2. faitz amor: per faire amor nel senso di «concedere amore» cfr. gli esempi citati dal S. W., I, p. 59; e cfr. anche la locuzione faire perdon, ove faire ha un senso analogo (per questa cfr. anche L. R., III, p. 621).
5. amija: il codice ha amiza, ma la restituzione della forma con l’ -j-, qui e nei versi seguenti (6, 13, 21, 22, 25, 26) è richiesta dal si ja- del v. 14. Tale esito di -ica (in luogo del comune -iga) è fenomeno proprio del limosino moderno, e probabilmente era già del limosino antico: C. CHABANEAU, Gramm. limousine, Paris, 1876, p. 62, n. 2; e cfr. p. CXXIX.
9-11. Come ha mostrato il MUSSAFIA, Zur Kritik und Interpretation rom. Texte, in Sitzungsberichte d. Kais. Akad. d. Wiss. di Vienna, Phil. - hist. Klasse, CXXXIV, 1895, IX Abh, p. 15 e seg., fis e vertadiers sono da collegare a m’autrei, come predicati (usati, come accade comunemente, nella forma del nominativo) dell’accusativo riflessivo. Aital potrebbe considerarsi usato allo stesso modo, e sarebbe allora da mutare in aitals; ma può anche essere considerato come avverbio, collegato al q’ del v. 11.
11-12. Per il cambiamento di costruzione cfr. A. STIMMING, Bertran de Born, Halle,1879, p. 274, n. al v. 6 del n. 24; e cfr. i v. 25-26 della canz. V.
18. ses cor trichador: «senza cuore ingannatore»; locuzione assai diffusa, come l’altra parallela ses cor galiador, per indicare la lealtà e la fedeltà dell’innamorato. Si cfr. ad es. Guilhem de la Tor, En vos ai, v. 46-49 per qu’eu ses cor galiador, / e leialmen, / ses fallimen, / vos am e ses cor trichador (ed. A. KOLSEN, Dichtungen d. Trob., Halle, 1916-19, II, p. 128; ed. F. BLASI, Le poesie di Guilhem de la Tor, Genève-Firenze, 1934, p. 36). Di ses cor galiador un esempio anche in Sordello, XXXIII, v. 3; un altro in Rambertino Buvalelli, D’un saluz, v. 7 con l’am senz cor galiador (ed. G. BERTONI, I trovatori d’Italia, Modena, 1915, p. 238). Si trova anche ses cor vaire (per cui cfr. ibid., p. 574; e in Sordello, V, v. 2; VI, v. 42).
19. Engal qui è usato come preposizione: per questo uso cfr. F. DIEZ, Grammatik der rom. Sprachen, Bonn, 1882, p. 895, n. 2, e S. W., II, p. 317; cfr. anche L. R., III, p. 135 (ove però questo passo di Sordello è citato in lezione errata).
21-22. Come ha mostrato il MUSSAFIA, ibid., p. 16, è necessario correggere il don del ms. in non, non potendo altrimenti pauc del v. 21 avere senso negativo. Il Mussafia propone anche no·m, citando a confronto il v. 24 della canz. V; ma preferisco attenermi a non, più vicino alla lezione del ms. La correzione non è stata giudicata opportuna anche dallo SCHULTZ-GORA, rec. al vol. del DE LOLLIS, in Zeitschr. f. rom. Phil., XXI, 1897, p. 254 e dal BERTONI, ibid., p. 299 e seg. La proposta del Mussafia venne combattuta dal GUARNERIO, rec. al vol. del DE LOLLIS, in Giorn. stor. d. lett. it., XXVIII, 1896, p. 400, ma con obiezioni senza fondamento.
29-30. Questa seconda tornada, come ho avvertito, era sfuggita al De Lollis. |