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Boni, Marco. Sordello, Le poesie. Nuova edizione critica con studio introduttivo, traduzioni, note e glossario. Bologna: Palmaverde, 1954.

437,005- Sordel

1. dei: il De Lollis accolse qui deu, ricostruendolo sul dou che qui hanno I K e sul deu che I K hanno al v. 7. Ma Dc in questo verso — l’unico che conservi della prima cobla — ha chiaramente dei: e mi sono deciso, dopo alquante incertezze, seguendo il MUSSAFIA, Zur Kritik und Interpretation rom. Texte, in Sitzungsberichte d. Kais. Akad. d. Wiss. di Vienna, Phil.-hist. Klasse, CXXXIV, 1895, p. 9 e un’osservazione del BERTONI, I trov.d’It., Modena, 1915, p. 164 n. 1, ad accogliere questa forma. Sarebbe però possibile mantenere deu, considerandolo un guasconismo (cfr. p. CLXXIX).
 
4. s’en. Nel De Lollis sen; la correzione è del MUSSAFIA, ibid., che intende: «denn wenn ich in Frühlingszeit singe, weil die Rose meiner Dame gleicht...» - cor mi pren. Per l’uso di prendre col dativo personale quando il soggetto sia una sofferenza fisica o un sentimento cfr. F. DIEZ, Gramm. der romanischen Sprachen, Bonn, 1882, p. 857. Cfr. L. R., IV, 626. Ricorre altre volte: cfr. il glossario.
 
5-6. La similitudine tra la donna e la rosa o la neve ricorre anche nella canzone Atressi co·l perilhans di Peire Vidal, v. 56 e segg.: Bona domna, neus de port / sembla la vostra blancors, / e par de roza·l colors (ed. J. ANGLADE,Paris, 1923, p. 5). Il paragone con la neve si ha anche in Folquet de Marseilla, canz. Mout i fetz, v. 37 e segg.: Qui ve com la neus e·il calors, / so es la blanquez’e·il colors, / s’acordon en lieis (ed. S. STROŃSKI, Cracovia, 1910, p. 42).
 
8. Giudico opportuno mantenere la lezione di I K, spiegando col MUSSAFIA, ibid., «Rose und Schnee mich [an sie] erinnern». L’oggetto di menbrar è sottinteso. Il De Lollis modifica la lezione dei mss e legge Tant fort mi fai la rosa el neu menbrar.
 
9. Sobre totz am: il LEVY, rec. del vol. del DE LOLLIS, in Zeitschr. f. rom. Phil., XXII,1898, p. 256, osserva che non è da interpretare «mehr als alle liebe ich», ma «höher als alle».
 
11. Il De Lollis emendò il fura dei mss. in fara e stampò me fara semon; il che è tutt’altro che chiaro. Accolgo l’emendamento proposto dal MUSSAFIA, ibid., paleograficamente assai facile, che dà un senso abbastanza soddisfacente, e trova una rispondenza, per il concetto espresso nella frase, coi v. 879-81 dell’Ensenhamen d’onor. Tale emendamento è stato accettato anche dal LEVY.
 
12. on pren. Il MUSSAFIA (ibid.) osserva che si potrebbe anche emendare in qu’empren, ma aggiunse che il pris del v. 13 può giustificare il mantenimento di pren. Il LEVY invece (ibid.) vorrebbe non solo leggere qui qu’empren, ma anche enpris al v. 13. Io credo però più prudente mantenere la lezione dei mss., che può dare un senso abbastanza soddisfacente. E·n vale eu·n; ne si riferisce, naturalmente, a domna.
 
13. con que n’an: lezione proposta dal LEVY (ibid.), che cita a riscontro il v. 1277 dell’Ensenhamen d’onor (com que an), e intende «wie es auch damit gehe». Il MUSSAFIA (ibid.) propose invece, richiamando anche altri passi sordelliani (IV, 16; VII, 25; X, 23; XVI, 16, 42; XLIII, 870) c’on que n’an, «dass, wohin immer ich gehe», oppure com que·m n’an, «wie immer es mir ergehe », propendendo per la seconda espressione, la quale effettivamente è preferibile per il senso, ma implica un ritocco del testo concordemente tramandato dai mss. Preferisco quindi la proposta del Levy, che porta ad un significato pressoché identico senza mutare la lezione dei codici. Il De Lollis ha c’onqu’enan, del tutto insoddisfacente.
 
14. È uno dei versi più difficili di questa tormentatissima cobla. Il De Lollis intese domnas come vocativo, ponendolo fra due virgole, e a questa interpretazione si adattò anche il Mussafia, considerando ne riferito ad amor e interpretando «dass mir alle Liebenden nachstehen». Il Mussafia però avvertì che il vocativo fa qualche difficoltà, e si domandò se non si dovesse intendere domnas come accusativo dipendente da an. A tale interpretazione aderì decisamente il Levy, spiegando: «alle andern Liebenden haben Herrinnen unter mir, tiefel als ich»; e anch’io la ritengo preferibile.
 
17. quan: credo che valga «quando». Il Mussafia mette innanzi anche la possibilità che possa interpretarsi «quanto» («in dem Maasse, als ich ihre Vorzüge überlege, liebe ich sie, denn sie übertrifft an Werth die Anmutigsten [so sehr], dass ich alle anderen geringschätze...»); ma tale interpretazione non è stata accolta dal Levy.
 
20. nien: felicissimo emendamento proposto dal Mussafia, accolto anche dal BERTONI (ibid., p. 299) e a torto combattuto dal GUARNERIO (rec. del vol. del DE LOLLIS, in Giorn. stor. d. lett. it., XXVIII,1896, p. 400). Ho mantenuto l’en di I K, ma sarebbe del pari accettabile l’a di Dc, essendo in uso ambedue le costruzioni (cfr. S. W., V, p. 394, 8): anzi il Mussafia preferiva a. Il De Lollis conservava men - endreg: preferisco, col Mussafia, questa grafia; il De Lollis ha en dreg.
 
21. quar vale que, come accade frequentemente (cfr. MUSSAFIA, ibid.); la frase introdotta da quar è quindi secondo il Mussafia coordinata a quella del v. 21 introdotta da que. Il Levy propone invece (ibid.), dubitativamente, di intendere questa frase come coordinata alla frase introdotta da quar del v. 19 e traduce: «Wenn ich überlege, wer sie ist, dann liebe ich sie so sehr, dass ich alle anderen für nichts achte, weil sie die Anmutigsten übertrifft und ich keine so treffliche in der Welt kenne, von der...».
 
21-22. Questa affermazione di indifferenza per ogni concessione che venga da una donna che non sia l’amata è assai comune presso i trovatori: si cfr. la ricca serie di esempi raccolta dal De Lollis (Vita e poesie di Sord., Halle, 1896, p. 280). - jazen baisan: la solita coppia di gerundi concomitanti (cfr. II, 28).
 
25 e segg. La stessa idea si ritrova in Pons de Capdoill, canzone Si com sellui, v. 36 e segg.: Ja no m’agr’obs fos faitz lo miradors / on vos miratz vostre cors bel e gen, / franc e joios, amoros e plasen / c’orgoill m’en fatz... (ed. M. VON NAPOLSKI, Halle, 1879, p. 67).
 
29. Accetto la correzione proposta dubitativamente dall’APPEL (rec. del vol. del DE LOLLIS, in Literaturblatt f. germ. u. rom. Phil., XIX, 1898, col. 229) e dal LEVY (ibid.), la quale mi sembra del tutto soddisfacente, solo che si intenda baissan non nel senso comune di «abbassare», «far diminuire» (cfr. ad es. Richart de Berbezill, canzone Atressi com l’olifanz, v. 29: mas Deus baisset l’orgolh e lo sobranz [ed. J. ANGLADE, in Revue des langues rom., LX, 1928-29, p. 259]; e cfr. L. R., II, p. 191) ma nel senso di «far scendere», «far penetrare dall’alto in basso»: gli occhi, cioè, ammirando nello specchio la bellezza della donna, fanno penetrare nel cuore l’orgoglio che suscita la noncuranza dell’amore del poeta. Così il senso della frase si accorda perfettamente col senso generale della strofe.
 
36 e 38. dret: accolgo l’emendamento proposto dallo SCHULTZ-GORA, rec. del vol. del DE LOLLIS, in Zeitschr. f. rom. Phil., XXI, 1897, p. 255.
 
41-44. Cfr. Cadenet, canzone Ab leyal cor, v. 26-28: si quo·l solelhs sobr’autr’alumnamen / nos ren clardat, ben puesc dir eyssamen / qu’ilh es clardatz e ren alumenatge (ed. C. APPEL, Halle, 1920, p. 88); e Richart de Berbezill, canzone Tot autressi, v. 1 e segg.: Tot autressi com la clartatz del dia / apodera totas altras clartatz, / apodera, domna, vostra beutatz / e la valors e·l prez e·il cortesia, / al meu semblant, totas celas del mon (ed. ANGLADE, p. 280).
 
44. ses. La correzione è già nell’ed. De Lollis, ed è stata accolta anche dal Levy e dall’Appel (ibid.); ed è, credo, sicura. Resta però un po’ incerto il significato del passo. Secondo il Levy (ibid.; e cfr. SCHULTZ-GORA, ibid., XXI, p. 240 e XXII, p. 303 e seg.) la domn’ è certo un’altra dama, che sarebbe la donna amata dal poeta, diversa dalla comtessa, così che il lei del v. 46 non andrebbe riferito alla comtessa, ma a quest’altra dama. Secondo l’Appel invece (ibid.) la donna amata dal poeta sarebbe la contessa di Rodez, e la contrapposizione sarebbe soltanto apparente: la contessa estingue lo splendore di tutte le altre dame senza cancellare quello della donna amata dal poeta, perché l’amata è lei stessa. Confesso che l’ipotesi dell’Appel mi sembra più sottile che convincente; tanto più che anche nella tornada della canz. XII l’ultimo verso sembra contrapporre alla dama nominata nella tornada la donna amata dal poeta. Cfr. l’Introduz., p. LXIII ove si troveranno altri rimandi bibliografici sulla questione.

 

 

 

 

 

 

 

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