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Chiarini, Giorgio. Jaufre Rudel. L'amore di lontano. Roma: Carocci, 2003.

262,001- Jaufre Rudel de Blaja

1. l’estius e·l temps floritz. Il sintagma temps floritz è semanticamente equipollente ad estius (la stagione calda come tempo della fioritura), siamo dunque nell’ambito retorico della interpretatio («eandem rem dicere, sed commutate»).
 
3 ss. Spitzer chiosa facendo osservare che «l’harmonie émanant du printemps est jugée moindre que celle de l’hiver du fait que la vraie joie morale doit être supérieure à la joie de la nature». Viene così posto in evidenza il carattere ideale di questo amore: «Pourquoi tant de troubadours se déclarent-ils, dans la strophe d’introduction, indifférents à l’égard des rigueurs de l’hiver, ou même à l’égard de toutes les saisons, si ce n’est pour mieux démontrer le caractère idéal de leurs sentiments?» (A. R. Press, La strophe printanière chez les troubadours et chez les poètes latins du moyen âge, in «Revue de langue et littérarure occitane», 1962-63, pp. 70-8, a p. 77).
 
4. joi m’i es cobitz. Cfr. Bertran de Born, S’abrils e fuolhas e flors, v. 89: «N’Atempre, jois m’es cobitz».
 
6. razos e avinen. Dittologia, obliterata nella lezione di C; l’opportunità di accogliere la variante di e è stata fatta presente da M. Perugi (Le canzoni di Arnaut Daniel, I, 62).
 
7. coindes e guais. Citazione di Guglielmo IX («Mout ai estat coindes e gais», Pus de chantar m’es pres talens, v. 29), come nota Beltrami.
 
10. Hafatto opportunamente notare Beltrami che alhor «è il contrario di lai», a norma del v. 28 nonché del v. 33 di Pro ai del chan; del pari opportuna e pertinente è altresì la notazione che il verso successivo sia «un rafforzativo» di quello presente. Tutto ciò sembra a mio avviso convalidare l’ipotesi che il tema di Belhs m’es l’estius sia proprio l’abbandono di un «tipo d’amore» (quello degli autrui conquistz) per un altro (la fin’amor), contrariamente a quel che Beltrami stesso (p. 79) opina.
 
11. conquist. In accezione giuridica è propriamente «profit, gain» (C. Brunel, Les plus anciennes chartes en langue provençale, gloss., s. v.).
 
13. La vera saggezza consiste nella «maîtrise des émotions [...]. Le troubadour se maintient avec une virtuosité morale dans un équilibre parfait — désirant, ne consommant pas — à coté du precipice dans lequel il peut toujours tomber» (Spitzer); i successi degli altri (autrui conquistz) riguardano invece la “consumazione” dell’amore carnale. La variante sol (contro selh del canzoniere C, forse per erroneo anticipo di quello del verso seguente) — rifiutata dagli editori perché offerta dal testimone tardo e (ma «recentiores non deteriores»!) — pone in opportuna evidenza il requisito essenziale di questa saggezza amorosa.
 
17-18. Secondo A. Del Monte (Civiltà e poesia romanze, Bari 1958, p. 66), Rudel vuol dire in sostanza che «non riusciva mai a consegnarsi con tanto oblio al somnium da godere l’amor contemplativus anziché destarsi smarrito, non riusciva ad essere somno gravatus (tant fort endurmitz) in modo da ab appetitu visibilium mentis oculos claudere» (le parole in corsivo sono tratte da un passo di Sant’Anselmo).
 
22. m’o. Lezione più plausibile per le ragioni addotte da Beltrami.
 
23. Beltrami cita i bos cosselhadors di Pro ai del chan, v. 19, e rileva «la ricorrenza del motivo dei consiglieri nell’opera di Rudel».
 
24. amon joi. È il joi specifico della fin’amors: «Joi, ce mot si essentiel dans la poésie troubadorique, est d’abord la vraie joie dans sa plénitude, immaculée, la joie (gaudium, delectatio des Pères de l’Église) du chrétien qui a choisi raisonnablement la vraie Salut [...]. Joi est ensuite la joie d’amour, toute morale elle aussi, bien que transposée sur le plan humain, puisqu’émanant de la dame [...]. Mais cette joie ne s’atteint qu’en dominant la cupidité, en maintenant l’amour à l’état gratuit» (Spitzer).
 
28. apais. Da apaissar “pascere, nutrire”; si tratta ovviamente del nutrimento spirituale che alimenta l’amor de lonh: cfr. Quan lo rius de la fontana, vv. 20-21.
 
29. encharzitz. Emendamento di Jeanroy, in luogo del quale Beltrami ha proposto esclarzitz “schiarito”.
 
31-32. Rovesciando l’interpretazione di Jeanroy, che intese amor del v. 31 come «amour coupable», lo Spitzer osserva: «le poète veut dire qu’il ne s’est jamais tant éloigné de son vrai amour (idéal) qu’il n’eût maintenant plus de possibilité de retour». La causa dell’allontanamento dall’amore ideale furono verosimilmente i lauzenjador (v. 30), come suggerisce M. Allegretto (p. 70), cioè «les “calomniateurs de l’Amour”, les ennemis des amis honnêtes [...], qui, images du diable conseillent le mal à cette âme qui se débat entre le Bien et le Mal» (Spitzer).
 
34. az escien. Rima identica con 12.
 
35. Cfr. Cercamon, Puois nostre temps comens’a brunezir, v. 57: «Q’anc bon’Amors non galiet ni trais», dove il riscontro rudeliano conferma la validità dell’emendamento di frais in trais (Jeanroy).
 
36-42. Tra le ipotesi esegetiche proposte (cfr. la nota di Beltrami) per questo oscuro passo, la meno insoddisfacente mi sembra quella spitzeriana: la strofa alluderebbe a «une anecdote personnelle, renouvelant un lieu commun bien connu: tant de troubadours se déclarent plus satisfaits de coucher avec leurs dames habillés que, nus, avec d’autres femmes — preuve de leur appréciation de la gratuite de l’amour (affirmée precisement dans toute cette chanson, cf. particulièrement vv. 13-14) — Jaufré Rudel raconte l’histoire d’un assaut par des cambrioleurs [...] dont il avait récemment été victime: comme les assaillants lui ont enlevé ses vêtements en se moquant de son impuissance, le troubadour semble en déduire qu’il aurait été plus sage dans cette occurrence de se coucher habillé, au lieu de vouloir avoir tous ses aises — ainsi est-il plus sage de ne pas demander tous ses aises en amour, de ne convoiter que ce “mariage blanc” que nous connaissons par le roman de Tristan». Ammissibile dal punto di vista grammaticale, l’opinione di Beltrami che fora del v. 36 valga “sarebbe” mi sembra esserlo contestualmente assai meno: è chiaro infatti che il comportamento “imprudente” a cui si allude (despolhatz), lo si intenda in senso generico col Pellegrini o specifico con lo Spitzer, fa parte dell’esperienza passata, dalla quale il poeta si è successivamente riscattato.
 
42. pantais. Quale sia l’esatto significato di pantasiar non si sa bene: «Ist etwa ‘Pein empfinden’ zu verstehen?» (SW, s.v.); ma si tratterà piuttosto d’incubo o turbamento notturno (l’etimo è PHANTASIARE «Erscheinungen haben» REW 6459): cfr, «La nueg, entre sons, pantaya / mos cors» in Guilhem Ademar, Lanquan vey (cit. in LR).
 
43-46. Il fraire e la seror hanno dato un gran filo da torcere agli interpreti: comprensibilmente, trattandosi del luogo più enigmatico del canzoniere rudeliano. Le congetture formulate al loro riguardo sono tutte, in varia misura, poco persuasive. Fra gli estremi opposti costituiti da quella realistica del Lazar (la donna concupita dal trovatore sarebbe eccezionalmente «une jeune fille», ciò che «expliquerait alors aisément l’introduction ici du personnage du frère. Le frère peut vouloir s’opposer à la sympathie que la soeur porte au poète, celui-ci ne lui plaisant pas») e quella astratta del Casella (fratello e sorella sarebbero, rispettivamente, «puro appetito e puro amore») o simbolica del Majorano (fraire «l’amore nella sua accezione tradizionale», seror «la fin’amors», sicché tot can la fraire mi desditz e che la seror invece concede sarebbe la possibilità di essere restauratz en ma valor, p. 187; viceversa, il fraire sarebbe «die höfische Liebe, die den sexuellen Liebesgenuss negiert» e la seror «die “gewöhnliche”, “alte” Liebe, die ihn gestattet», secondo U. Mölk, Trobar clus – Trobar leu. Studien zur Dichtungstheorie der Trobadors, München, 1968, p. 53), nel giusto mezzo potrebbe sembrare quella linguistica dello Spitzer (si tratterebbe, semplicemente, di un modo di dire: fratello e sorella come «des paraphrases pour “l’un - l’autre”»): essa ha tuttavia il torto di trascurare come irrilevante la contrapposizione del genere grammaticale. La quale potrebbe invece adombrare altre polarità oppositive, ad esempio quella di giorno (dia) e notte (nueit): se, infatti, la tensione permanente dell’amor de lonh occupa interamente la vita del poeta, soltanto la notte reca ad essa nel sogno un illusorio appagamento (cfr. Non sap chantar, vv. 19-20, Pro ai del chan, vv. 35-36, Quan lo rossinhols, vv. 16-18), che finisce col nuovo giorno (cfr. Non sap chantar, vv. 23-24); oppure quella di volers e cobezeza, di cui ai vv. 24-25 della canzone Quan lo rius de la fontana.
 
47. sen. Rima equivoca con 19.
 
54. cominalmen. Rima equivoca con 48.
 
56. Cfr. Marcabruno, VII, vv. 21-22: «Ben es cargatz de fol fais / qui d’Amor es en pantais». Tale significativo riscontro spiega di qual genere sia il fardello deposto dal principe di Blaia: egli non è più «en pantais d’Amor», ed è senza dubbio a questo Rudel, nonché a quello delle strofe finali del componimento seguente, che il moralista Marcabruno volle inviare il suo omaggio poetico.

 

 

 

 

 

 

 

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