4. al meils del mon: una delle solite espressioni con cui vien lodata la donna amata (cfr. IV, v. 3, ecc.). L’espressione si trova usata anche fuori della lirica d’amore: cfr., ad es., il planh Fort chauza es di Gaucelm Faidit, v. 24 qu’a un sol colp a lo mielhs del mon pres (ed. C. APPEL, Prov. Chrest., Leipzig, 1930, p. 120).
5. no·m pois laissar: per se laissar de = «astenersi da...», cfr. L. R., p. 13 e S. W., IV, p. 311, 17.
6. pois: mi sembra che qui valga «quando», «se»: cfr. K. BARTSCH, E. KOSCHWITZ, Chrest. prov.,Marburg, 1904, e E. LEVY, Petit dictionnaire, Heidelberg, 1923, alla voce; - torn vezer: la costruzione di tornar con un infinito dipendente senza a è comunissima: cfr. S. W., VIII, p. 305, 28.
13. e beutatz: è un supplemento del Bertoni, che colma felicemente l’omissione del ms. - fag forzar: faire qui è usato come verbo servile: cfr. S. W., III, p. 384, 20; A. TOBLER, Vermischte Beiträge, Leipzig, 1886, I, p. 20 e segg., V, p. 314 e 376; G. BERTONI, I trovatori d’Italia,Modena, 1915, p. 572 (n. a XLIV, 15-16).
14. Assas: il codice ha assas; e poiché qui abbiamo verisimilmente un nome di luogo, il BERTONI (Nuove rime di Sordello di Goito, in Giorn. st. d. lett. it., XXXVIII, 1901, p. 293 e I trovatori d’Italia, p. 79) vi ha ravvisato la città di Assas, non lontana da Montpellier (cfr. VIVIEN DE ST. MARTIN, Nouveau dictionnaire de geographie universelle, Paris, 1879, I, p. 238). Per questo appunto il Bertoni (I trovatori d’Italia, ibid..) non scarta del tutto l’ipotesi che la douc’enemia qui cantata possa essere Guida di Rodez. Lo SCHULTZ-GORA (cfr. BERTONI, Nuove rime di Sordello di Goito, ibid.) preferirebbe invece (pur avanzando l’ipotesi con ogni riserva) leggere a Sas, che sarebbe un castello non meglio determinato: lettura anch’essa possibile, ma con la quale il passo rimarrebbe egualmente oscuro.
15-16. Il senso del passo è stato ben chiarito dallo Schultz-Gora in una nota inviata al Bertoni e da lui pubblicata (Nuove rime di Sordello di Goito, p. 293): «desshalb muss ich nach Satz (?) gehen, denn lieber will ich (wenn auch) meinedig gerettet sein als echt (d. h. nicht meinedig) sterben und unter Qualen als Toter leben». Allo Schultz-Gora appartengono anche gli emendamenti qe eviur’ in luogo di qa e mur del ms. Nelle correzioni e aggiunte fatte alla sua edizione nel vol. Il canzoniere provenzale di Bernart Amoros(Complemento Campori) il BERTONI nota che la parola finz sembra espunta e che sopra ad essa, in alto, si legge un ui, e dice che preferirebbe quindi leggere q’a murir sui; ma mi sembra che tale frase non dia un senso soddisfacente. (D’altra parte, a guardar bene il ms., l’espunzione potrebbe anche considerarsi limitata alle lettere i e n).
18-19. Il Bertoni respinge il de del ms., e lo sostituisce con un poi, ponendo il punto interrogativo dopo aver, e virgola dopo retener. Ma di tale emendamento non c’è alcun bisogno, come ha notato giustamente lo SCHULTZ-GORA (rec. al vol del Bertoni, Nuove rime di Sordello di Goito), il quale osserva in proposito: «es kann vielmehr in de vos non pos mai aver einer jener seltenen Fälle vorliegen, wo in einem negierten Satze bei dem mit de eingeführten Objekte, das ein bestimmtes Einzelwesen bezeichnet, das Quantitätswort fehlt»; e rimanda al TOBLER, Vermischte Beiträge, I, p. 50. Ho aggiunto per chiarezza «soccorso»; più letteralmente si sarebbe potuto aggiungere «nulla».
18. Il ms., come ho accertato in una nuova collazione, ha poi de uos non pos mai auer; sicché, se è sostenibile, eliminando poi, l’interpretazione proposta dallo Schultz-Gora, da me seguita, è possibile anche accogliere l’interpretazione del Bertoni.
19. retener: nel senso, comunissimo nella lirica trobadorica, e legato alla concezione dell’amore come «vassallaggio», di «accettare (uno) come amante», «accogliere (uno) come innamorato», «accettare la servitù (o il vassallaggio) d’amore (di qualcuno)»: cfr. A. CANELLO, La vita e le opere del trov. Arnaldo Daniello, Halle, 1883, p. 215, n. al v. 47 del n. VIII (es la bella c’ab si·m retenc); C. APPEL, Bernart de Ventadorn, Halle, 1915, gloss.; J. COULET, Le troub. Guilhem Montanhagol, Toulouse, 1898, p. 136; A. CAVALIERE, Le poesie di Peire Raimon de Tolosa, Firenze, 1935, p. 28; e S. W., VII, p. 288, 2.
21. regnatz: col solito senso di «vivere» (o anche «comportarsi», «condursi»): cfr. II, v. 3.
23. abrics e portz: immagine non infrequente nella poesia trobadorica. I due sostantivi si ritrovano nella canz. Aissi co·l fuocs di Bartolomeo Zorzi, v. 78-79 car vos etz pretz, capdels, valors e portz, / sens et abrics, estatges e beutatz (ed. E. LEVY, Halle, 1883, p. 81). - In luogo di a il BERTONI (I trovatori d’Italia, p. 300) propone di leggere am.
24. Adotto l’interpretazione e l’interpunzione che il Bertoni diede in un secondo tempo, presentandole come probabili, a margine dell’esemplare del suo studio da lui inviato allo Schultz-Gora, approvate dallo Schultz-Gora nella sua recensione (in Zeitschrift f. rom. Phil., XXI, 1897, p. 368) e dallo JEANROY (rec. al vol. del BERTONI, in Annales du Midi, XIV, 1902, p. 209), e accettate definitivamente dal Bertoni nell’ed. del canzoniere di Bernart Amoros (Il canz. prov. di Bernart Amoros, ibid.). Nell’edizione della lirica (Nuove rime di Sordello di Goito, p. 239) il Bertoni leggeva invece on peigz en trac mos maltragz, m’esconortz, che non dà senso soddisfacente. - on peigz: «quanto peggio», locuzione frequente: cfr. Raimbaut d’Aurenga, canz. Amors, com er?, v. 20-21 ades recaliva / mos leus cors, on pieitz m’en vai (in Archiv f. das St. d. n. Spr. u. Lit., LI, p. 133). È espressione parallela all’altra anch’essa notissima on plus, «quanto più», per la quale basti citare — tra i molti esempi che si potrebbero addurre — Peirol, canz. Pos entremes me sui (attribuita anche a Folquet de Marseilla: cfr. P. C., 366, 27 a e 155, 17), v. 17-18 que on plus n’ai d’afan e de martire, / dobla l’amors e nays e creys ades (ed. S. STROŃSKI, Le troubadour Folquet de Marseille, Cracovie, 1910, p. 99); Gaucelm Faidit, canz. Al semblan, v. 8 chant, on plus ai malanansa (BARTSCH, KOSCHWITZ, Chr. pr., c. 160) e canz. Moutas sazos, v. 19 on plus li clam merce, no·m denh auzir (F. J. M. RAYNOUARD, Lexique roman, Paris, 1838-44, I, p. 368); Guilhem Montanhagol, sirv. Bel m’es, v. 9-10 Coms de Tolza, on plus esprim / los ricx, vos vey de pretz al cim (ed. COULET, p. 76); Bonifacio Calvo, partim. Luchetz, se·us platz, v. 3 ... on plus finz li siatz (BERTONI, I trovatori d’Italia, p. 430); e cfr. S. W., V, p. 486, 5; A. STIMMING, Bertran de Born, Halle, 1879, p. 251; COULET, ibid., p. 80 e seg.; APPEL, Prov. Chrest., gloss., e Bernart de Ventadorn, gloss. Si hanno anche, come è noto, on melhs e on meins.- en trac: per traire peitz («Uebleres erdulden») cfr. S. W., VII, p. 363, 30.
30. del plus merce trobar: letteralmente «ottenere pietà riguardo al di più»; ossia deve ottenere pietà riguardo a ciò che non può fare perché è al di fuori delle sue possibilità, e merita quindi di ottenere per pietà un premio superiore a ciò che effettivamente fa.
30-31. merce trobar ... ieu e: supplemento del Bertoni, che colma in modo soddisfacente la caduta di due emistichi, dovuta verisimilmente alla ripetizione a breve distanza della parola merce.
32. del poder: «quanto posso»; espressione assai frequente: cfr. Bernart de Ventadorn, canz. Bel m’es, v. 32 e servira·lh de mo poder (ed. APPEL, p. 63); e cfr. S. W., VI, p. 412, 11. L’espressione ricorre anche nell’ Ensenhamen (XLIII), v. 307.
37-38. Cfr. Peire Vidal, canz. Pos tornatz sui, v. 44-45: mais am ab leis mescabar / qu’ab autra joi conquistar (ed. J. ANGLADE, Paris, 1923, p. 90).
38. gazagnar: si legge chiarissimamente nel codice, al suo giusto posto. Al Bertoni la parola sfuggì, e, credendo che qui vi fosse una lacuna, propose (Nuove rime di Sordello di Goito, ibid.) di colmarla con le parole mon cor dar: supplemento che non accontentò — giustamente — lo Jeanroy, il quale propose (ibid.) al posto di esso appunto gazagnar, «à peu près assuré — notava — par le gazanz du v. suivant» : il che è un esempio interessante di ricostruzione della lezione esatta per mezzo di una felice congettura. È curioso che il Bertoni non si sia accorto della svista nemmeno nella nuova collazione di a fatta per il noto volume da lui dedicato a questo ms.
41. Douc’ enemia: questo senhal ricorre anche, come si è visto, nella canz. IV, v. 33.
42. tan ferm lassatz: lassar, nel senso di «legare», «avvincere», «stringere», è frequentissimo nella lirica d’amore trobadorica: si cfr. ad es. Cercamon, canz. Quant l’aura doussa, v. 5 d’Amor, que·m te lassat e pres (ed. JEANROY, p. 1); Bernart de Ventadorn, canz. En cossirer, v. 1-2 En cossirer et en esmai / sui d’un amor que·m lass’e·m te (ed. APPEL, p. 98), canz. Ja mos chantars, v. 51-52 que molt m’es mal’aqist preizos / en c’Amors m’a lassat e pres ( ibid., p. 129); Guilhem de Cabestanh, canz. Lo dous cossire, v. 98 m’a gen lassat e pres (ed. A. LǺNGFORS, Paris, 1924, p. 18); e cfr. APPEL, Prov. Chrest., gloss.; CAVALIERE, Le poesie di Peire Raimon de Tolosa, p. 96, n. 23 del n. XIV, che dà molti altri esempi. - ferm: può essere avverbio (cfr. LEVY, Petit dict., alla voce); ma si potrebbe anche cambiare in ferms, poiché spesso in simili frasi abbiamo l’aggettivo in luogo dell’avverbio (cfr. S. W., III, p. 454, 6): cfr. Raimbaut d’Aurenga, Er resplan, v. 15 aissi·m suy ferms lassatz en Joy (ed. APPEL, Prov. Chrest., p. 60); Guillem d’Autpol, Esperansa de tot, v. 1 Esperansa de totz ferms esperans; e lo stesso Sordello, canz. II, v. 38. - ses cor var: cfr. V, v. 2 e la nota relativa. |