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Boni, Marco. Sordello, Le poesie. Nuova edizione critica con studio introduttivo, traduzioni, note e glossario. Bologna: Palmaverde, 1954.

437,034- Sordel

1. Questo verso è probabilmente in rapporto con la chiusa del secondo sirventese (P. C., 330, 18) di Peire Bremon Ricas Novas, ove Peire Bremon dice a Sordello: Si tot avetz, en Sordels, longa renda, / non es joglars, e si joglars fosses, / non fes nuills temps — mas non q’ie·us reprenda — / tant bos joglars dos tant crois sirventes (v. 41-44; ed. J. BOUTIÈRE, Toulouse-Paris, 1930, p. 66). Ma il senso del verso, come avvertono il BERTONI e lo JEANROY, Un duel poétique au XIIIe siècle, in Ann. du Midi, XXVIII, 1916, p. 302, non è del tutto chiaro, potendo afi esser fatto derivare tanto da afinar quanto da afiar (afizar). È forse preferibile la prima interpretazione, poiché i derivati di fiar (fizar) si costruiscono di solito con a o en (cfr. L. R., II, p. 289; S. W., III, p. 497). Tale significato di afinar non è registrato nel L. R., nel S. W. e nel Petit dict.
 
3. en cocha: «dans le besoin, dans la détresse» (ed. BERTONI-JEANROY); cfr. anche L. R., II, p. 245; S. W., I, p. 270, 2.
 
6. tenra: per tener nel senso di «dirigersi», «andare» cfr. I, v. 25.
 
7. e l’aten: è indicativo, e quindi non può esser tradotto «e se l’aspetti», come propone il DE LOLLIS. Bisognerà tradurre, col BERTONI e con lo JEANROY «et il s’y attend» (cfr. anche A. JEANROY, rec. al vol. del DE LOLLIS, in Revue critique d’hist. et de littérat., XLII, 1986, p. 285). Lo SCHULTZ-GORA, rec. al vol. del DE LOLLIS, in Zeitschr. f. rom. Phil., XXI, 1897, p. 250, osserva che non gli sembra da escludere la possibilità di intendere e l’aten come equivalente a «in der Erwartung», collegando l’espressione col li falh che precede («da H. Barral ihn in der Erwartung im Stiche lässt...»); ma mi sembra un’interpretazione meno convincente.
 
8. e nostra cort: cioè nella corte di Provenza, dove Sordello allora si trovava (cfr. l’Introduzione, p. LVII e seg.). - no pes del tornar: per la costruzione di pensar seguito da de + infinito (spesso preceduto dall’articolo definito) cfr. la nota del DE LOLLIS.
 
9. se fenh prims e s.: per se fenher accompagnato dal complemento al caso retto cfr. A. STIMMING, Bertran de Born, Halle, 1879, p. 229, n. al n. 1, v. 6; S. W., III, p. 439, 2.
 
10. a son tort: forse è preferibile, col BERTONI e lo JEANROY, intendere l’espressione come riferita a Peire Bremon. Lo SCHULTZ-GORA vorrebbe invece riferirlo al conte («...Sordel ironisch meint, der Graf habe einen hervorragenden Mann verloren»). Cfr. anche S. W., VIII, p. 318, 6.
 
13. hom: il DE LOLLIS legge home, seguendo C; ma non vi è alcuna ragione per accogliere questa violazione delle regole flessionali: cfr. A. MUSSAFIA, Zur Kritik und Interpretation rom. Texte, in Sitzungsberichte der Kais. Akademie der Wissenschaften di Vienna, Phil.-hist. Klasse, LV, 1867, p. 2; SCHULTZ-GORA, ibid.; BERTONI, JEANROY, ibid., p. 302.
 
15. cabal: nel senso di «capace» non è registrato né nel L. R., né nel S. W., né nel Petit dict.
 
22. non lo viron: si ha la consueta omissione del que: cfr. XVI, v. 26.
 
24. fai: faire ha qui la funzione di «verbo vicario», che assume frequentemente: cfr. F. DIEZ, Gramm., Bonn, 1882, p. 1068; L. R., p. 262.
 
25. penhen: accolgo l’emendamento proposto dallo Schultz-Gora, assai plausibile (anche per il confronto col v. 25 del sirventese precedente [XXIV], ove penher è unito a afaitar), e accettato, anche dal Bertoni e dallo Jeanroy. Il De Lollis invece mantiene la lezione dei manoscritti, che era stata accolta anche dal L. R., III, p. 231, ove il v. è tradotto «Maintenant nous le verrons venir, feignant et se déguisant». L’APPEL, rec. al vol. del DE LOLLIS, in Literaturblatt f. germ. u. rom. Phil., XIX, 1898, col. 229, pur riconoscendo accettabile l’emendamento dello Schultz-Gora, ritiene che si possa mantenere anche fenhen, nel senso di «sich zierend». Anche il S. W., III, p. 441, 6 mantiene fenhen.
 
26. Questo verso è di interpretazione assai dubbia. Nel L. R., III, p. 236 (e cfr. II, p. 128) è tradotto: «aller sur l’orteil à pied et monter s’appuyant». Il DE LOLLIS (Vita e poesie di Sord., p. 269), richiamando le espressioni leva l’arteu, juga de l’arteu del prov. mod. registrate dal Mistral (Tresor. d. felibr., Aix-en-Provence-Avignon-Paris, 1878-86, I, p. 145) e che il Mistral traduce «lever le pied, décamper», e ricollegando estrubar col prov. mod. estrepa, «piétiner, gratter la terre avec les pieds, trépigner» (ibid., I, p. 1075), propone di tradurre «mettendosi in via a piedi e arrampicandosi sgambettando»; ma tale interpretazione è tutt’altro che soddisfacente (fra l’altro è assai dubbia la corrispondenza tra estrubar e estrepa: cfr. SCHULTZ-GORA, ibid., p. 250). Credo che sia preferibile l’interpretazione proposta dal BERTONI e dallo JEANROY, che intendono anar d’artelh a pe come equivalente a «marcher sur la pointe des pieds [en cambrant sa taille]», e ricollegando estruban a estreup («étrier»: L. R., III, p. 231; S. W., III, p. 348, I) traducono il secondo emistichio «en s’appuyant [sur un bâton] comme sur un étrier» (cfr. il prov. mod. estriba, Tresor. d. felibr., ibid., «mettre le pied à l’étrier », e il port. e spagn. estribar, «appoggiare»). Sulla questione cfr. anche SCHULTZ-GORA, ibid., JEANROY, rec. al vol. del DE LOLLIS, p. 302.
 
27. cenhen: accolgo, come propone lo SCHULTZ-GORA, la lez. di R che soddisfa meglio al senso e che è stata accettata anche dal BERTONI e dallo JEANROY. Lo Schultz-Gora però ritiene cenhen equivalente a «schürend, d. h. putzend»; mentre il Bertoni e lo Jeanroy traducono «serrant sa taille», aggiungendo in nota «Bremon se ‘sangle’ pour se faire une taille plus avantageuse». Credo che quest’ultima interpretazione sia da preferire. Il DE LOLLIS si attiene alla lez. di C, che è accolta anche dal S. W., III, p. 441, 6, ove è citato il passo.
 
31. caitiviers: «malvagità»: cfr. L. R., II, p. 274. La parola ritorna al n. XLIII, v. 83. - que … non blan: per blandir nel senso di «faire cas de», «schätzen» cfr. S. W., I, p. 148 e la nota dell’ed. BERTONI-JEANROY.
 
33. Semblan sai...: si noti la collocazione dell’oggetto della proposiz. dipendente all’inizio della proposiz. principale: cfr. XXIII, v. 11 (cfr. MUSSAFIA, ibid., p. 24).
 
34. non: come ha mostrato il MUSSAFIA, è da preferire la lez. di R (prescelta anche dal BERTONI e dallo JEANROY). Il DE LOLLIS segue, come in altri casi, C, la cui lezione è difesa anche dallo SCHULTZ-GORA.
 
35. non fara elh: il BERTONI e lo JEANROY traducono: «Non, en verité, il ne s’en souciera pas». Cfr. anche JEANROY, ibid.
 
36. e quar: mantengo, col BERTONI e lo JEANROY, la lezione dei mss., benché il senso della frase non sia del tutto chiaro, per la caduta del v. 39. Lo SCHULTZ-GORA propone di correggere e quar es in enquar’es «fernerhin ist er», ponendo un punto dopo envelir: ma è un emendamento assai dubbio. Il LEVY,rec. al vol. del DE LOLLIS, in Zeitschr.f. rom. Phil., XXII, 1898, p. 255, propone, con ogni riserva, di mettere una virgola dopo albir, un punto dopo envelir, collegando i v. 36-38 ai precedenti.
 
38. dechazer: transitivo, nel senso di «rovinare», «disonorare».
 
39. La lacuna fu chiaramente avvertita per la prima volta dal BERTONI e dallo JEANROY (Il DE LOLLIS, Vita e poesie di Sord., p. 120, si limita ad osservare che all’ultima strofa manca un verso, senza tenere alcun conto dell’osservazione nell’edizione del testo).

 

 

 

 

 

 

 

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