Come si vede, oltre al richiamo interstrofico, le rime sono fatte scalare di un posto da una strofa all'altra, finché la prima non diventa l'ultima, esaurendo nella quinta strofa il ciclo completo dell'avvicendamento delle cinque rime. Anagolamente discuto la qualifica di singulars attribuita da FRANK anche ai vers XVI e XXVI, limitandomi in questa sede ai casi più evidenti in cui la ' ciclicità ' delle rime contrasta maggiormente con la definizione data. Una revisione e puntualizzazione dei fenomeni che presentano con questi stretta analogia è già in MÖLK, pp. 126-130. I due ultimi versi di ogni strofa presentano motz equivocz edequivocz contrafagz. L'equivocità è realizzata, al di là dell'identità della forma, dalla diversa funzione sintattica, morfologica o semantica degli elementi della coppia, cfr. v. 12 peneden = part. pres. e v. 13 idem sostantivo; vv. 64-65 perdutz, prima imperativo di perduire, poi part. pass. di perdre; vv. 38-39 pas prima ' condotta ' e poi ' trapasso ' e ai vv. 25-26 71-72 tramite l'ulteriore scarto a livello grafico: de port ' da porto ' contro deport ' diporto ' ed esperdutz contro es perdutz. Per casi analoghi di componimenti costruiti sui motz equivocz, cfr. vers XVI e canso XXIV, p. 107.
Sintagmi smembrati e ' ritardati ' mediante iperbato (vv. 1-2 Mentaugutz... es, vv. 49-51 mutz... de ben).
Parallelismo: vv. 14-17 tan len-corren; bes-mals; es volgutz-es saubutz.
Paronomasia: denant-detras (v. 23) combinato con la iterazione di de, dei vv. 23-26.
Al verso 57 si osservi lo scarto fra l'accento piano della parola
nostres e la scansione richiesta da rima e ritmo. Per questo caso e quello di
XV, 35, cfr. BARTSCH K.,
Denkmäler der provenzalischen Litteratur, Stuttgard, 1856, p. 390. Per il fenomeno cfr. MENICHETTI A.,
Rime per l'occhio e ipometrie nella poesia romanza delle origini, « Cultura Neolatina » XXVI, 1966, pp. 5-95 e DI GIROLAMO, pp. 13-15.