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Del Monte, Alberto. Peire d'Alvernha, Liriche. Torino: Loescher-Chiantore, 1955.

323,011- Peire d'Alvernha

È il componimento di Peire cui è stata dedicata maggior attenzione dai filologi, anche se a volte si è sofisticato più che chiarito. Riconosciuto ormai ch’esso non è propriamente una satira, occorre aggiungere che non appare neanche una rassegna caricaturale, ma piuttosto un gioco letterario, un esercizio d’abilità per cui il poeta crea delle fisionomie burlesche di altri trovatori sfruttando parodisticamente alcune espressioni peculiari della loro opera letteraria: una trama d’intelligente e bonaria ironia che non poteva non essere accolta dal sorriso degli altri, ai quali pur la ripresa parodistica serviva a ricordare temi e modi ad ognuno cari.
La data indicata negli anni 1165-1173 (cfr. APPEL, Peire Rogier, p. 10; SUCHIER, Jahrb., 14, 121; ZENKER, p. 31; JEANROY, Rom., 56, 503) è stata precisata nel luglio-settembre 1170 dal Pattison (Mod. Phil., 31, 19), il quale, consolida l’opinione del RAJNA (Rom., 49, 95) e dell’APPEL (Bernart de Ventadorn, p. XX) secondo cui il componimento sarebbe stato composto alla presenza dei personaggi citati nel sirventese.
Oltre le opere citate qui e in seguito, cfr. anche SCHELUDKO, Arch. Rom., 15, 163.
 
4. aillors: Crescini, Atti R. Istituto Veneto, 86, 1239 = in altro modo.
 
5. entrametre: Audiau — faire concurrence.
I precedenti editori, secondo CRa: entrametre n’aug.
 
9. RAJNA, loc. cit.: chantet; ma cfr. CRESCINI, op. cit., 221.
 
7-12. A proposito di questa strofa si ricorda la vida di Peire Rogier: «fo canorgues de Clarmon... e laisset la canorga e fetz se joglars» (ed. Boutière-Schutz). Ma, da una parte, la notizia non è confermata da altra fonte, e, dall’altra, le strofe del sirventese dedicate agli altri trovatori non contengono riferimenti biografici ma mistificazioni letterarie e, nel caso di Bernart de Ventadorn, è il biografo ad attingere da Peire d’Alvernha e non viceversa. Tuttavia nelle canzoni di Peire Rogier non si rinvengono immagini che possano aver suggerito all’Alverniate questa strofa, a meno che non si riferisca al v. 15 della canzone 3:
 
a dieu m’autrei (ed. Appel).
 
12. APPEL, ZENKER, CHAYTOR, LOMMATZSCH, AUDIAU, CAVALIERE, HILL-BERGIN: portar ab; CRESCINI, PICCOLO (ma la traduzione non corrisponde al testo), RIQUER: on portes. Qui si adotta la lez. di ADIKN²z, imposta dalla comunanza di un infinito seguito da ab in ADIKN²z e CR, il che esclude l’autenticità della lez. isolata di a, e preferendo poi la lez. di A.
 
14. Questo verso è forse una contraffazione di alcune immagini di Giraut:
 
Tan sui vas enfrevoliz
No m’a laissat charn ni sanc
(ed. Kolsen, 30, 22 e 42)
 
......................vau pensan
Tan qu’en magrezisc e sec
Volven de tort en travers
Plus abruzitz d’un convers
(30, 53-56)
 
15-16. Sono ispirati dai vv. 11-14 della canzone 4 di Giraut:
 
Qui que·s n’azir, me sap bo,
Can auch dire per contens
Mo sonet rauquet e clar
E l’auch a la fon portar.
 
17. Gli editori precedenti preferiscono la lez. di CRa: e si·s vezia. Per l’imperfetto in una proposizione condizionale, cfr. la nota a IV, 30.
È forse una ritorsione burlesca di un’espressione di Giraut:
 
          Al sen dels ancessors,
          Can aondava jais,
          No valc un ou enais,
Qu’era qui ri ni voi aver solatz,
No l’es grazitz, ans es fols apelatz.
(46, 35-39)
 
19-24. ZINGARELLI, Studi medievali, 1, 319, ha dimostrato come questa strofa sia una parodia delle metafore delle canzoni di Bernart e come il biografo (cfr. BOUTIÈRE-SCHUTZ, 14) attinga da lui.
 
25. de Briva·l Lemozis: è probabilmente lo stesso Lemozis che tenzonò con BERNART DE VENTADORN (ed. Appel, 14).
 
31. Per questo trovatore non altrimenti conosciuto, cfr. PILLET, 232. MILÁ Y FONTANALS, Trovadores en Esp., p. 434, lo credeva originario della Catalogna.
 
35. ZENKER, CHAYTOR, LOMMATZSCH, CAVALIERE, HILL-BERGIN, preferiscono la lez. di ADIKN²z pins: fringuello (ma cfr. SW, s. v.); PICCOLO adotta chins che però traduce fringuello (? !).
 
37-48. Queste due strofe furono credute delle interpolazioni, fatte sul modello delle due strofe corrispondenti del sirventese del MONGE DE MONTAUDON Pos Peire d’Alvergn’a chantat (ed. Lavaud, 1) imitazione di questo dell’Alverniate, dallo ZENKER (Die prov. Tenzone, p. 33; Zts., 13, 294 e 16, 437; R. F., 12, 850) che adotta per la strofa VIII la lez. di CR, identificando il Peire Bermon con Peire Bremon Ricas Novas. La sua tesi è stata accettata da JEANROY, AdM, 2, 295; PAKSCHER, Deutsche Literaturzeitg, 9, 1146; SCHULTZ-GORA, Zts., 12, 540; e fra gli editori dal CHAYTOR, dal LOMMATZSCH e dal CAVALIERE. Alla teoria dello ZENKER si oppose prima l’APPEL (Lit.-Blatt, 10, 109; Zts., 14, 160 e 20, 389), il quale identifica il Peire Bermon con Peire Bremon lo Tortz — identificazione ripresa poi dal DE BARTHOLOMAEIS, Studi medievali, n. s., 3, 67 — e adotta la lez. di a per il v. 1 della strofa VIII. Ma solo col CRESCINI (Zts., 18, 270; Manuale, p. 183; Atti R. Istituto Veneto, 86, 1203) è stata decisamente rivendicata l’autenticità delle strofe VII e VIII, quest’ultima nella lez. di a. Le conclusioni del Crescini sono state accettate dal PICCOLO e dal RIQUER e ribadite dall’ALMAQUIST (ed. di Guilhem Ademar, p. 48). Un’esposizione di tutta la questione in CARSTENS, Die Tenzonen der d’Uisel, p. 27.
 
37. Non è, dunque, Guilhelm Ademar, ma probabilmente quello stesso En Grimoartz che si nomina al v. 60 dell’unica sua canzone tramandataci, Lanquan lo temps renovela (Pillet, 190, 1), attribuita dai mss. Ce, che l’hanno conservata, a Jaufre Rudel, probabilmente per la somiglianza dell’incipit con Lanquan li jorn son lonc (ed. Jeanroy, 5).
 
38. I precedenti editori, secondo CRa: vai ioglars.
 
39. I precedenti editori, secondo CRa: e fai ho mal qui lo·y cossen; il che causa la ripetizione o quasi del primo emistichio al v. 47.
 
40. Per tale uso, cfr. le vidas d’Aimeric de Pegulhan, d’Arnaut Maruhel, di Jausbert de Puycibot, di Peirol, di Perdigon, d’Uc de Saint Circ (BOUTIÈRE-SCHUTZ, 3, 11, 40, 79, 80, 101).
 
41. APPEL, ZENKER, CHAYTOR, LOMMATZSCH, AUDIAU, CAVALIERE, HILL-BERGIN: sem pars = senza pari.
semprars: PICCOLO = sempre; ma cfr. LEVY, Pet. Dict., s. v.
 
43-48. Il KOLSEN, Zts., 45,545, accetta questa strofa secondo la lez. di ADIKN²z; cfr. la nota 36-48.
 
43. Peire de Monzo: trovatore o giullare non altrimenti conosciuto, probabilmente catalano o aragonese.
 
44. coms de Tolosa: Raimondo V di Tolosa.
 
45. Il PICCOLO riferisce chantan a Peire de Manzo traducendo: che canta da quando... gli regalò...; ma, a parte che chantan è gerundio e non participio presente, sarebbe una ben involuta costruzione.
sonet: cfr. nota a III, 8.
 
48. I ladri subivano talora l’amputazione d’un piede. Il CRESCINI suppone pe < pēnis (Zts., 18, 270), ciò ch’è invece escluso dal GROEBER (ibid.; AdM, 6, 518) il quale crede pe < pĕdem e crede aquo que hom porta penden (CR) la lez. originale. Certo se pe equivale a pene, sarebbe inutile il dimostrativo aquel e risulterebbe un’insipida aggiunta (salvo l’allusione a un’impossibilità ch’esso non fosse penden) anche la frase que porta penden. Meglio è perciò pensare a un gioco di parole fra pĕdem (e i ladri n’erano mutilati) e pēnis (di cui dovrebbe essere amputato questo giullare ladro). Perciò qui si traduce: membro, cercando di mantenere parzialmente l’equivoco.
 
49. Aun Bertran de Saissac l’indice di C attribuisce una canzone di Marcabru (PILLET, 293, 15). HOEPFFNER (Rom., 53, 111, n. 1) ha proposto cautamente l’identificazione invece con Bernart Marti.
 
50. APPEL, ZENKER, CHAYTOR, LOMMATZSCH, CAVALIERE, HILL-BERGIN, seguono la lez. di a.
 
53. Su Bertran de Cardaillac, cfr. APPEL, Peire Rogier, p. 10.
 
55. Raimbaut d’Aurenga.
 
56. Raimbaut aveva detto:
 
Per midonz ai cor estout
Et humil e baut
(ed. Pattison, 21, 29)
 
Joglars,...........
Ma dompna e vos mi faitz baut
(ibid., 43)
 
e cfr. anche 23, 26. È perspicuo che Peire riprende burlescamente un termine caro a Raimbaut.
 
58. Cfr. RAIMBAUT D'AURENGA, ed. Pattison:
 
........ tengra·m chaut
Per enseignamen m’azaut
De moutz qe·m fan de lur chaut.
(21, 34 e 45-46)
 
ma anche:
 
Morrai frescx ........
(19, 2)
 
Mon cor nou e fresc
(21-16)
 
E assidue sono, nella poesia di Raimbaut, le immagini sul caldo:
                  
E·l sols.........................
Cautz, greus, secs, durs et ardenz
(9, 10-12)
 
E·l sol qu’era cautz, ferms e durs
Es sa calors teun’e flaca
(10, 4-5)
                  
Q’en gran chalor mi dona freich
(23, 24)
 
e così via. Parimenti frequenti sono le dichiarazioni di tristezza:  per es. cfr.:
 
Amors ... qe·m ten trist
(4, 39)
 
C’un’ira·m cenh
Lo cor, on dols m’a pres razitz,
Per qe·n sofer.
(8, 4-6)
 
Tristz e marritz
Es mos chantars...
(8, 13-14)
 
e 5, 12-18; 11, 19; 15, 61; 25, 1-2; 23, 30 ecc.
 
59. Forse i pipautz di Peire alludono all’uso da parte di Raimbaut dei verbi flaujar (21, 22) ed esflaujar (4, 52).
 
61. Eble de Saigna è lo stesso della tenzone N’Ebles, chauzes en la meillor (ed. Almaquist, 15). Le somiglianze sono flagranti:
 
Guillem Aimar, anc per amor
Piegz non trais hom de mon viven,
Con ai fag e faz, ni enten
Com plus deia de ma ricor.
 
Quest’Eble de Saigna è stato identificato con Eble d’Ussel da ZENKER (Die prov. Tenzone, p. 33 ss.), JEANROY (AdM, 2, 296 ss.) e ALMAQUIST (ed. de Guilhem Ademar, p. 58 ss.). Contrari invece SCHULTZ-GORA (Zts., 12, 540), APPEL (Lit.-Blatt, 10, 109; Zts., 14, 168; Rlr., 33, 408 s.), CARSTENS (Die Tenzonen der d’Uisel, p. 31), CRESCINI (Atti R. Ist. Ven., 861 I, p. 216 ss.). Ora, fra i molti Saignes del Sud della Francia, il più importante è Saignes del Cantal, posto a 25 Km da Ussel. Eble d’Ussel è nominato per l’ultima volta in un documento del 1233 e non si conoscono sue poesie posteriori al 1209 (cfr. AUDIAU, Les poésies des quatre troubadours d’Ussel, p. 109 ss.); la poesia di Peire è molto probabilmente del 1170. Queste date non escludono l’identificazione, confermata invece dalla coincidenza fra il ritratto che di Eble fa Peire e quello che di lui si rivela dalle tenzoni fra Eble e Gui d’Ussel:
 
N’Eble, pus endeptaz...
(ed. Audiau, 18, 1)
 
N’Eble, com hom recrezenz
Cui amors non abelis
Partez.
(20, 10-13)
 
E la capa lais a vos, cui cove
E·il domna sai qe no·us faria re.
(16, 15-16).
 
ZENKER (Zts., 13, 296) e JEANROY (AdM, 2, 296) credevano questa strofa interpolata.
 
63. de coiden: BARTSCH, ZENKER, LOMMATZSCH = mal di denti; LAVAUD: de conten = sur un ton batailleur, comme en bataille; CRESCINI, CAVALIERE, PICCOLO, RIQUER: de coinden = aggraziatamente.
 
65. poies: moneta di scarso valore. Cfr. RAIMBAUT D'AURENGA, ed. Pattison, 24, 12.
 
67. Gli editori precedenti, secondo CR: Guossalbo. È Gonzalo Ruiz de la Bureba, alfiere del re di Castiglia e cugino del re García Ramírez de Navarra, che appare citato in documenti tra il 1122 e il 1180 e fu inviato nel 1170 nel Languedoc e nell’Aquitania da Alfonso VIII di Castiglia per accompagnarne in Ispagna la futura sposa Eleonora d’Inghilterra (cfr. PATTISON, Mod. Phil.,31, 19). Al PICCOLO è sfuggito il rilevante contributo del Pattison.
 
68. APPEL, ZENKER, CHAYTOR, LOMMATZSCH, CAVALIERE, HILL-BERGIN, emendando CR: de son trobar formitz.
 
69. APPEL, secondo CR: tan que.
 
73. veilletz: è lez. di DN², mentre quella z guillelms, lectio facilior, è una manifesta corruzione di essa. La lez. comune ad AIK ed a. è vieils,ma il v. risulta mutilo d’una sillaba, laddove la lez. di CR petitz è isolata. La lez. esatta è dunque veilletz onde, per errore dei copisti, indipendentemente, vieils (cfr. anche BERTONI, Studj rom., 13, 23; I trov. d’Italia, p. 129). AUDIAU: us vielhs.
lombartz: DE BARTHOLOMAEIS, P. P. St., I, 3. n. 15 = usuraio, avaro; ma è perspicua la rispondenza fra lombartz, che aveva il significato tradidizionale di «vile», e coartz. Con lombart s’indicava genericamente il natio dell’Italia settentrionale.
 
74. vezins: non «i Lombart residenti in Occitania» (DE BARTHOLOMEIS), ma i conterranei; cfr. LEVY, Pet. Dict., s. v.
 
76. sonetz: cfr. nota a III, 8. I precedenti editori seguono CRa.
 
77. maribotz: marabutti, marrani, cioè Ebrei o Mussulmani di Spagna convertiti al Cristianesimo ma di dubbia fede.
Si allude alla mancanza di dominio del provenzale da parte di questo poeta straniero.
 
78.Cossezen: secondo il RAJNA (Rom., 49, 77) è un dialettalismo emiliano (Cosicino); ma cfr. CRESCINI, Atti R. Istituto Veneto, 83, 786. Cossezen < consedente = Piacente, Bellino e meglio, secondo il suggerimento di F. A. UGOLINI (La poesia provenzale e l’Italia², Modena, 1949, p. XI ss.), Convenevole. Il soprannome, dedotto da qualità fisiche e morali, è comune nei giullari (per es. AlegretFadet ecc.) e tale doveva essere Cossezen, il quale, per la data di questo componimento, è il più antico trovatore di nascita italiana di cui si abbia notizia. Oltre leopere citate, cfr. anche A. VISCARDI, La poesia trobadorica e l’Italia, in Problemi e orientamenti del MOMIGLIANO, IV, Letterature comparate, p. 24.
 
80. Cfr. v. 6. CRESCINI, PICCOLO e RIQUER adottano la lez. di CRa; gli altri quella di bx.
 
81. Il proprio vanto è assiduo nella poesia di Peire: cfr. XI, 4; XV, 66; XVI, 6-7.
ZENKER, CHAYTOR, LOMMATZSCH, CAVALIERE seguono a.
 
83. Cfr. III, 5 ss.; VIII, 3 ss.
 
85. enflabotz: ZENKER, AUDIAU, PICCOLO = al suono delle pive; ma cfr. CRESCINI, Atti R. Istituto Veneto, 86, 1254.
 
86. Puoich - vert: Puivert, nell’Aude.
tot: solo; cfr. ELIAS DE BARJOLS, ed. Stroński, gloss. s. v.
jogan rizen: su simili gerundi concomitanti, cfr. SCHULTZ-GORA, Zts., 6, 515.

 

 

 

 

 

 

 

 

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