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De Bartholomaeis, Vincenzo. Poesie provenzali storiche relative all'Italia. Volume primo con ventiquattro silografie. Roma: Tipografia del Senato, 1931

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236,003 - Guilhem de la Tor

3–4. Il CAVEDONI (Ricerche cit., p. 32) scorgeva in «Corrat» e in «Faciol» Corrado e Bonifacio (=[Boni]faciolo) di Monferrato, ovvero due de’ Malaspina. Il RESTORI (Per un sirventese &c., p. 316) si domanda quali. «De’ Monferrato», egli scrive, «non certamente i due figli famosi di Guglielmo il Vecchio, Corrado assassinato a Tiro nel 1192 e Bonifacio ucciso a Rodope nel 1207. Non rimane che un Corrado, del ramo de’ marchesi del Bosco; ma era bambino ancora nel 1224, e questo sirventese è, quasi certamente, anteriore al’33. In questo “Corat vis-de-Judeu” sarà dunque da vedere Corrado Malaspina l’“antico” ... uno de’ piú potenti capi ghibellini. Rimane il Bonifacio e questi non è certamente un Malaspina. Potrebbe essere Bonifacio II di Monferrato (m. 1235), il quale, tranne un breve periodo dal 1242 al ’45, fu costantemente alla testa de’ Ghibellini, e fu signore potente e cortese d’ospitalità ai trovatori, tanto che il nostro Guglielmo, seppure allude a lui, sarebbe in questa sua sfortuna, una strana eccezione». E continua: «Io inclinerei a riconoscere in “Faciol” un Estense, e precisamente il prozio di Azzo VII, Bonifacio. Era questi l’ultimo de’ fratelli di Azzo V e piú giovane d’età di suo nipote Azzo VI, sicché ne dovette tollerare la tutela». Dopo aver ricordato che, in seguito a dissensi con Azzo VI, si gittò risolutamente nel partito ghibellino, che fu ospite e amico degli Ezelini, che combatté il nipote in ogni occasione e fu tra quelli che lo cacciarono da Vicenza nel 1207, aggiunge che il «Faciol», che è «tra il diminutivo e lo spregiativo» gli pare «piú piccante riferito a tale che, per strana combinazione, era stato molta parte di sua vita pupillo del proprio nipote». Dal mio canto, credo impossibile assolutamente l’identificazione del «Corat vis-de-Judeu» con Corrado Malaspina. Di costui non poteva certo dirsi che fosse un avaro, dacché parecchi trovadori furono suoi ospiti in Oramala (cf. nn. LXXV, LXXVI, LXXVII), e lo stesso G. de la T. fu tra costoro, e alla sua corte compose la Treva (vedi n. LIV). Dippiù, trattandosi di un signore, difficilmente il trovadore lo avrebbe ricordato senza la particella onorevole «En». Quanto a «Faciol», si potrebbe anche per lui ripetere quest’ultimo argomento. In ogni modo, l’ipotesi del nostro rimpianto collega va tenuta in gran conto, prima che nuovi documenti vengano a confermarla o a smentirla. Perché si ricordino i due santi Martino e Andrea non saprei dire.

 

 

 

 

 

 

 

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