), «Studi di filologia italiana», LIV (1996), pp. 5-95, alle pp. 13-18; testo a p. 43, commento metrico alle pp. 28-31.
 
61. Cfr. RbVaq 392,3 (XIX), 34-36: «Dieus si laisset vendre per nos salvar, / e·n soffri mort e·n receup passion, / e l’auniront per nos Juzeu fellon»; l’allusione a è Giuda Iscariota, come nota già Stroński nel Glossaire, s.v. venda: altre menzioni del traditore si ricavano da Chambers 1971, p. 162-63 (una, come questa implicita, è in BnMarti 63,2 (II), 55-56: «Lenguaforcat son peior / cel qu’a trait son Senhor»).
 
67. meta dins sa tenda: secondo Lowinsky 1898, p. 209 è il v. 2 del Salmo 104: «Extendens caelum sicut pellem» ad aver ispirato l’immagine.
 
 
Postilla 2009
 
L’insieme delle albas è ora edito da Chaguinian 2008 (Vers Dieus, ascritta a FqRom, alle pp. 270-82), in modo non soddisfacente (cfr. la mia recensione in c. di s. in MR e quella di R. Castano in CN, LXIX [2009], pp. 233-39); ma si tenga conto del giudizio positivo Di Girolamo 2009, pp. 59-63). Ai lavori sull’alba bilingue di Fleury cit. nel cappello al commento si aggiungano ora Meneghetti 1997, pp. 169-77, Lazzerini 1999 e Lazzerini 2001, pp. 19-23, 234; altri contributi si ricavano dalla Bibliografia ragionata sul componimento in Rialto (www.rialto.unina.it/testiorigini/Fleury/Fleury(Lazzerini).Bibrag.htm), curata dalla stessa Lazzerini.
 
 
Note
 
(1) Arveiller-Gouiran 1987 («On peut hardiment désigner cette pièce comme l’une des plus belles de la lyrique occitane»: p. 143), chiudono eloquentemente una serie di giudizi altamente positivi che da Catel 1633, p. 899 all’HLF, XVIII, p. 602 sino a Riquer 1975, III, p. 1221 hanno attraversato gli studi provenzali (cfr. anche Audiau-Lavaud 1928, p. 257 e Lafont-Anatole 1970, I, p. 105; e il giudizio di J. Anglade ricordato nella parte I, § 3.3). ()
 
(2) L’incertezza deriva dalla valutazione di GrBorn 242,64 Reis glorios, verais lums e clardatz (LIII), tradizionalmente considerata un’alba profana (vd. per es. Anglade 1905, pp. 289-90), ma ricondotta all’ambito religioso da Picchio Simonelli 1974, pp. 195-207 (sulla scorta di J. M. Scudieri Ruggieri, Per le origini dell’alba, CN, III [1943], pp. 191-202, alle pp. 194-95): si vedano tuttavia le obiezioni di Riquer 1975, I, p. 513; Sharman 1989, p. 368 riepiloga i dati senza prendere posizione. Ma anche dalla stessa paternità di Vers Dieus che, attribuita a Falquet de Romans, farebbe scivolare in avanti di qualche decennio la data del componimento. ()
 
(3) Oltre a Reis glorios, BnVenzac 71,2 (VI), GlHaupt 206,1 (I), GrRiq 248,70 (Oroz Arizcuren 1972, n° XXXII), PEsp 342,1 (Oroz Arizcuren 1972, n° XLV) e Cerv 434a,8 (XXXI). ()
 
(4) Sulla quale si vedano i contributi di L. Lazzerini, Per una nuova interpretazione dell’«alba» bilingue (cod. Vat. Reg. 1462), SM, s. III, XX (1979), pp. 139-84, Nuove osservazioni sull’ ‘Alba’ bilingue, MR, X (1985), pp. 19-35, e la nota in Rom, CVII (1986), pp. 552-53 in risposta a P. Zumthor, Un trompe-l’oeil linguistique? Le refrain de l’aube bilingue de Fleury, Rom, CV (1984), pp. 171-92; e di M. L. Meneghetti, L’Alba di Fleury, un Osterlied, in Miscellanea Mediaevale. Mélanges offerts à Philippe Ménard, Paris 1998, t. II, pp. 969-83. Per una posizione diversa: G. Hilty, Les plus anciens monuments de la langue occitane, in «Cantarem d’aquestz trobadors». Studi occitanici in onore di Giuseppe Tavani, a cura di L. Rossi, Alessandria, Edizioni dell’Orso 1995, pp. 25-45, alle pp. 35-42 (su cui L. Lazzerini, Briciole marcabruniane, in Studi di filologia medievale offerti a d’Arco Silvio Avalle, Milano-Napoli, Ricciardi 1996, pp. 217-36, a p. 219, n. 4), e ora, in diretto contrasto con le analisi succitate, G. Hilty, L’énigme de l’aube de Fleury est-elle déchiffrée?, «Revue de linguistique romane», LXII, 1998, pp. 321-30. ()
 
(5) Zur Stellung des Tageliedes in der Trobadorlyrik, ZrPh, LXXXVII (1971), pp. 223-32 e Tagelied («Alba»), GRLMA, II, t. 1, fasc. 4, pp. 44-54. ()

 

 

 

 

 

 

 

 

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