Notes - Anmerkungen - Notes - Notas - Notes - Note - Nòtas

Betti, Maria Pia. Le Tenzoni del Trovatore Guiraut Riquier. "Studi Mediolatini e Volgare", 44 (1998), pp. 7-193.

248,028=147,001- Guiraut Riquier

In questo partimen, probabilmente composto a Narbona prima del 1270, Guiraut Riquier pone ancora un tema di carattere amoroso: è meglio sapere di essere corrisposti, pur rimanendo a distanza, o avere tutti i favori da una dama cui non si piace? L'interlocutore, che sceglie di difendere la prima razo, è un certo Falco; in BdT, sotto il nº 147 corrispondente al suo nome, sono riportati due testi che nel ms. R si trovano, rispettivamente, nel recto e nel verso del f. 34: il primo è il partimen qui edito, il secondo è la tenzone 192.2a, Falco, en dire mal, intrecciata con Gui de Cavaillo. Nonostante le tensos siano segnalate insieme, Pillet e Carstens ritengono che appartengano ad autori diversi, e ciò trova conferma in quanto già sostenuto da CHABANEAU (Cinq tensons, p. 109, n. 2) contro la posizione di BARTSCH (Grundriss, p. 129) che si tratti di un unico poeta. Più recentemente, anche nel GRLMA II/1, f. 7 dedicato ai generi lirici, si afferma che il «partenaire de Gui de Cavaillon dans une tenson injurieuse» è «différent du Falco d'un jeu-parti avec Guiraut Riquier» (p. 438). Effettivamente, pur essendo scarse le notizie sulla figura di Gui de Cavaillo (cfr. JONES, La tenson, pp. 35-36, che pubblica anche la tenzone, pp. 83-88), sappiamo che egli fu un nobile di Valchiusa protetto dal conte di Provenza Alfonso II, al cui fianco Gui combatté contro i francesi nella crociata antialbigese del 1209, nella quale il conte trovò la morte. È a lui che si fa riferimento al v. 69 del testo con Falco: pur ammettendo, con Jones, che esso non deve essere stato necessariamente scritto prima della scomparsa del conte, rimane comunque il fatto che le due tensos (molto diverse per forma e contenuto) hanno rispettivamente una datazione distante almeno cinquant'anni. ANGLADE (Guiraut Riquier, p. 99), pur non escludendo del tutto che si possa trattare del trovatore che tenzona con Gui de Cavaillo, ritiene che Falco sia un giullare di passaggio a Narbona al pari del Codolet del partimen - con identico schema metrico – A·n Miquel de Castilho, composto negli stessi anni: proprio in quest'ultimo, a parziale riprova della provenienza narbonese, ritroviamo il Miquel de Castilho con cui sarebbe da identificarsi il giudice del testo qui in esame. Per le notizie relative a tale personaggio, cfr. la nota introduttiva al testo seguente.
 
1. don[a]: l'integrazione sillabica, con conseguente dialefe, risulta necessaria per ripristinare l'isosillabismo del verso; l'emendamento è, comunque, già nell'edizione di Chabaneau. Da notare che i due trovatori si apostrofano reciprocamente soltanto nelle prime due coblas.
 
2. Chabaneau: mays, contrariamente alla lezione tràdita (may).
 
3. Chabaneau emenda la lezione ipometra del manoscritto, sabetz sertanamen, in [E vos] sabes fermamen.
 
4. Per il pronome personale femminile singolare retto il < ILLA, cfr. JENSEN, The Syntax, p. 84.
atertan: forma presente anche nella Supplicatio, v. 744, e nel partimen Guiraut Riquier, segon vostr'essïen (nº 1 dell'ed. GUIDA, v. 39: «C’om deu amar de senhor atertan»), essa deriva, per metatesi, da atretan (cfr. ZUFFEREY, Recherches, p. 124).
 
8. ca·l: Chabaneau emenda quel.
 
10. La coppia di rimanti agensa: falhensa verrà successivamente reimpiegata da Guiraut Riquier nel vers XXIV, Cristian son per Jhesu Crisi nomnat, vv. 46-47: «de qu'ieu ai fag Bel Deport, si l'agensa, / coman mi eys, e no·m gar ma falhensa».
 
14. pros : «[...] le mot pro, 'profit, avantage', qui s'oppose au mot dan, désigne d'une façon abstraite le bien que donne l'amour et qui comprend certes la récompense ou la faveur» (CROPP, Le vocabulaire courtois, p. 368).
 
16. N'a, proposta come integrazione nell'edizione Chabaneau, è in realtà lezione del manoscritto.
 
17. mon bratz: diversamente da Chabaneau che, non ponendo alcun segno di interpunzione alla fine del verso, interpreta mon bratz come soggetto del participio enjanatz del v. 18 (e, in nota, suggerisce l'emendamento mos gratz), ritengo che esso costituisca il secondo termine di paragone dipendente dal verbo del v. 15 ed introdotto dal que inserito dopo l'inciso («am mays leys [...] que mon bratz»), e che enjanatz sia 2ª pers. plur. dell'indicativo presente del verbo enganar. In tale contesto, quindi, bratz serve da termine di paragone per esprimere quantità. Altri sostantivi utilizzati nel medesimo senso sono pan, 'panno' (per cui cfr. la tenzone n° 4, v. 48), palm, 'palmo' («longueur d'une main ouverte, mesure de neuf pouces usitée en Provence, Languedoc et Gascogne», MISTRAL, Lou Tresor, II, p. 468; cfr. Guillem de Berguedà, Chansson ai comensada, BdT 210.7, ed. M. DE RIQUER, p. 74, v. 24: «ab un palm de l'espic»), e gan, 'guanto', per il quale LR, III, p. 421, riporta l'esempio da Garin lo Brun, Nueg e jorn sui en pensamen (BdT 163.1): «Leujaria no·m prez'un guan», cui aggiungerei almeno Marcabru, Soudadier, per cui es Jovens (BdT 293.44, ed. DEJEANNE, p. 41), v. 28 («tro que son mil, no·s prez'un gan»).
 
18-20. Ciò che è sottinteso dal pronome l’autr' potrebbe essere sia la razo (in correlazione con l'una razos del v. 12) sia, con costruzione a senso, la seconda dona di cui parla Guiraut nella sua sfida. Quest'ultima interpretazione appare però come la più probabile, essendo senza dubbio la dama il soggetto del verbo al v. 20, fay o. Nell'espressione faire lo, infatti, «o exprime l'acte de la copulation» (PD, p. 182; cfr. anche CRESCINI, Manuale, p. 393, e LR, II, p. 261, che ne indaga la fonte fino a risalire al «facere in re venerea» dei latini). Cfr. il partimen n° 12, v. 5 («L'us a·ls fatz sens malenansa»).
 
19. a ma parvensa: per l'espressione, cfr. epistola V, A sel que deu voler, v. 80; torneyamen De so don yeu soy doptos (n° 6 dell'ed. GUIDA), v. 42.
 
22. volpilh: cfr. il torneyamen Senhe n'Enric, a vos don avantatje (n° 2 dell'ed. GUIDA), v. 27, «e sel que sap ses dar ab volpilhatje», in cui Guiraut usa la connotazione di 'viltà, grettezza', insita in volpilh/volpilhatje, per attaccare i sapienti avari.
 
23. Per am < APUD, con il significato di 'con', cfr. PELLEGRINI, Appunti, p. 111 e PD, p. 1. Circa l'uso di volpilh, con il significato di 'codardo', nel resto della produzione riquieriana, cfr. vers XX, Jamais non er hom en esto mon grazitz, v. 10, «e·ls vey volpilhs de condutz e de dos» (e la nota al verso nell'ed. LONGOBARDI, p. 131, in cui la studiosa riprende la definizione di THIOLIER-MÉJEAN); epistola XII, Tant petit vey prezar, v. 415, in una lista di aggettivi (vv. 411-415: «es fols o es arditz / o jauzens o marritz / o subtils o sabens, / curos o negligens / o volpils o avars»).
Desesperamen, prefissazione di desperamen, sost. masch.: PD, p. 119, gli attribuisce in modo dubitativo il significato di désespoir, 'disperazione'.
 
25. Per non-poder, infinito sostantivato senza la -s flessionale, cfr. il partimen n° 1, v. 22.
 
26. trebalhatz: a partire dalla III cobla, il termine più frequente, intenzionalmente introdotto da Guiraut per condensare nel suo significato l'essenza del dibattito, è il participio passato trebalhat/trebalhatz (vv. 26, 32, 43, 52) che, insieme all'infinito trebalhar (v. 61), si trova sempre in sede iniziale di verso. Ad essi si aggiunge il sostantivo trebalh (v. 46), che in antico provenzale assume una pluralità di significati riassunti da BALDINGER, Sémasiologie et onomasiologie, in particolare le pp. 253-255; il senso che meglio concorda con il contesto del partimen è «tourment, affliction», attestato con grande frequenza.
 
28. Chabaneau: a ma[s] voluntat[z], lasciando intendere come integrazione anche la lezione voluntatz del manoscritto.
 
29. sabensa: per il valore di qualità spirituale, di «somma soddisfazione per il perfezionamento interiore» che può assumere nell'opera di Guiraut Riquier, cfr. vers XVIII, ed. LONGOBARDI, p. 122, nota al v. 32, dove si cita anche THIOLIER-MÉJEAN, Les poésies satiriques, p. 98. Lo stesso concetto, ma rovesciato di segno, lo si ritrova ai vv. 46 (malsaber) e 49 (malsabensa): per il significato di 'dispiacere, pentimento, rincrescimento' assunto sempre da malsaber nell'opera di Guiraut, cfr. vers V, ed. LONGOBARDI, p. 53, nota al v. 11. Cfr. partimen n° 15, v. 7, dove, per opposto, l'espressione bona sabensa è utilizzata nell'accezione di 'piacere'.
 
30. benvolensa: per questo termine ed i suoi affini (benestans, benestar, benestansa, bendir), cfr. THIOLIER-MÉJEAN, Les poésies satiriques, pp. 83-84.
 
31-33. I versi costituiscono la risposta alla seconda parte della precedente cobla di Guiraut Riquier: come già al v. 26, trebalhat è da collegare con il soggetto (in questo caso Falco) e non a cors.
 
33. Chabaneau, pur segnalando in nota la lezione del manoscritto, pone a testo qu’aver l'autr'ab marrimen: ci troviamo, però, di fronte a costrutti fortemente ellittici (cfr. anche il v. 29), e ritengo dunque che sia preferibile considerare dialefica l'espressione l'autra ab. «Les termes marrimen, 'affliction, tristesse', et marrir [...] 'affliger, attrister' évoquent une tristesse inconsolable, proche du deuil. Les contextes dans lesquels se trouvent ces termes nous font constater la valeur forte que leur ont attribuée les troubadours» (CROPP, Le vocabulaire courtois, p. 290). Ritengo che, in questo caso, lo 'smarrimento' sia da attribuire a Falco. Cfr. Paulet de Marseille, Ab marrimen et ab mala sabensa, ed. I. DE RIQUER, vv. 1-2, p. 188: «Ab marrimen et ab mala sabensa / vuelh er chantar», tradotti dalla studiosa «con tristeza y desagrado quiero cantar ahora».
 
34. Accetto (già Chabaneau) il necessario emendamento alla lezione del manoscritto, la·us per lavos, per ragioni metriche.
 
37. solatz: per il suo significato di piacere della compagnia e della buona conversazione «che deriva dalla frequentazione della bona gen», cfr. (a proposito della dittologia solatz/deport) ASPERTI, ed. di Raimon Jordan, pp. 332-334, nota al v. 1 della canzone Per solatz e per deport (BdT 404.7). Cfr. la pastorella III, Gaya pastorela, vv. 15-17: «Poiria / de vos solatz traire / pus m'es agradiva?».
 
40. Secondo CROPP (Le vocabulaire courtois, pp. 287-289), ira (che ricorre anche al v. 57) è un termine «ambigu, car il signifie 'colère' et 'tristesse'. Mais dans la poésie des troubadours, c'est le deuxième sens qu'il faut le plus souvent attribuer au terme [...]. Selon P. Bec, l'ira est donc 'une sorte de ressentiment douloureux' [...]. Le mot ira s'emploie en association avec presque tous les autres termes de cette catégorie lexicale», tra cui possiamo far rientrare anche malvolensa, uno dei termini in composizione con mal che designa «une intention délibérée de mal agir» (THIOLIER-MEJEAN, Les poésies satiriques, p. 107). Malvolensa, in chiusura di strofa, riprende con un'antitesi a distanza il rimante finale della cobla precedente.
 
41. Quy pot complir son talen: cfr. il partimen nº 1, vv. 37-38 (anch'essi in una cobla di Guiraut): «Car res no·l falh viven / a sel que pot complir tot son talen».
 
42. Enveyos designa in ambito amoroso colui «qui éprouve de l'envie, de la jalousie» (CROPP, Le vocabulaire courtois, p. 249), e assume qui (e al v. 52) la stessa accezione di deziros, «perdant ainsi [...] la notion de la haine nourrie contre celui qui possedè l'objet désiré» (CROPP, Le vocabulaire courtois, p. 270, in riferimento al sostantivo enveja).
 
45. bon esper: per il valore che assume l'espressione in campo cortese, cfr. CROPP, Le vocabulaire courtois, pp. 197-198: «L'épithète bon marque la confiance de celui qui aime et le plaisir qu’il éprouve en faisant la cour». Il sintagma è riutilizzato da Guiraut in canzone IV, v. 15; canzone XXIV, v. 41; canzone XXV, v. 7; canzone XXVII, v. 42; alba II, v. 32; epistola IV, v. 38; epistola VII, vv. 454 e 545; torneyamen Senhe n'Enric, us reys un ric avar (n° 5 dell'ed. Guida), vv. 53 e 71.
 
46. Riguardo al significato del termine malsaber, in figura etimologica con il rimante malsabensa (v. 49), cfr. nota al v. 29.
 
48. qu'ie·m son acordatz: cfr. breu-doble, Amors m'auci que·m fai tant abelir, v. 7: «[...] per que·m sui acordatz». Tra le varie accezioni assunte dal verbo acordar, quella che, nel caso analizzato, meglio risponde al contesto è 'décider' (cfr. PD, p. 5).
 
49. autra malsabensa: lett.: 'un altro malsapore'. Per un contesto simile in Paulet de Marseille, cfr. nota al v. 33.
 
51. finamen: espunzione della -s finale già in Chabaneau (la rima è -en).
 
52. La nota tironiana del manoscritto è sciolta in ez davanti a vocale. Chabaneau: es.
 
55. ela faytz non-dever. cfr. epistola VII, Si·m fos saber grazitz, v. 154, «o qui fa non-devers», che LINSKILL (Les Épîtres, p. 109) traduce «ou bien quand un homme fait le contraire de ce qu'il devrait faire».
 
57. Per ira, qui contrapposta al joi, cfr. nota al v. 40.
 
59-60. Riguardo all'espressione entendensa d'amor, cfr. il Roman de Jaufré in BARTSCH, Chrestomathie, 280, 26-28: «que ben posc conoiser apert / que per entendensa d'amor / o fetz c'a mi donet la flor» (nell'ed. BRUNEL, p. 45, v. 7463, si legge entenensa d'amor). Secondo CROPP, Le vocabulaire courtois, pp. 217-218, entendre «a signifié 'avoir l'esprit appliqué à, tourner sa pensée vers' (quelque chose)», e suggerisce, dunque, «l'activité d'un être conscient qui mobilise toutes ses forces intellectuelles pour vaincre la résistance de la dame e pour voir réaliser ses désirs d'amour».
 
61-62. L'equilibrio del paragone che costituisce questi due versi esige la correzione, già compiuta da Chabaneau, di la con ma.
 
61-66. Manca una delle due tornadas: Chabaneau ipotizza che ciò che resta sia la fine della seconda unita all'inizio della prima. La citazione del giudice degli ultimi due versi, purtroppo, non ci aiuta a risolvere in maniera sicura la questione, dal momento che potrebbe trattarsi sia della chiamata in causa da parte di Riquier - di norma riservata alla prima tornada, cioè a colui che dà inizio alla tenso -, sia della risposta di Falco, che accetta il personaggio precedentemente proposto. In mancanza di ulteriori tracce, ritengo, comunque, più prudente attribuire la tornada giuntaci a Guiraut Riquier e considerare perduta quella di Falco.

 

 

 

 

 

 

 

Institut d'Estudis Catalans. Carrer del Carme 47. 08001 Barcelona.
Telèfon +34 932 701 620. Fax +34 932 701 180. informacio@iec.cat - Informació legal

UAI