Per ANGLADE (Guiraut Riquier, p. 104, n. 3) si tratta di una delle tre (forse quattro) tensos intrecciate da Guiraut Riquier a Narbona prima del 1270.
Il tema amoroso viene proposto, questa volta, a due interlocutori, Miquel de Castilho e Codolet (o Codolen), che devono decidere se al fine amante deve far piacere o meno lo sguardo indifferente che la sua dama gli lancia in pubblico, pur guardandolo amichevolmente in privato, ma senza concedere niente. Miquel, interpellato per primo, afferma che tale comportamento è sbagliato, e lo rifiuta, mentre Codolet è costretto a sostenere la posizione opposta. Guiraut non partecipa direttamente alla disputa, ma si riserva il giocoso ruolo di opporsi alternativamente ai due contendenti per sollecitare lo sviluppo argomentativo; alla fine, però, non manca da parte dello stesso Guiraut il canonico appello ad un giudice estraneo al dibattito.
Miquel de Castilho, cui è richiesto il giudizio nel partimen nº 2, Falco, don[ a] avinen (con stesso schema metrico), era probabilmente membro di una famiglia di cavalieri vassalli del visconte, e quindi doveva far parte di quella ricca cerchia narbonese (in cui rientrano anche personaggi come Peire de Fraisse, Guilhem de Roffian, Bonet Contasti) che Guiraut Riquier nomina a più riprese nel suo canzoniere e nella quale si è voluto vedere un appoggio al poeta più solido di quanto non sia stato, forse, in realtà (cfr. PETIT, Guiraud Riquier, p. 74). ANGLADE ( Guiraut Riquier, p. 98) lo identifica con il Michael de Castilione menzionato in un documento narbonese del 1270 tra una lunga lista di probi homines, tra cui uno dei protettori di Guiraut Riquier, il già citato Bonet Contasti. Più vaga invece la proposta di identificazione alternativa con Miquel de Gaucelm de Béziers, avanzata nella n. 1 di p. 99 (e ripresa da RADAELLI, ed. di Raimon Gaucelm de Béziers, p. 16) quale indizio dei suoi rapporti con i trovatori di Béziers e quindi con il Vicario coinvolto nel dibattito come giudice. L'ipotesi di Anglade su quest'ultimo personaggio è che egli dovesse rappresentare il potere reale o a Béziers, cioè nella città più vicina a Narbona, o nella stessa corte del visconte, ma di lui non si hanno ulteriori notizie.
Di Codolet non conosciamo praticamente niente: il nome che più gli si avvicina nei documenti del tempo è Raymundus de Codoleto, civis Narbone. Secondo ANGLADE (Guiraut Riquier, p. 99), si tratta di un giullare di passaggio a Narbona, forse, come suggerisce CHABANEAU (Cinq tensons, p. 122), originario di Codolet, presso Pont-Saint-Esprit (Gard).
1. A·n: Chabaneau elimina, senza dichiararlo, la particella onorifica (·n), presente nel manoscritto e segnalata anche in BdT. A partire dalla III cobla, e prima o dopo il simbolo di nuova strofa, il copista ha trascritto per esteso il nome del trovatore che interviene, qui spostato in margine senza le usuali parentesi quadre.
2. Già Chabaneau emenda l'ipermetria del verso eliminando il pronome tu, del resto incongruo con l'usuale 'voi' di tutti i dialoghi in versi riquieriani (con l'unica, significativa eccezione della tenzone nº 4, alla quale si rimanda), cui si attiene anche questo torneyamen nel suo intero svolgimento.
È l'unico caso, in tutto il torneyamen, in cui troviamo la forma (scritta per esteso nel manoscritto) Codolen al posto della più usuale Codolet, che, come già detto, è anche un toponimo. Chabaneau, nell'elenco dei personaggi che sono coinvolti nei testi dialogati di Guiraut fornito in fondo al suo saggio, accenna alla questione scrivendo: «Codolen ou Codolet» ( Cinq tensons, p. 122). Si può, forse, ipotizzare un'erronea anticipazione della lettera finale della forma verbale che segue ( deman).
4. Per la forma ayman, cfr. il partimen nº 1, nota al v. 18.
5. Non-chalen rientra in un gruppo di termini che illustrano l'incostanza e la leggerezza (cfr. THIOLIER-MÉJEAN, Les poésies satiriques, pp. 169-170). L'emendamento esgart è già a testo nell'edizione Chabaneau.
7. selat: Chabaneau propone, in nota, s'a selat, forma comune dell'avverbio; in questo caso, però, selat può essere interpretato come aggettivo di esgart, per cui cfr. anche il v. 27.
12. que·n: Chabaneau qu'en. L'integrazione ay[a] (naturalmente in dialefe con il sostantivo enjan che segue), già presente nell'edizione Chabaneau, è necessaria per ripristinare l'isometria del verso.
14. fals semblan: cfr. CAPUSSO, L'Exposition, p. 169, nota ai vv. 237-238 (in cui il fals semblans è di Amore) e relativi rimandi. Anche Chabaneau aveva espunto la -s finale del rimante semblans (rima -an).
17-19. A differenza di Chabaneau, che lega il sostantivo ris al verbo no·m play e, in nota, propone di emendare es gay con esgart, ritengo necessario separare con un segno di interpunzione i vv. 18 e 19, interpretando amors del v. 20 come soggetto di no·m play. Il verbo biaissar, nella sua forma transitiva, è tradotto sia da MISTRAL (Lou Tresor, p. 283) che da ALIBERT (Dictionnaire, p. 157) con il francese moderno «détourner». Per il sintagma ris fat, cfr. Peire d'Alvernhe, Cui bon vers agrada auzir, BdT 323.13, v. 11, «ab lur nesci feble fat ris», 'con il loro sorriso rozzo fiacco ed ebete' (p. 71 dell'ed. FRATTA).
21. bel e bo: l'espressione è utilizzata altre due volte da Guiraut, nell'epistola I, Qui a sen et entendemen, v. 38 («que·l sieu ver an nom bel e bon»), e nell'epistola IV, Qui conois et entens, v. 73 («son saber bel e bo»).
22. dir en chantan: cfr. nota al v. 2 del partimen nº 1.
23. Cor, lett. 'volontà' (LR, I/II, pp. 473-474), assume in questo contesto un valore simile a cuer del francese antico, 'parere, opinione, pensiero' (cfr. TOBLER-LOMMATZSCH, II, pp. 1112-1121).
24. metetz [ denan]: integrazione già in Chabaneau, necessaria per correggere l'ipometria bisillabica di questo verso. Meter denan, riferito ad un partimen ed in rima con chantan, lo si ritrova anche al v. 3 del partimen nº 1.
25. mi dons, qu'es d'avinen: cfr. il partimen nº 2, v. 1: «Falco, don[a] avinen».
29. s'esdesleya: lett. 'se ne esca fuori dalla legge'. Il verbo esdesleiar, 'violare il diritto' (SW, III, p. 207), derivante dal sostantivo deslei < LEGE (REW, 5008, p. 406), è un termine che, generalmente, non fuoriesce dall'ambito giuridico.
31. p<ro>: la lezione del manoscritto è p(er) bo, ma il verso risulta ipermetro; già Chabaneau emenda (pur senza dichiararlo) con pro.
33. Chabaneau: e no sabetz co?
35-36. Il primo verso è ipermetro di una sillaba, il secondo ipometro di due («En Codolet falh yssamen / non tan laiamen»). La lezione emendata di Chabaneau è: «En Codolet yssamen / [falh, mas] non tan laiamen», con spostamento del verbo e aggiunta di una congiunzione (la stessa che si ritrova al v. 39). In maniera alternativa, il primo errore si può correggere con l'eliminazione della particella onorifica En, mai utilizzata in tutto il torneyamen in riferimento a Codolet (e solo nel v. 1 per Miquel de Castilho); l'ipometria del v. 36 è risolvibile con l’introduzione di una congiunzione con valore avversativo - necessaria al senso del periodo - bisillabica (cfr. pero proposta nella presente edizione).
40. Que deya è subordinata di no·m despleya res.
42. Per l'espressione comune segon mon semblan, cfr. pastorella VI, A Saint Pos de Tomeiras, v. 62; Supplicatio, v. 11.
43. vos metetz mi tenso: cfr. Raimon Vidal, Abril issia, vv. 812-814: «Mas vos non poiriatz sofrir, / a mon semblan, tan lonc sermo, / e trop parlar met en tenso / so que mezura fay grazir» («But, it seems to me, you could not stand such a long speech, and talking too much makes disagreeable that which restraint makes enjoyable», ed. FIELD, p. 33 e p. 73).
45. Già Chabaneau emenda que con qui, relativo con valore ipotetico. Per altre occorrenze del costrutto nell'opera di Guiraut Riquier, cfr. epistola V, A sel que deu voler, v. 52 (dove si verifica lo stesso errore di abbreviazione q- per qi, per cui cfr. LINSKILL, Les Épîtres, p. 66, nota al v. 52); Declaratio, v. 129; Exposition, v. 235. Per la forma allungata parli, cfr. partimen nº 1, nota al v. 3.
46. c'aysi: Chabaneau c'aysi[s].
47. Amat, participio passato maschile, in questo contesto con valore di sostantivo ('essere amato').
50. Accolgo l'emendamento di Chabaneau recreya per la lezione retreya del manoscritto; il copista è stato forse tratto in inganno da autreya del v. 59, quasi nella stessa posizione strofica nella cobla seguente.
53. Il 'vantaggio' rivendicato da Codolet è, nell'ambito del genere dialogato, l'alternativa scelta o, come in questo caso, residua tra quelle proposte, di cui il trovatore assume la difesa al di là del suo reale pensiero.
55. Chabaneau, nella sua edizione, già interpreta come forma enclitica di si es la lezione sis del manoscritto, che pur egli legge fis (Cinq tensons, p. 119, I, nota al v. 55: ««Sis.» = si es? Le ms., d'après ma copie, porterait Fis»).
58. «Le sens spécial que les troubadours attribuent à privat employé comme substantif, n'apparaît pas dans les dictionnaires. Toutefois, privat, dans les poésies de Bernart de Ventadour, semble avoir le sens d' 'ami intime' [...]. En précisant que le privat aspire au plaisir sensuel, Guiraut de Bornelh, à son tour, fait de privat un terme voisin de drut» (CROPP, Le vocabulaire courtois, pp. 76-77).
59. Il polittoto, pur a distanza, di fis con fin del v. 55, stabilisce un sottile parallelismo tra aman e cor, per cui cfr. anche altri esempi alla nota ai vv. 33-34 della tenzone nº 14.
59-60. È la dama il soggetto di l’autreya / lo joy, per cui cfr. CROPP, Le vocabulaire courtois, pp. 392 e 404. L'espressione fin cor l’autreya ritorna - ma con cor soggetto - nella II tornada, al v. 71.
63. A proposito di el falhat, Chabaneau suggerisce in nota di emendare el con «A ou As ou encore E, en prenant falhat pour égal à falhatz? Dans ces deux derniers cas, Codolet, qu'il faudrait mettre entre deux virgules, serait un vocatif». Per rispettare la lettera del manoscritto, ed in considerazione del fatto che la stessa forma sostantivata è utilizzata anche al v. 75, interpreto e·l come enclisi di et lo, mentre falhat, participio passato di falhar, attributo di Codolet, intendendo: 'ed il Codolet in errore [pensa di coprire] la verità'.
70. Dictat, participio passato sostantivato di dictar, 'dire, prescrivere' (cfr. PD,p. 128).
71. Per il significato assunto in questo contesto da mon cor, cfr. nota al v. 23.
72. Già Chabaneau, che pone a testo co, si chiede in nota: «Ou c’o?»
74. ensenhamen: Chabaneau propone, in nota, di emendare ensenhamen con jutjamen, termine in effetti più consono alle tornadas di questo tipo di liriche ed al rapporto tra giudicato e giudice. Per il valore di ensenhamen, cfr. CROPP, Le vocabulaire courtois, pp. 161 e 163, e soprattutto MONSON, Les 'ensenhamens', passim.
76. escac mat: cfr. Bernart d'Auriac, S'ieu agues tant de saber e de sen (BdT 57.4), vv. 23 e 27, ed. AZAÏS, p. 48: «E qu'ieu el disses un escac sotilmen / […] / Q'ieu remazes del joc vencutz e matz». |